Stefano Nardi
Ritengo il mio lavoro artistico, che definisco "defiguratione", un atto di ricerca formale: mi inoltro nei vari ambiti della Forma e dei Significati, ne analizzo e metto a nudo i costrutti, rarefacendoli per fasi successive; compio un'operazione di scavo fino ad ottenere (a cercare di ottenere) la sintesi, l'essenza più recondita, l'estrema struttura che dà luogo ad un segno astratto (o meglio non-figurativo); un segno, a volte, morfologicamente affine all'Insetto e che communque accenna a valenze metamorfiche.
Il fine di tale azione è l'equilibrio formale e compositivo.
L'Artista non solo rappresenta delle cose, ma anche intercetta delle forze che pone in un contesto dinamico (uno degli scopi è di evitare la staticità).
Il suggerimento al moto, accennato dalle linee compositive, è latente e permanente, perciò equilibrato.
Stefano Nardi
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Scopri opere d'arte contemporanea di Stefano Nardi, naviga tra le opere recenti e acquista online. Categorie: artisti italiani contemporanei. Domini artistici: Pittura. Tipo di account: Artista , iscritto dal 2021 (Paese di origine Italia). Acquista gli ultimi lavori di Stefano Nardi su ArtMajeur: Scopri le opere dell'artista contemporaneo Stefano Nardi. Sfoglia le sue opere d'arte, compra le opere originali o le stampe di alta qualità.
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Ritengo il mio lavoro artistico, che definisco "defiguratione", un atto di ricerca formale: mi inoltro nei vari ambiti della Forma e dei Significati, ne analizzo e metto a nudo i costrutti, rarefacendoli per fasi successive; compio un'operazione di scavo fino ad ottenere (a cercare di ottenere) la sintesi, l'essenza più recondita, l'estrema struttura che dà luogo ad un segno astratto (o meglio non-figurativo); un segno, a volte, morfologicamente affine all'Insetto e che communque accenna a valenze metamorfiche.
Il fine di tale azione è l'equilibrio formale e compositivo.
L'Artista non solo rappresenta delle cose, ma anche intercetta delle forze che pone in un contesto dinamico (uno degli scopi è di evitare la staticità).
Il suggerimento al moto, accennato dalle linee compositive, è latente e permanente, perciò equilibrato.
Stefano Nardi
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Nazionalità:
ITALIA
- Data di nascita : data sconosciuta
- Domini artistici:
- Gruppi: Artisti Italiani Contemporanei

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INTERVISTA A STEFANO NARDI a cura di Maria Marchese
Stefano Nardi affronta un compito, che coinvolge tratto e colore, per addivenire alla sinossi dell’immagine: essa diviene iconica espressione visiva di condizioni umane profonde. art & Investments
Attingendo, tra l’altro, dall’intuizione kafkiana, ove fragilità e paure assumono le fattezze dell’insetto, l’autore mantovano indova in quest’ultimo una realtà dura, al limite dell’incubo.
L’artista materializza infatti, nelle proprie manifestazioni figurate, vividi e pulsanti pensieri, la cui energia viene custodita da un elaborato contesto segnico: l’osservatore riesce quindi a percepirne appieno la forza latente.
Una mente scelta altresì lo contraddistingue: la si evince dai testi ironici e pungenti, che lui battezza come “Lezioni” , pubblicati su un quotidiano della sua città” , in cui esprime la propria opinione sui diversi movimenti artistici contemporanei.
Stefano Nardi rappresenta una voce spesso dura e fuori dal coro, che ha fatto del dissenso e della dissertazione analitica e riflessiva una voce unica per affermare il proprio amore per l’arte, quale atto fondamentale e alta forma espressiva.
Il tuo primo contatto con l’arte?
Dall’infanzia.
Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?
Molto presto.
La tua prima opera?
Un piccolo acquerello, effettuato all’epoca della prima media: un paesaggio di un giorno ventoso, opera basilare, ora, purtroppo, smarrita.
Per fare arte, bisogna averla studiata?
Non nel senso scolastico.
Come scegli cosa ritrarre?
Tra i soggetti congeniali che prediligo l’attuale indirizzo è per gli insetti e per i personaggi.
Un aneddoto che ricordi con il sorriso?
…
Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?
Goya. Nessuna domanda: la sua poetica è così eloquente e significativa…
Quanto conta la comunicazione?
Discretamente.
Che differenza c’è, nella percezione dell’arte, tra Italia e estero?
La cultura (estera) .
Cos’è per te l’arte?
L’atto più importante.
Cosa ti aspetti da un curatore ?
La competenza.
Cosa chiedi ad un Gallerista?
L’interesse a proporre attivamente le opere: non la semplice attesa del cliente, bensì la sollecita offerta ai collezionisti.
In una tua “stagione , deponi la significanza della metamorfosi, eppure molti soggetti cambiano. Perché ne hai scelto quest’ultimo come simbolo di trasformazione ?
Ho sempre avuto interesse per l’entomologia. Leggendo Kafka, poi, ho individuato una connessione metamorfica antropo-insettiforne, che deve essere interpretata in senso psicoanalitico: è la metafora delle ossessioni, che opprimono certi stati d’animo.
