Eugen Dick, Portrait 75, 2022. Acrilico su tela, 120 x 120 cm.
Bazévian Delacapucinière, Portrait PS118 Into the night, 2021. Olio / acrilico /spray / inchiostro su tela, 100 x 81 cm.
Autoritratti Pop: Warhol, Hamilton e Yayoi Kusama
Al fine di narrare come la Pop art abbia interpretato il ritratto, genere di origini remote, risalenti addirittura all’antico Egitto, è possibile fare riferimento all’operato di tre maestri iconici del movimento, ovvero Andy Warhol, Richard Hamilton e Yayoi Kusama. In particolare, essi si sono cimentati anche nella descrizione della loro stessa persona, sperimentando l’autoritratto, fenomeno figurativo, che, nonostante si sia affermato a partire dal periodo medievale, ha ottenuto la dignità artistica soltanto nel Rinascimento. Volendo proporre un confronto tra esemplari di quest’ultima tipologia d’indagine artistica, ad opera dei sovra menzionati, appare indispensabile citare, in primo luogo, il maestro Pop per eccellenza, cioè Andy Warhol, che, in più di un’occasione si è cimentato nell’esecuzione di autoritratti. L’americano si dedicò a quest’ultimo fenomeno artistico a partire dal 1964, quando, con l’opera Self Portrait, trasformò il genere in una coloratissima raffigurazione, che, ricca di profondi contrasti, perseguì l’intento di catturare, sia la bellezza, che la fama dell’artista, qualità notoriamente attribuibili alle più note celebrità da egli stimate. Allo stesso tempo però, Warhol vedeva nell’autoritratto, e nel ritratto in generale, un mezzo colorato, spesso trattato con effetti di dissolvenza, volto ad alludere a significati anche più seriosi, quali la morte, poichè nemmeno i miti potevano essere risparmiati dall’incombenza di quest’ultima. Descrivendo il capolavoro del 1964, l’opera ripropone la ripetizione dell’immagini tratte da una serie di foto, che l’artista si scattò nella cabina di un centro commerciale l’anno prima, all’interno della quale venne catturato con occhiali da sole, impermeabile e un inequivocabile atteggiamento da divo, volto a prendere forma all’interno di uno sfondo azzurro. La stessa serialità figurativa di Warhol si ritrova in Four Self-Portraits 05.3.81 di Hamilton, opera del 1990, che ripropone uno scatto degli anni Ottanta, in cui l’artista si è auto immortalato utilizzando la sua polaroid. Tale immagine, nel capolavoro in questione, è stata impreziosita dall’applicazione di colori acrilici, divenendo una stampa ingrandita, volta a rappresentare la stratificazione del processo creativo del maestro, nonché il suo approccio ai differenti media artistici. Un processo analogo riguarda anche un altro autoritratto di Hamilton, ovvero Self-portrait with Yellow (1998), che, sintetizzato in un'unica immagine, riproduce la suddetta unione di arte pittorica e fotografica. Infine, l’ultimo artista “termine di paragone” è la popolarissima Yayoi Kusama e, in particolare, il suo Self-portrait del 2010, che, venduto da Christie’s nel 2019, si contraddistingue per la vivacità delle sue tonalità arancioni, efficacemente concentrate nella folta chioma dell’effigiata. In realtà però, se si osserva con più attenzione tale soggetto, si può ben distinguere una base di pittura verde, che, stesa precedentemente alle cromie fluorescenti, conferisce volume ai ricci. “La regina dei pois” non poteva però trascurare il simbolo del suo operato per eccellenza, cosicché ella ha ricoperto la superficie della sua pelle con pallini beige, gialli ed arancioni, dettagli che si trasformano in un’esplicita dichiarazione d’identità artistica. Altri dettagli si dispongono riccamente sulle superfici e sullo sfondo, generando un piano pittorico estremamente vivace, cromaticamente ricco, nonché altamente distintivo e insolito. In aggiunta, l’artista ha fatto anche molta attenzione a generare richiami cromatici, che si realizzano nelle tonalità arancioni dei capelli, delle labbra e della pelle, e, allo stesso tempo, in quelle viola degli occhi, delle sopracciglia e dell’abito. Infine, è importante rendere noto come, all’interno dell’indagine artistica della giapponese, gli autoritratti segnino un punto di svolta, capace di mostrare la connessione tra l’identità dell’artista, la sua condizione e il suo punto di vista creativo.
Lana Frey, Hope, 2021. Olio su tela, 130 x 110 cm.
Iryna Kastsova, Katy Perry, 2021. Acrilico su tela, 100 x 100 cm.
Ritratti Pop: la storia continua con gli artisti di Artmajeur…
Oltre ai sovra menzionati autoritratti, anche i ritratti del suddetto genere risultano essere molto popolari nella storia dell’arte, nonché nel mondo contemporaneo, in cui, ormai abituati al linguaggio della pubblicità, siamo a dir poco assuefatti a immagini ad alto impatto cromatico, arricchite da messaggi ed allusioni simili a quelli del mondo televisivo, cinematografico, di internet e dei social media. Infatti, ripercorrendo brevemente la storia della Pop art, essa nacque proprio alla fine degli anni Quaranta del Novecento, periodo in cui la mentalità consumistica si diffuse, in qualità di risposta “positivista” ai drammi della seconda guerra mondiale, che furono “riconvertiti” in una compulsiva, superficiale e apparentemente gioiosa voglia di vivere, realizzabile proprio attraverso la produzione, il consumo e la comunicazione. Il contesto moderno, con i sui numerosi drammi, rientra perfettamente nella suddetta mentalità, che è stata addirittura arricchita, e resa molto più complessa, dalle nuove strategie di produzione, di diffusione e di consumo dei beni. In questo contesto estremamente attuale trovano collocazione i ritratti Pop degli artisti di Artmajeur, quali, ad esempio, quelli di Olivia Caballero González, di Laurence Uzan e di Alexander S Peuchot.
