MATERNITÀ (2020) Dipinto di Gabriele Donelli.
Breve introduzione
Il mio impulso a scrivere viene prettamente dettato dal desiderio di mostrarvi due realtà parallele dell’arte, attraverso le quali si sono ormai sovrapposte due visioni della maternità per eccellenza, in ogni caso esplicitate mediante l’iconica immagine di una madre colta in compagnia del suo tenero bambino. Infatti, se da tempo le raffigurazioni di quest’ultimo intimo legame rappresentano una miscellanea di scene quotidiane, accompagnate all’unisono da una più rigorosa iconografia religiosa, è importante mettere in luce come in un ormai lontano passato, e più precisamente durante il periodo medievale e rinascimentale, la narrazione figurativa occidentale a riguardo della maternità assumesse esclusivamente le sembianze della sacra Madonna col Bambino, inequivocabile e univoca illustrazione dei concetti di creazione, di purezza e di amore per il figlio, ma anche dello stesso legame col divino, in quanto la Vergine ha accettato incondizionatamente il suo destino di madre impostogli dall’alto dei cieli. La coesistenza del sacro e del profano, a riguardo della suddetta tematica, si è imposta soltanto progressivamente, sicuramente grazie all’impulso di artisti del calibro di Caravaggio, che, durante il Seicento, rappresentò la maternità divina come un evento più umano e terreno. Nonostante questo “esordio” il successo della “Madonne profane” si concretizza soltanto tra fine Ottocento e Novecento, epoca in cui la raffigurazione dei comuni mortali si associa ad una nuova visione della maternità, talvolta atta a mettere in luce anche aspetti di dolore e di sofferenza, ben riassunti dal racconto espressionista e dalla rappresentazione dell’inconscio di autori come Egon Schiele.
MATERNITÀ 9 (2023) Dipinto di Madeline Berger (MadB).
Sacro e profano: il confronto
Siamo giunti al tentativo di associare alcune tra le più note Madonne col Bambino della storia dell’arte con successivi capolavori profani, al fine di svelare inedite affinità, che, mediante la semplice associazione di luoghi, colori e gesti, ci portano a riconoscere aspetti ricorrenti della maternità, legame da intendersi come una vera e propria estensione della vita della donna, continuata in quella di un nuovo essere, che deve essere sapientemente forgiato con adeguate cure e attenzioni, le quali ci portano a ringraziare le nostre generatrici con la seguente liberatoria affermazione: viva le mamme! Di conseguenza, pensando di dedicare questo racconto alla mia, facendola emozionare come alla prima di un saggio infantile in tutù, parto da Giotto, iconico artefice de la Natività di Gesù (1303-05), affresco in cui, nonostante i molteplici punti d’interesse, la Madonna resta completamente assorta a guardare suo figlio, azione che trova collocazione all’interno di un paesaggio roccioso, dove si impone la presenza di una stalla lignea, nei pressi della quale appaiono anche un’inserviente, il bue e l’asinello, nonché Giuseppe dormiente, i pastori e il loro gregge e cinque angeli: quattro intenti a rivolgere gesti di preghiera al fanciullo appena nato, mentre il quinto si impegna a istruire i sovra menzionati pastori sull’evento miracoloso. Proprio la capanna di Giotto ci porta al luogo analogo in cui Giovanni Segantini ha ambientato il dipinto Le due madri (1889), opera in cui non è solo presente una maternità profana, ma anche un esempio animale del genere. Infatti, all’interno di una stalla illuminata da una lampada ad olio, ci appare una doppia visione della suddetta affettività: una giovane madre, seduta su di uno sgabello da mungitura e vestita semplicemente, è colta nel sonno intanto che custodisce amorevolmente il suo bambino tra le braccia, mentre, sulla sinistra del supporto, una vacca, catturata nel momento in cui si ciba da una mangiatoia, accosta il suo corpo a quello del suo piccolo, vitello colto a riposare tranquillamente quasi mimetizzandosi tra la paglia. Dalle affinità di luogo si passa adesso a quelle cromatiche, partendo con l’oro di Cimabue per giungere sino al “vicino” giallo di Vincent van Gogh, ovvero analizzando la Madonna di Santa Trinita (1260-80) e la Madame Roulin and Her Baby (1888).