Spendi una parte del tuo tempo per realizzare interessanti lezioni, spiegando i vari movimenti artistici, anche meno noti. Ce ne vuoi parlare?
Ho scritto degli articoli in chiave satirica e sarcastica sotto forma di “lezioni” , pubblicate tempo fa su un quotidiano di Mantova. Questi hanno riscosso molti commenti favorevoli su quest’ultimo; ne ricordo uno in particolare, che scrisse il direttore del Museo Diocesano di Mantova: (gli articoli) “sono divertenti, giustamente indignati, del tutto condivisibili” .
Clikka qui per leggere gli articoli
Per “addivenire al pensiero artistico essenziale” , apice della tua ricerca, che processo affronti?
Lo studio della fasi compositive dell’opera, accompagnato da una serie di bozzetti preparatori e prove ripetute più volte, fino a conseguire “il segno essenziale” e i significati profondi.
Nelle opere imprimi un “cauto dinamismo” e ciò si evince, chiaramente, nella risultanza: per arrivare a ciò occorrono studi pregressi o intuizione oppure entrambi?
Entrambi: le mie composizioni sono il luogo dove pulsa l’energia, dove il moto è latente, suggerito, insinuato, ma sul punto di scatenarsi; lo scopo precipuo è di rifuggire dalla staticità, mantenendo l’equilibrio strutturale.
Defigurazione” e “disgregazione” , nelle tue opere, possono essere sinonimi?
No: destrutturazione è più corretto.
Come vedi l’arte classica?
Con rispetto e interesse: è materia di studio.
Le tue opere hanno spesso un forte impatto: esse nascono dal confronto o dal conflitto?
Dalla fatica e dallo stimolo.
Tra le trame dei testi da te realizzati si evince chiaramente il diniego nei confronti dell’arte, vittima del mero merchandising: secondo te quali sono le condizioni sine qua non per ristabilire una situazione artistica equilibrata?
Più che il diniego direi il rifiuto di certa sedicente arte contemporanea.
Necessita maggiore onestà e competenza da parte dei critici, che si prospettano in modo fraudolento e esibizionistico.
Artista e fruitore: ci parli del rapporto che vorresti stabilire con quest’ultimo?
Vorrei si creasse un rapporto d’amicizia.
"DELLA DEGRADAZIONE"
“DELLA DEGRADAZIONE”
Vi sono momenti storici nei quali l’osservatore appare svagato, disattento, distratto. Non tanto riguardo all’aspetto della normale razionalità o della perspicacia, ma semplicemente del buon senso comune, che, pare vada affievolendosi. Inspiegabile fenomeno: dovuto all’invadenza dei “media” e/o dalla mala educazione, divulgata dai programmi “spazzatura” diffusi dalla televisione e dalla pubblicità in generale?
Comunque, fenomeno di connotazione politica, di disinformazione ed ottundimento delle prerogative della logica; fenomeno riguardante vari aspetti: quello culturale, morale, di costume, ma precipuamente quello delle manifestazioni artistiche. In tal senso, ormai, il Critico fa combutta col Mercante; il primo nella sua straripante presunzione, nel suo esibizionismo, propone ed espone se stesso o disattende ed ignora le opere degli Autori, il secondo propina “ciofeche” e pastrocchi che il Critico gli segnala distrattamente o surrettiziamente ponendo in atto offerte abbindolanti e spacciando moneta falsa. Tutto ciò mentre correttamente e congruamente l’opera d’Arte, per la sua stessa definizione, per il suo scopo preciso, deve conferire una emozione, inquietante o rassicurante, ma una emozione…
Vi sono quadri che inducono stimoli addirittura taumaturgici; altri che, al contrario, trasmettono una sorta di paura di affacciarsi sull’orlo dell’abisso delle umane pulsioni. L’Autore infatti possiede la prerogativa di focalizzare stati d’animo, altrimenti latenti o celati, perché intercetta delle energie che gli consentono di esplorare gli stadi della realtà, di svelare ciò che sta dietro e dentro i costrutti della materia e dello spirito. Invece, gli artefici del nulla, nell’alibi della loro inettitudine, si infischiano di prospettare espressioni ammissibili per un minimo di possibilità di inoltrarsi sul terreno dei turbamenti, ma nel “horror vacui” che li assale, emettono altri strepiti per non sentire il sinistro scricchiolio del loro sottostante vuoto.
Ciò considerando, quale emozione può dare una canolata di calcinacci, o uno scaffale colmo di prodotti industriali scaduti, o una nebbia oleosa, o un suono stridente?
Che emozione? Che esaltazione? Che angoscia? Che serenità?
Così gli osservatori che si trovino al cospetto di tali aberranti esempi di degrado avranno motivi di stupore o di disgusto, ma poi, per non apparire insipienti, si adegueranno e consentiranno docilmente di essere pilotati dal “Pifferaio di Hamelin” verso l’effimero. Perché ciò accade? Di primo acchito ce ne sfuggono i motivi, ma ripensandoci, siamo convinti che esista una strategia, un ben preciso piano occulto e sottile: i Grandi Vecchi, i Poteri Segreti si avventano e dirigono l’assalto contro quello che considerano il loro principale obiettivo: l’ Arte.
