Dalla Persia a Francisco Goya
Forse anche chi gode avidamente del sole, che arriva a illuminare il balcone di casa propria tutti i giorni, resta ignaro delle orgini storiche di questa di finestra munita di parapetto, concepita con funzione sia decorativa, che pratica. I balconi nascono nell’estremo Oriente, precisamente in Persia e in Egitto, luoghi in cui, talvolta, ospitarono anche specifiche attività celebrative. La situazione risulta essere più simile a quella odierna se si pensa invece al mondo greco, dove i balconi, costruiti anche nelle case private, erano soggetti a specifiche regole e leggi, giungendo sino alla tassazione della loro presenza. Tale esempio lo troviamo similmente nel mondo romano, tanto che la popolarità del balcone venne celebrata, oltre che documentata, nella pittura pompeiana. Successivamente, se in età Medievale il balcone veniva eretto su cornici a uno o più ricorsi di mensolette di poco risalto, durante il Rinascimento esso divenne pura opere d’arte estetica, oltre che rigorosamente funzionale, culminanti nell’esempio di quelli di Palazzo Pandolfini (Firenze) ad opera di Raffaello! Nonostante nel corso dei secoli tale accortezza di realizzazione passò progressivamente in secondo piano, il supporto pittorico ci offre la possibilità di conoscere le fattezze, oltre che le maniere di godere, dei balconi tra Ottocento e Novecento. É proprio mediante l’analisi delle opere di maestri del calibro di Pierre Albert Marquet, Francisco Goya, Édouard Manet, Bethe Morisot, Gustave Caillebotte e Umberto Boccioni, che il soggetto in questione verrà analizzato progressivamente. Di fatto, l’ordine in cui ho presentato gli artisti è funzionale a costruire una narrazione crescente, volta a mettere in risalto un continuo aumento di “complessità” nel trattare il balcone.
GIOCA CON ME (2022)Dipinto di Tatiana Popova
DER BALKON (2019)Dipinto di Max Leonhard
Arte sul balcone: opere “semplici” e “complesse”.
Descrivendo rapidamente il primo artista, il pittore francese Pierre-Albert Marquet dipinse, nel 1945, View from a Balcony, olio volto a immortalare un balcone privo di presenze umane, avente il proposito di lasciare intendere come lo spettatore, o lo stesso esecutore del capolavoro, si trovino ancora dentro casa. Da quest’ultimo spazio, ringhiera e vaso di fiori a parte, è possibile vedere una vasta distesa di case e di alberi, che culminano nell’immensità del mare. Siamo già giunti al secondo artista, ovvero Goya, il quale ha reso più complessa l’intepretazione pittorica del medesimo soggetto, perché vi ha aggiunto la figura umana, che ha catturato in una prospettiva frontale, cogliendo il balcone a partire dal suo parapetto. Sto parlando di Majas al balcone, opera del 1800-1810 circa, che immortala due giovani ben vestite, mentre, sedute dietro la balaustra di un balcone, sono sorvegliate da due uomini discreti, intenti a presenziare nell’ombra gettata dalle figure femminili. Tornando alla composizione, essa è decisamente innovativa, in quanto il balcone e il piano dell’immagine si sovrappongono, cosa che impressionò anche Manet, maestro che riprese tale schema per il suo successivo Il Balcone (1832-1883). Il pittore francese rappresenta però una personalissima scena di vita borghese, che anima immortalando le fattezze di alcuni suoi amici, tra i quali, la pittrice Berthe Morisot, che appare seduta in primo piano. Nonostante ciò che i personaggi potessero effettivamente osservare dalla loro posizione, essi appaiono alquanto impassibili e immobili, come presi da ragionamenti interiori, sicuramente più importanti e sentititi. Tale visione, nonostante facesse chiaro riferimento a Goya, non fu compresa al tempo del pittore, forse perché, oltre alla prospettiva e ai soggetti, i suoi fiori risultavano inusualmente rifiniti in maniera più accurata rispetto agli stessi protagonisti del dipinto. Tornando a Berthe Morisot, ella è invece l’artefice di Woman and Child on a Balcony (1872), altro esempio della tematica in questione, in cui il punto di vista cambia nuovamente, cogliendo i protagonisti da una prospettiva angolare, volta a presentare