Olivia Caballero González, Bi-sensual, 2022. Olio su tela, 100 x 81 cm.
Olivia Caballero González: Bi-sensual
L’inquadratura frontale di un soggetto intrigante, ipnotico e, allo stesso tempo, velatamente ironico, ci riporta al linguaggio delle pubblicità, di cui la protagonista dell’opera pare essere un eccentrico testimonial. Nonostante ciò, ci sbagliamo di grosso se pensiamo che la “frivola” Pop art non abbia mai preso una posizione più “seria”, in quanto, in alcune particolari occasioni, questo è accaduto. Infatti, la donna “maschile” di Caballero potrebbe anche essere portatrice di un più complesso messaggio femminista, rivelando tutta la sua affinità con un capolavoro iconico, e, allo stesso tempo provocatorio, quale Ice cream (1964) di Evelyne Axell. Proprio quest’ultimo dipinto dette voce agli ideali dell’artista belga, che, all’epoca, si era espressamente schierata a favore di una progressista liberalizzazione della sessualità femminilità, attraverso lo strumento dell’arte. Tale messaggio si concretizzò sulla tela attraverso la raffigurazione di un volto femminile monocromatico, colto nel momento in cui è intento a leccare con sensualità un colorato cono gelato, posizionato su di uno sfondo altrettanto cromaticamente ricco e vivace. L’immagine appena descritta, avente chiare connotazioni sessuali, persegue l’intento di opporsi all’idea, che le donne debbano essere svergognate per la loro sessualità, cosicché, in un modo analogo, l’opera dell’artista di Artmajeur potrebbe ricordarci, che non esiste un sesso debole.
Laurence Uzan, Lips, 1997. Acrilico su tela, 30 x 30 cm.
Laurence Uzan: Lips
Il racconto della storia dell’arte è talmente ricco, che è altamente probabile incontrare nel presente le “rimembranze” di quello che fu. Quanto detto deve essere però interpretato in modo positivo, in quanto le opere contemporanee rappresentano una sorta di stratificazione culturale, dove, tra le ricorrenze, si possono riscontrare anche esplicite evoluzioni del genere umano. In questo contesto, appare evidente, e un po' scontato, come le caratteristiche dell’arte Pop, altamente affini, sia al consumismo novecentesco, che a quello moderno, si ripropongono nell’indagine figurativa dei nostri tempi, ben esemplificata dal dipinto Lips di Uzan. Proprio quest’ultima opera presenta un forte legame iconografico con la tradizione del sovra menzionato movimento, in quanto essa è particolarmente affine, anche se in modo del tutto unico e originale, ad uno dei soggetti più iconici dell’indagine artistica di Tom Wesselmann, pittore, scultore e artista statunitense. Nel dettaglio, tale “somiglianza” riguarda il sovra menzionato dipinto dell’artista di Artmajeur e la serie di labbra realizzate dal maestro americano, protagoniste di un particolare contesto di sperimentazione creativa. Infatti, all’inizio degli anni Sessanta, Wesselmann realizzò alcuni dipinti monumentali, che, raffiguranti nudi di bionde in atmosfere languide, si evolsero, a poco a poco, nella creazione di singoli dettagli del corpo femminili, quali la bocca, i seni e i piedi. Pertanto, tenendo conto di questo precedente storico, potremmo interpretare l'opera di Uzan come un ritratto, che, volutamente "ridotto ai minimi termini", ha sintetizzato l'espressività di un volto femminile, attraverso la rappresentazione di un intenso primo piano delle sue provocanti labbra.
Alexander S Peuchot, Janet, 2021. Acrilico / olio / pigmenti / spray su tela, 121,9 x 91,4 cm.
Alexander S Peuchot: Janet
Facendo riferimento all’iconico esempio Pop di Warhol, dal Novecento in poi divennero soggetti dell’indagine artistica i protagonisti dello show business, infatti, proprio il maestro americano ritrasse anche star del mondo della musica, quali Elvis Presley, Dolly Parton, Mick Jagger e Debbie Harry. Tale operato fu il frutto del fascino esercitato dalla fama e dalla cultura popolare sull’artista, il cui concetto di ripetizione dei soggetti raffigurati, alludeva proprio alla perdita di identità insita nella stessa cultura del consumo di massa. Le opere frutto di questa concezione del reale, venivano realizzate a partire dalle fotografie dei tabloid o da scatti pubblicitari, che Warhol trasformava in colorate serigrafie. Medesimo approccio all’arte è riscontrabile nell’opera Janet, dipinto volto a riproporre l’iconica copertina di Rolling Stones, che, datata 1993, immortalò l’omonima cantante con indosso solo dei jeans larghi e i seni coperti dalle mani dell’ex marito Rene Elizondo. Tale immagine, entrata indelebilmente a far parte del lessico Pop, allude ai concetti esplicitati dall’album dello stesso anno, ovvero Janet, volto a rappresentare un’esplorazione provocatoria del piacere femminile e della sessualità, acquisiti da una donna ormai più matura e indipendente, che aveva raggiunto una maggiore confidenza con il sesso, inteso anche come parte gioiosa del processo creativo.