L’Arte, cioè l’eminenza del pensiero umano, il Pane dell’Anima, lo strumento elettivo che evolve le capacità speculative e permette di distinguere il bello dal brutto, l’utile dall’inutile, il plausibile dall’assurdo. Ecco, noi denunciamo questo deplorevole progetto che condiziona e spinge gli sprovveduti ad abdicare la propria volontà ed intrupparsi ed accettare quanto loro imposto.
Noi dichiariamo la nostra assoluta contrarietà ed opposizione a questa subdola avventura.
Stefano Nardi
SCANDAL-2008:
"l'arte è sensualità, a volte esasperata, ma pur sempre senusalità..."
servizio del TG5 riguardo l'esposizione di Nardi presso una profumeria di Mantova.
LEZIONE 5 – ANCHE IL “TRASFORMALISMO” HA PRESO PIEDE
INTRODUZIONE ALLA LEZIONE 5
CORRENTI STILISTICHE MINORITARIE SONO ACCOMUNATE DALLa VALENZA DRAMMATICA
NEL LESSICO TROPPE FRASI CATASTROFICHE
Prima di prospettare la quinta lezione, più importante e più densa di concetti, riteniamo opportuno accennare al alcune correnti stilistiche minoritarie, ma significative, tra di esse affini, per la valenza drammatica che le accomuna. Tra queste enumeriamo:
il “lugubrismo-macabrismo”, che teorizza l’esposizione di scheletri, (non effigiati, ma autentici) teschi, tibie incrociate, ecc.l’“insetticidismo”, che prevede l’esposizione di rullini e di fogli di carta moschicida cosparsi di mosche, tafani, mosconi, insetti vari a comporre nuvolature informali, o strutture figurali laddove la carta moschicida sia ritagliata in modo preordinato e idoneo; oppure pannelli lignei o metallici irti di farfalle inchiodate, ecc.il “necrofilismo”, che contempla performances di grande suggestività, come fumate nel narghilè di mix di ossa triturate, tabacco inglese e setole di mummia, che producono forti allucinazioni; o come la formazione di belle bolle di sapone mediante l’uso dei liquami di scolo degli obitori, ecc.il “Macellerismo-Crognismo”, che presenta mucchi di ossami freschi, da spolpare o raschiare nel corso delle performances, oppure mezzene e quarti bovini e/o suini, congelati. Ed ancora: animali di grossa taglia sezionati ed immersi in acquari di formalina; pezzi di animali, non sotto formalina, ma chiusi in teche ben sigillate per evitare la fuoriuscita di miasmi: topi spiaccicati, corredati dalla relativa trappola; carogne assortite in vari gradi di essicazione, ecc.
Alcuni maestri stanno studiando speciali processi di plastificazione con cui trattare membra ed organi che costituiranno composizioni inevitabilmente intitolate “nature morte”. Altri stanno meditando una estrema, sublime performance: l’autoannegamento in un acquario pieno di aceto ad alta gradazione: l’opera avrà l’emblematico titolo di “autoritratto sottaceto”. Queste, dunque, le linee che costituiscono l’apice, la punta estrema del filone lugubre.
E’ ben vero che tutta l’arte tradizionale è piena di scene che evocano pure atmosfere: uccisioni, teste mozzate, scorticamenti, squartamenti, autopsie, fucilazioni, ecc, ma si tratta di raffigurazioni, insomma di finzioni: in cotali rappresentazioni invece, è tutto vero, i reperti sono autentici. Tutte le altre innovazioni enunciano principi carichi di fascino. Pur vivaci e pregnanti difettano, tuttavia, della dimensione tragica. Queste espressioni, con la forte carica tenebrosa, con la tetra e funesta iconografia, intendono certamente identificare le sciagure, le catastrofi di questi tempi, essere simbolo e metafora delle laceranti e nefaste vicende attuali.
LEZIONE 5 – ANCHE IL “TRASFORMALISMO” HA PRESO PIEDE
Come abbiamo visto nelle precedenti lezioni, numerose sono le fonti dell’Arte, le motivazioni, le situazioni che danno origine a nuove linee artistiche. Ve n’è una molto particolare, completamente avulsa dalla normalità, cioè da quanto è riferibile al contesto dei consueti umani comportamenti: una fonte che ha a che fare col sovrannaturale, una magica sorgente che scaturisce dai segreti recessi del paranormale e dell’occulto e che produce una incantata corrente: il “Trasformalismo”. Fin qui abbiamo esaminato varie maniere ma questa, forse la più significativa, richiede ai suoi adepti doti eccezionali, facoltà e requisiti sovrumani. Alle pratiche di questa dottrina possono, infatti accedere quegli eletti dotati di innati poteri magici, o comunque prodigiosi, oppure coloro che:
abbiano frequentato (anche per corrispondenza) corsi parificati di Apprendista Stregone, con rilascio di patente; abbiano servito, in qualità di garzoni, in botteghe di maghi o fattucchiere, per almeno 3 anni, percependone i segreti;abbiano soggiornato, per almeno 3 anni, presso quelle tribù sciamaniche himalaiane, i componenti delle quali posseggono qualità fenomenali, come il dono dell’obliquità (che consente loro di camminare con un inclinazione di 30° rispetto all’asse verticale) o come la capacità di tramutare l’oro in elettrodomestici, derrate, carburante, sigarette, liquori, dolciumi, filmini hard, etc., qualità che vengono trasmesse per osmosi.