il balcone quasi orizzontalmente e la protagonista femminile di profilo, mentre è intenta ad osservare un paesaggio cittadino. Tornando ai maestri francesi, Caillebotte è l’artefice di Man on a Balcony (1880), opera che ricorda il punto di vista appena descritto della Morisot, anche se colto da una posizione più alta, volta a consentirci anche la contemplazione della strada sottostante, che l’uomo si presta ad osservare. Il tutto si riassume, in maniera alquanto “minimalista”, in View Seen Through a Balcony, capolavoro dello stesso pittore che rappresenta solo la righiera di un balcone, attraverso la quale è possibile scorgere parti di un paesaggio urbano, che, con tanto di carrozza trainata da cavalli, si dispone dietro al metallo. Pare che Caillebotte dipinse questa veduta dal suo balcone parigino nel 1880, dando esclusivamente parola ai riccioli di ghisa di quest’ultimo, volti a formare un motivo decorativo che riempie il piano del quadro, concepito nei pressi di Boulevard Hausmann. Allora se adesso abbiamo visto il balcone che si sovrappone al paesaggio, Boccioni ci fornisce una visione quasi opposta, in quanto, nel suo La strada entra nella casa (1911), è ciò che è fuori dal balcone ad imporsi su di esso, come una sorta di vera e propria contaminazione tra ambientazione esterna e interna dell’opera. Descrivendo brevemente il capolavoro, esso mostra una figura femminile di spalle, appoggiata ad un balcone situato in Via Adige a Milano, punto dal quale si apre la vista su una fitta serie di edifici e strade, i cui forti colori conferiscono al dipinto una potente carica emotiva. Tornando invece al discorso della contaminazione degli spazi, rimando alle chiare parole dello stesso pittore: “La sensazione dominante è quella che si può avere aprendo una finestra: tutta la vita, i rumori della strada, irrompono contemporaneamente come il movimento e la realtà degli oggetti fuori. Il pittore non si deve limitare a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone.” Inoltre a quest’ultime voglio sommare parte del testo riportato nel manifesto tecnico della pittura futurista (aprile 1910): “I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così come il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano.” Infine, torniamo a parlare di balconi nell’arte contemporanea, mediante il punto di vista degli artisti di Artmajeur Iryna Kastsova, Joana Bisquert Mari e Stefano Galli.
ARCHITETTURA DI MASSA (2014)Fotografia di Pierre Leccia
CARINO. COSTA AZZURRA. (2023)Dipinto di Iryna Kastsova
Nizza. Costa Azzurra di Iryna Kastsova
Parto descrivendo ciò che vedo nel dipinto e poi aggiungo le informazioni tratte dal titolo e dalle parole espresse a riguardo dalla pittrice. Nel primo piano del supporto troviamo disposte delle piante fiorite, che si estendono da destra verso sinistra, dove appare anche parte di un più alto edificio. In lontananza si palesa l’idilliaca visione di una costa, sfruttata nelle sue bellezze, ovvero nelle sue colline abitate e nelle copiose barche che popolano il mare. Avete visto che non parlo di balcone? Perchè è l’artista stessa a rivelarmi da dove ha eseguito il suo paesaggio, così come ci dice dove si trova precisamente: “Nizza è la capitale del dipartimento delle Alpi Marittime sulla Costa Azzurra francese, situata sulle spiagge ciottolose della Baia degli Angeli. Un cielo azzurro zaffiro sopra case dai tetti in salita con pareti ocra giallo soleggiate, persiane verdi e balconi traforati costruiti nei secoli XVI-XVII; strade strette, archi, piazze con portici, ristoranti e pizzerie, piccoli negozi profumati di erbe aromatiche... Impressionismo.” Quindi tornando un attimo al dipinto, potrei adesso effettivamente riuscire a scorgere una piccola parte del parapetto del balcone, che appare dimesso in basso a destra del supporto. Sempre facendo riferimento alle parole dell’artista, concordo a dire che l’opera è effettivamente il risultato di una particolare interpretazione degli stilemi dell’Impressionismo, che, adesso più vivaci nei colori, potrebbero aver anche guardato al Post-Impressionismo, se non all’esempio dei Fauves.