Questi fatati artefici, con il loro straordinario potere (una sorta di pietra “filosofale”, non alchemica, ma spirituale) sono autorizzati a praticare il trasformalismo artistico, ossia a convertire, con un colpo di pennello magico, l’oggetto comune in opera d’arte. Ecco allora come una qualunque vile materia viene nobilitata ed assurge ad una superiore dimensione: l’Artista-sciamano tramuta, col suo gesto demiurgico e miracoloso un aspirapolvere (un frullatore, etc.) in un altro esemplare, in tutto e per tutto uguale al primo, ma impregnato di energia trascendentale, promanante un magico alone, un’aura di sacro lucore artistico. Così vecchi frigoriferi, lavastoviglie (o parti di questi), ferri da stiro, macchine da cucire e da scrivere, bidoni (nel senso del contenitore) d’olio (vuoti), vecchie suppellettili, biciclette, motoscooters, barche, materassi, rami secchi, sanitari, bottiglie, vasi da giorno e da notte, porte, finestre, pneumatici, rubini, rubinetti, vecchie inferriate, etc., santificati dal magico tocco i circonfusi dalla sublime radiazione, sono proposti ed esposti nelle manifestazioni artistiche (grandissima ammirazione ha riscosso un’opera di stupefacente intensità espressiva, di eccezionale significato simbolico: un antico bellissimo cancello in ferro battuto, presentato aperto ed intitolato “Il Grande Trasparente”). Ed ancora: fumo di candela (sul muro), ortaggi interi od affettati (cipolle, cetrioli, carote, etc.), maccheroni, lardo, sale grosso (in ordine con l’assioma “tutto a brodo”: uno dei pilastri di questa disciplina), convertiti in opere d’arte ed esibiti ai collezionisti. Il bagaglio operativo e compositivo, tuttavia, non si limita agli oggetti (il cosiddetto “ready made”), ma vengono tirati in ballo anche gli esseri viventi: branchi di animali, per lo più di media taglia (p.es. pecore), che un collaboratore dell’artista provvede a foraggiare ed a mondare dall’inevitabile letame (che, in questi casi non concorre a formare l’opera d’arte) e gruppi di persone, in special modo giovani e leggiadre modelle esposte completamente nude. Esse hanno visi da persone, braccia da persone, gambe da persone, culo (spesso molto bello) da persone, però non sono persone. Cosa sono allora? Sono persone trasfigurate, ossia soffuse della divina emanazione e divenute opera d’arte. Va annotato che quest’ultima tipologia espressiva può dare adito a situazioni delicate.
La letteratura riporta episodi di collezionisti che avevano espresso l’intenzione di portarsi a casa una parte dell’opera (un paio delle delle avvenenti fanciulle) “per vedere come sta nell’ambiente, in vista dell’acquisto”, ma l’espressione allupata del proponente aveva consigliato di declinare, con ferma cortesia, la richiesta. Ma questo straordinario linguaggio non ha confini. Artisti col senso del grandioso, sentendosi limitati dagli angusti spazi dei musei, hanno preso in considerazione l’esterno , le grandi estensioni per imporre il loro gesto sciamanico. Colline, prati, boschi, ponti, palazzi (eventualmente da impacchettare), piazze, icebergs (limitatamente alla parte affiorante, contrassegnata con speciale colorante rosso, data l’abitudine di queste strutture a spostarsi continuamente), orti, vigneti, canali, cisterne, darsene, stagni, cave, piantagioni, etc. sono così assurti alla nobile qualifica di elaborati artistici. Le opere create nell’ambito della straordinaria linea trasfiguralistica hanno prezzi elevatissimi e questo aspetto costituisce una forte tentazione per i falsari. Pertanto vengono organizzate squadre di speciali cacciatori di patacche, o “ art-detectives”, o “fraud-busters” che sono istruiti a cura dell’Associazione Gallerie & Caverne, negli istituti dove si preparano anche i “ghost-busters” (cacciatori di fantasmi). Questi specialisti, con l’ausilio di sofisticati apparecchi, sono in grado di rilevare le radiazioni artistiche emanate dalle opere d’arte, oppure la loro assenza.
Si ricordano casi eclatanti di mistificazione: un millantatore aveva tentato di spacciare per opera d’arte l’ascensore di casa sua, da tempo fuori servizio ed intitolata “dinamismo frustrato”, ma niente da fare: mancava l’aura; un altro aveva tentato il colpo col proprio nonno (un bel vegliardo in poltrona, con tanto di pantofole, sigaro toscano, giornale e gatto acciambellato sulle ginocchia): anche costui è stato subito smascherato, tra l’altro suscitando le escandescenze dell’inconsapevole congiunto, nonché le soffiate battagliere del felino.
Esiste una questione che da tempo impegna i maestri di pensiero: il sacro fluido è permanente?
A conclusione della disputa i santoni, riconosciuti dal Gotha artistico internazionale, hanno sentenziato: per gli oggetti inanimati permane; per gli esseri viventi deve essere rinfrescato almeno due volte all’anno. Questa strabiliante ed eccelsa espressione è forse, tra tutte le maniere, la più importante; infatti accoglie gli aneliti al misticismo i desideri di spiritualità di una Società, altrimenti sempre più votata al materialismo, all’aridità ed all’indifferenza.
Stefano Nardi
ARTICOLO CRITICO-SARCASTICO: IL CORPORALISMO
L’ arte ha sempre svolto la funzione di esplorare e rappresentare le intime espressioni dell’animo umano, avendo il nobile scopo di evocarne le più elevate. Mezzo spirituale per eccellenza, organo analizzatore delle sfaccettature, dell’intelletto, introspezione, specchio della psiche.
Come abbiamo già detto nelle precedenti lezioni, modo e strumento per indagare e mettere a lume le recondite peculiarità della sfera interiore. Ma ora una nuova scuola di pensiero, facendo proprie certe antiche dottrine esoteriche, le quali situavano l’anima, non ai piani superiori, ma più giù, al ventre, propone ed avvia una suggestiva linea stilistica che si protende, non sull’interiore, ma sulle interiora.
Con ciò illustrando tutta una fenomenologia legata alle varie manifestazioni di quel contesto; una linea densa, sanguigna, viscerale: “Il corporalismo”.
La linea operativa si avvale delle tipiche manifestazioni corporali e fisiologiche, a volte artatamente organizzate, più di rado colte di sorpresa ad ignari esecutori per mezzo di telecamere e microfoni mimetizzati.
Evacuazioni; espulsioni di feti; sangue mestruale, con corredo di assorbenti igienici, sia interni che esterni, placente ed annessi, vomitazioni, catarro, incisioni e spremitura di bubboni ed ascessi, rutti, peti, flatulenze ( con e senza componente sonora) sono gli elementi che formano il nuovo bagaglio espressivo. E non solo.
Delicate e poetiche opere sono state concepite da sensibili autori i quali hanno esposto il proprio intervento di chirurgi plastica in tutte le fasi: scorticamento, trazione dei tessuti con scopertura del supporto osseo, sanguinamento, successive suture finali. Il tutto, ovviamente, filmato. Infatti le “performances” vengono, il più delle volte, filmate o registrate su nastro, molte di queste, di tipo particolarmente riservato, richiedendo la necessaria privacy. I nastri video e audio costituiscono le “tele” della nuova espressione.
Purtroppo ciò costituisce una limitazione: manca infatti l’elemento emozionale della visione diretta: è come vedere un quadro in riproduzione, anziché dal vivo. Tuttavia è stata ideata una brillante soluzione, la via per conciliare la freschezza della esposizione diretta col rispetto della riservatezza: il progetto e la realizzazione di apparati artificiali che riproducono tutti i momenti del processo peristaltico. Si tratta di complessi meccanismi, ad un’estremità dei quali, chiamata “bocca” viene introdotto il pranzo, disponibile in vari “menù” (i più indicati sono: fagioli con cotiche o cotechino e lenticchie): al termine delle varie fasi procedurali dalla estremità opposta, chiamata “retrobocca” fuoriescono le scorie metaboliche, complete della componente olfattiva, che vengono servite agli estimatori, con un contorno di carta igienica, impiegata per forbire il retrobocca.
Ma la perla, l’eminenza di queste elaborazioni è espressa dal gesto degli artisti “ al sangue” ossia da quegli autori che, praticandosi profondi tagli agli arti inferiori, fanno sgocciolare il proprio sangue formando delle scie e tracciando bei morfemi scarlatti. Costoro, ovviamente, necessitano di frequenti trasfusioni: ciò che viene effuso da sotto deve essere ricaricato d sopra ( si sta studiando una “cartuccia-flebo” intercambiabile, da applicare direttamente, per comodità). Questa suggestiva variante stilistica è emblematicamente denominata “stilo-grafica”. I “guru” della cultura plaudono ed approvano questo linguaggio vigoroso, materiale e concreto. Prezioso perché permeato di spontaneità e non mediato da elucubrazioni e forzature psicologiche. Così salutano con entusiasmo l’accantonamento dell’arte tradizionale, l’arte celebrale le speculazioni intellettuali, la smania ossessiva di ricerca della bellezza formale. In questa epoca, caratterizzata dal pragmatismo esasperato, dal materialismo, un’arte che scaturisce dalle pulsioni dello spirito, che viene evocata dalla cerchia delle astrazioni è ritenuta da costoro non più sufficiente a riflettere lo “zeitgeist”, lo spirito dei tempi, che invece è bene rappresentato dalla nuova corrente, che esalta la genuinità delle azioni ed è quindi consona i bisogni (nel senso delle necessità) ed agli eventi odierni.