EL BALCÓN (2023)Dipinto di Joana Bisquert Mari
Il balcone di Joana Bisquert Mari
Il pittore si è posizionato nel salone al fine di dipingere un interno, che viene arricchito dalla culminante e luminosa presenza di un balcone, volto a mostrare i tetti delle case dei vicini, oltre che un immenso e vasto cielo, pronto a prendere vita sopra al mare. Proprio quest’ultima immagine cattura l’attenzione della stessa protagonista dell’opera, che, probabilmente appena alzata all’alba, e quindi forse ancora con indosso un leggero pigiama, si scorda, imbambolata, quale altra attività dovesse svolgere. L’artista dichiara che ha concepito quanto sopra partendo dalla realtà di un interno, successivamente ispirandosi all’esempio dei maestri danesi del XIX secolo esperti del genere, come, ad esempio, Hammershoi, Holsoi e Ilsted, ai quali ha aggiunto anche lìinflusso di Hopper. Tutti questi modelli sono serviti per il raggiungimento di un unico fine: tentare di dipingere il silenzio, la quiete di una mattina passata all’interno del rilassante ambiente casalingo, sempre riparato da ciò che fuori potrebbe, sia allietare, che portare disperazione. Infine, a proposito del pittore, Joana Bisquert Marí è un’artista spagnolo di origine di Alicante, il cui focus figurativo principale è quello di catturare le mille identità della luce, rendendo contrasti, giochi luminosi, ombre e notturni rischiarati. Il tutto genera opere spesso dal carattere altamente intimo e personale, volte talvolta a far trapelare anche il passato storico della Spagna, che si palesa in quà e in là per ricordare la cultura di appartenenza dell’artista.
LA TRATTORIA DEL PICCOLO BALCONE (2022)Dipinto di Stefano Galli
La Trattoria del Balconcino di Stefano Galli
Il punto di vista da cui Galli ha catturato un balcone, dove una coppia comodamente seduta a tavolta aspetta le portate, sicuramente servite dai due personaggi che si prodigano in grambiule, pare forse ricondursi al previo scatto di un drone, capace di volare per trovarsi sospeso di fronte alla sopra menziata destinazione. Ipotesi a parte, l’artista italiano ha realizzato l’opera in questione ispirandosi a un evento della sua stessa vita, in quanto egli soleva recarsi al ristorante dipinto con una sua ex fidanzata, con la quale amava spesso sorseggiare del vino. La storia d’amore finì per un ironico commento che Galli le destinò, artista goffamente pronto ad infangare l’arte culinaria della donna davanti ad amici e parenti. Il pittore ci parla anche di come, dopo la rottura, lei tenne il gatto, che ancora Stefano rimpiange nelle sue coccole più pelose. Ad ogni modo, di tutta questa storia d’amore, al pittore resta un eterno e dolce ricordo: quelle istantanee di bei momenti passati alla trattoria insieme alla donna che ormai non lo ama più. A proposito di Galli, la sua pittura è fortemente influenzata dal futurismo, dalla metafisica e dal surrealismo, ma anche dal mondo dei fumetti. Di fatto, la sua arte si prodiga a narrare tematiche particolari e personalissime, che, come nel caso di La trattoria del piccolo balcone, potebbero sicuramente essere accompagnate dalle didascalie dagli stessi racconti dell’artista.