Stefano Nardi
ARTICOLO CRITICO-SARCASTICO: LA MISSIONE ECOLOGICA
Si è sempre pensato che l'Arte sia un genere voluttuario. In senso nobile ed elevato naturalmente: godimento dello spirito; espressione di bellezza formale; elevazione dei sentimenti alle alte sfere dell'intelletto; ciò che fa dire che l'uomo è l'immagine del suo Creatore. Pur sempre un genere voluttuario e non utilitaristico. Adesso però è opportuno attribuire all'Arte altri scopi. Non più quello edonistico ed aristocratico, rivelatore e descrittore dell'estetica dell'universo; non più quello esplorativo ed indagatore dei moti profondi dell'umana psiche; non più quello esorcizzatore e taumaturgico delle pulsioni tormentose: è tempo, dunque, di abbandonare questi concetti sommamente idealistici ed abbracciarne di più pragmatici, unendo il dilettevole all'utile. Alcuni "maîtres a penser", tra i più acuti illuminati e lungimiranti hanno, ormai da anni, sentenziato in tal senso ed additato la via da percorrere: il riciclaggio dei rifiuti. Una delle necessità più urgenti e contingenti dell'ambiente è la cosiddetta “pollution”, l'inquinamento da rifiuti e la conseguente difficoltà del loro smaltimento. Perché dunque non mettere l’arte al servizio di questa, socialmente utilissima, esigenza? Ecco la geniale, encomiabile intuizione! Non è dato sapere se quei sottili pensatori abbiano intravisto, individuato un'intima, arcana poesia del pattume, o se tale indirizzo sia stato stoicamente scelto dalla impellenza del problema e della consapevole esigenza di porre la loro sapienza al servizio della collettività. Di fatto, numerose rassegne danno spazio, ormai, alla nuova linea. Ed ecco dunque i detriti, gli scarti domestici, le carcasse d'auto, elettrodomestici, apparecchi sanitari, stracci, cartoni ondulati, tampax, bottiglie, sacchetti di plastica, lattine, etc... assurti a composizioni artistiche, esposti e proposti ai musei ed ai collezionisti, riscuotendo consensi e plausi. In questa direzione si compiono importantissimi esperimenti nei luoghi dove la questione è endemica, in tal modo identificandoli quali santuari dell'arte. Ciò delinea interessantissime prospettive sul riciclaggio e sull'utilizzo di quei materiali, cosi attenuando la pressante congiuntura. La nuova corrente indurrà gli esperti della diffusione mediatica a promuovere martellanti pressioni pubblicitarie (con “slogans” del tipo “W la schifezza”; “M. è bello”, etc) e raffinati messaggi subliminali affinché tutti siano sollecitati ad accantonare i rifiuti e conservarli in capaci silos e/o forzieri in attesa di trasformali in opere d'arte. Il fenomeno innescherà un circolo virtuale l'effetto del quale consisterà nell'accaparramento e quindi nella rarefazione, per evitare deprezzamenti di valore, dei suddetti materiali. Anche il problema della collocazione delle deiezioni organiche è stato brillantemente risolto: quelle solide possono essere inscatolate ed esposte nelle manifestazioni (purché siano “d’Artista” naturalmente, ma, poichè secondo le più avanzate teorie sociologiche tutti sono artisti, come tali sono autorizzati a riporre tali prodotti in appositi contenitori in attesa di confezionamento e vendita ad amatori e collezionisti) e quelle liquide possono trovare impiego come reagenti in composizioni chimico-ureiche. Probabilmente taluni borghesi conformisti, all'incalzare di questa moderna teoria, esprimeranno qualche riserva, qualche perplessità. A tacitarle sarà sufficiente l'espressione di superiore consapevolezza di quei sottili esploratori della sapienza, oltre alla condiscendente e paziente spiegazione: la Nuova Via espressiva interpreta lo “Zeitgeist”, lo spirito dei tempi, è emblema e specchio dei costumi dell'attuale decadente Società, della quale redige e rappresenta gli aspetti del degrado e dell’abbruttimento. Mirabile invenzione dei pensatori: teorizzando uno scopo poetico e spirituale nobilitano e giustificano quello pratico e prosaico. Stefano Nardi
ARTICOLO CRITICO-SARCASTICO: IL MISTICISMO OMEOPATICO
Da molto tempo, come è noto, una nuova scoperta è protagonista della ribalta scientifica ed ha riscosso grandi consensi, specialmente presso larghi strati della popolazione. Si tratta di una speciale tecnica farmacologica: l’omeopatia. Questa scienza propugna un fenomeno secondo il quale, quanto più una sostanza viene diluita, tanto più acquista forza attiva. Nella pratica metodologica, si prende un piccolo quantitativo di un certo composto e lo si versa nel “medium” di diluizione (per lo più acqua); si mescola ben bene (o si agita nello shaker); poi si preleva un piccolo quantitativo della soluzione e si versa in un altro barile di medium e si ripete il procedimento e così via per innumerevoli volte. Il prodotto finale non conserva nemmeno la memoria molecolare dell’elemento iniziale, ma è ugualmente (o proprio per questo) potentissimo e con un particolare, prezioso requisito: l’assoluta essenza di quegli effetti collaterali, che a volte, accompagnano la funzione di alcuni dei farmaci tradizionali. Recentemente, con una acutissima intuizione, alcuni esponenti della “nouvelle vogue” artistica, consigliati e coadiuvati da certi finissimi maestri del pensiero artistico-scientifico, definite anche “teste d’uovo” (o più propriamente “teste d’ovaia”), hanno deciso di applicare quello straordinario concetto al campo dell’arte. E’ risaputo che l’arte tradizionale, a sua volta, può arrecare indesiderati effetti collaterali su alcuni individui: malesseri, turbe, stati morbosi della psiche, attacchi di follia che possono indurre certuni ad assalire a colpi di mazza o di lesina le opere tradizionali esposte nei musei. Orbene, se la suddetta dottrina funziona nel campo farmaceutico, se ne deduce che certamente funzioni anche in quello artistico. Ferma restando l’importanza dell’interessantissima novità stilistica di questa proposizione, il nuovo indirizzo, tra l’altro faciliterebbe l’accesso ai godimenti dell’arte. Infatti, grazie all’essenza di quei possibili fastidi, molti più individui sarebbero indotti ad accostarsi ai piaceri dello spirito e della cultura, in un mondo sempre più materialistico e distrattamente lontano da tali valori. Conseguentemente alla geniale teoria, così si pone in pratica la nuova linea artistica, sulla medesima falsariga procedurale della tecnica sopra descritta. Per l’attuazione di questa “arte omeopatica” è necessario un medium speciale: quello elettivo è aria fritta. La frittura dell’aria è un segreto dello “chef” (che viene anche chiamato “il cuoco dell’aria”) ed è una fase delicata dato che, correttamente seguita, deve consentire lo stemperamento ed il grado di correttezza funge da catalizzatore. Si prende, in prosecuzione, un piccolo quantitativo di arte e lo si stempera in un, diciamo, kilometro cubo di aria fritta, ripetendo, poi, più volte il procedimento. Al termine, di fatto, l’arte scompare, è invisibile, assente, ma rimane l’aria fritta. Ecco, dunque, le sale espositive completamente vuote, ma entro le quali spira una potente tensione artistica: aleggia il fascino del nulla, della vacuità. I visitatori, suggestionati dalla magica atmosfera e presi da incontenibile entusiasmo, prorompono in esclamazioni d’ammirazione come “Ma che caz…!” e simili. Vi sono due tipi di aria da friggere: la bianca e la nera. La prima è quella normale che si riscontra universalmemte; la seconda è quella che si ottiene in ambienti scuri, oscurati, sigillati verso qualunque fonte luminosa. In questo caso, per accedere all’ opera, i visitatori vengono muniti di piccole torce elettriche, mediante le quali constatare che dentro non c’è niente, ma proprio niente, ossia l’assenza, il vacuum. Questa situazione può inoltre prevedere, in relazione ad opere di maggiore presenza espressiva, una suggestiva variante: la tradizionale secchiata d’acqua (pulita, ovviamente ma talvolta…) tirata contro il visitatore da un inserviente, o fatta cadere da un trabocchetto alla maniera dei vecchi “luna park” ( questo per coniugare alla freschezza ed originalità dell’avanguardia, il recupero dei valori della cultura popolare). La bestemmia che di norma viene pronunciata è intesa come segno di gradimento, espressione di approvazione. Vi è un aspetto peculiare che riguarda opere di questa nuova frontiera dell’arte: il collezionista interessato all’acquisizione dell’elaborato deve farselo fare a casa propria. In tal caso l’artista si recherà presso il luogo destinato all’installazione, dove, assistito dal “cuoco dell’aria”, procederà alla messa in opera e dove periodicamente (diciamo una volta al mese) tornerà per rinnovare la tensione artistica ed assicurarsi che il luogo non sia stato adibito, da incauti ed ignari famigli, a magazzino od altro. Ma anche questo estremo, raffinato linguaggio ha i suoi detrattori e suscita le critiche dei più severi e rigorosi censori. Costoro sentenziano che anche l’aria fritta possiede una sostanza. In particolare modo quella bollita (o bollente) può evocare allucinazioni e miraggi (le ben note “fate morgane” della calura estiva), elementi che sono pur sempre la visione di qualcosa e quindi rientrano nel tradizionalismo nell’accademismo e pertanto, derogando dal dogma, sono da aborrire. Perciò dettano una via più intransigente: il vuoto pneumatico o atmosferico. I visitatori potranno ivi accedere muniti di scafandro spaziale e tuta pressurizzata; galleggeranno nel nulla assoluto, beandosi dell’ineffabile preziosa sensazione della totale inerzia… STEFANO NARDI
ARTICOLO CRITICO-SARCASTICO: IL FIDEISMO ASTRALE
Dove va l'arte contemporanea? Dov'è andata? Dov'è? Molti se lo chiedono, noi crediamo di conoscere le risposte. Da tempo, in effetti, l'arte ha assunto aspetti strani, connotati spuri, ambigui, difformi. Taluni, osservando le vigorose degenerazioni che infestano questo settore, credono di constatare il declino e la decadenza dell'estetica, oggetto di indecente e gaglioffa aggressione che mira a liquidarne i valori, inficiarne l'essenza; a vanificare il concetto di bellezza. Tuttavia la situazione è ben diversa: si sta verificando un processo in gran parte indotto da propositi scientifico-messianici; siamo al cospetto di un fenomeno epocale: la trasformazione e/o sfigurazione e/o evaporazione dell'arte; una vera e propria rivoluzione. Come è noto, vi sono vari e numerosi tipi di arte: l'Arte Marziale; l'Arte di Arrangiarsi (dall'omonimo film di Zampa); l'Arte Povera (o dei detriti e cianfrusaglie); l'Arte Ricca (o degli ori, argenti, incensi e mirre); l'Arte di amare (Ars Amandi); la Pop Art (o arte popolare) e la Noble Art (o arte nobile) che codifica le regole per spaccare il muso alle persone a suon di cazzotti; l'Arte Minimalista e la corrispettiva Arte Massimalista; l'Arte Bianca (che tratta sfarinati, etc.) e l'Arte Nera (che tratta liquirizia, bitumi, etc.); l'Art Brut e l'Art Bell (ossia delle campane); l'Arte Circense e quella Cistercense; l'Arte della Commedia e la Commedia dell'Arte; inoltre tutti i tipi di Arti & Mestieri; e poi l'Artemisia; l'Artemide; l'Artura; l'Artea (variante di Altea): eccetera. Orbene, tutte queste arti vengono saldate e fuse in un coacervo-crogiolo dove avviene una potentissima reazione sinergica, suscitando una implosione che dà origine al "buco nero", entità di sostanza inesistente, ma di elevatissimo potere. Come sanno gli astrofisici, il buco nero c'è ma non si vede, non è misurabile né avvertibile né constatabile ed ecco quindi il prodigio fideistico-siderale: l'arte c'è ma è come non ci sia; non c'è ma è come ci sia; è in nessun luogo e dappertutto; è come un fluido che tutto avvolge e circonda; una specie di brodo di coltura (ma sarebbe più corretto dire brodaglia) in cui navigano i "maîtres a penser" di stagnola, materiale brillante come l'argento ma non altrettanto pregiato e di notevole sottigliezza, (nel senso dello spessore) e soprattutto duttile. Questa Entità, invisibile, trascendente ed incombente, quasi un afflato messianico, si configura come una sorta di religione, con severi dogmi. I seguaci di questa dottrina credono, guardando all'azzurro spazio, di potere percepirne i valori (che, ripetiamo, sono dappertutto, in cielo, in terra ed in ogni luogo) e così, come il calviniano Gurdulù che, allucinato e bramoso, esclamava "tutto è zuppa!" e andava tirando gran cucchiaiate all'aria, brancicano e tentano di afferrare manciate di etere e di arte. Ma la manovra è vana: solo i Gransacerdoti hanno la facoltà di contattare il Mostro (nel senso del prodigio) e di intercettarne ed interpretarne i vaticini ed i responsi e l'Idolo parlando per loro bocca, sentenzia e stabilisce che cosa si deve acquistare, cosa mettere al muro, (nel senso di appendere alla parete), cosa imporre ai musei e cosa, invece, negligere ed ignorare. (Va da sè che la Divinità sceglie sempre "opere" a sua immagine e somiglianza). Ma, obietterà qualche borghese conformista, dov'è il valore, il senso, il vantaggio di tutto ciò? Ebbene, vi sono degli indiscutibili vantaggi: l'opera tradizionale deve essere protetta contro gli agenti atmosferici e climatici; può subire danni, essere rubata e inoltre può innervosire, porre delle questioni e/o turbamenti, insomma dare fastidio. Vogliamo mettere, invece, la splendida, rassicurante, neutrale vacua virtù di una carriolata di calcinacci (chi ha visto alcune recenti rassegne di arte contemporanea sa che non parliamo per metafore) o di un televisore spento (e guasto), o di un tubo al neon acceso (magari ad intermittenza), o di caterve di carabattole di varia natura, o di un rumore assordante, o di una emissione di vapore untuoso? E vogliamo mettere, altresì, la soddisfazione di considerare con sdegnosa o condiscendente aria di superiorità il commento dello sprovveduto visitatore alla vista di tanta espressione? Esiste, è pur vero, il rischio che l'incauto spettatore venga colto da un attacco di "sindrome di Stendhal" alla rovescia, ossia da un accesso di scompisciante ilarità, ma i più si adeguano ed assumono la tipica espressione scettico-disgustata che denota l'apprendimento e la comprensione della importante teoria e l'intento di recedere dalle avventate opinioni di biasimo e riprovazione ed il proposito di abbandonare le anacronistiche ed obsolete ideologie sulla bellezza, l'estetica, l'edonismo, la valenza aristocratica dell'Arte e della Cultura... Stefano Nardi (Castiglione delle Stiviere)