Giotto, Natività di Gesù , c. 1303-1305. Affresco, 200×185 cm. Padova: Cappella degli Scrovegni.
Vincent Van Gogh, Madame Roulin e il suo bambino , 1888. Olio su tela, 63,5 cm × 20,3 cm. New York: Metropolitan Museum of Art.
A proposito del primo capolavoro “brillante”, la tempera su tavola del maestro fiorentino immortala una Vergine collocata al centro della Pala, figura che è seduta su di un imponente trono architettonico, dal quale si mostra intenta a portare in braccio Gesù, Bambino che è circondato, insieme alla madre, da quattro angeli a destra e quattro a sinistra, mentre in basso prendono forma le figure dei quattro profeti realizzate a mezzo busto. L’importanza di questo capolavoro risiede nel fatto ch’esso rappresenta un chiaro esempio di pittura matura del maestro toscano, realizzata mediante stilemi capaci di innovare la precedente tradizione bizantina, atti a conferire alla figura umana un aspetto più naturale e meno stereotipato. Per quanto riguarda Van Gogh, invece, la sua opera brillante rappresenta un’indagine figurativa “a parte”, in quanto la sua visione del mondo, e di conseguenza della specie umana, è stata liberamente strutturata rispetto alla tradizione, perché il tormentato artista olandese seguì esclusivamente i moti del suo animo, che, in questo caso, portarono alla creazione del vigoroso ritratto di Augustine e di sua figlia neonata Marcelle, ovvero una delle numerose opere che il maestro dedicò alla famiglia Roulin, realizzate circa sei mesi dopo il trasferimento dell'artista da Parigi ad Arles. In conclusione, il legame tra presente e passato ricorre nei gesti, in particolare quello dell’allattamento, colto sia da la Madonna del latte (1324-25) di Ambrogio Lorenzetti, che dalla Maternità (1885) profana di Auguste Renoir. Il primo capolavoro è considerato essere ai vertici di una tendenza trecentesca, volta a rappresentare l’iconografia della Madonna del latte in maniera meno stilizzata e più realistica, che, in questo caso particolare, si verifica perdendo la frontalità tipica delle icone bizantine, per rivolgere amorevolmente la Vergine verso il piccolo Gesù. La stessa dolcezza d’intenti, probabilmente, è stata perseguita dal sopra menzionato maestro francese, il quale, nel dipinto del 1885, coglie l’occasione di immortalare un soggetto, che, protagonista di una serie di opere, è volto a raffigurare la sua futura sposa Aline mentre allatta il piccolo Pierre. Infine, proprio come nel passato, il soggetto della maternità continua ad essere molto in auge anche nell’arte contemporanea, fatto dimostrabile mediante l’analisi di alcune opere degli artisti di Artmajeur, quali, ad esempio, Donna che porta la vita di Corbello, Madre di Jayr Peny e Donna e l’uccello di Anne Christine Fernand Laurent.
DONNA CHE PORTA LA VITA (2021)Scultura di Corbello.
Corbello: Donna che porta la vita
Il titolo della scura scultura di Corbello afferma con estrema chiarezza, e quindi senza lasciare alcun minimo dubbio nello spettatore, il compito del corpo gravido della protagonista, culla volta a contenere, proteggere e nutrire, nonché successivamente dare alla luce, una nuova vita. In modo analogo è però avvenuto il “parto” dello scultore di Artmajeur, che, dopo aver concepito idealmente la suddetta opera ed averla alimentata con i suoi pensieri, ha preso in mano gli utensili per darle vita e forma concreta nel mondo reale. Un’affine azione è stata compiuta da Pablo Picasso, il quale è stato similmente autore di un’immagine di vita per eccellenza, che, realizzata mediante il mezzo eternamente generatore dell’arte, si è concretizzata nella scultura titolata Pregnant Woman (1950), opera in gesso, legno e ceramica conservata presso il Moma (New York), in cui sono bel visibili i vasi che compongono i seni e l’utero dilatato dell’effigiata, probabilmente realizzati per esprimere una sorte di esaudimento del desiderio dell’artista di avere un terzo figlio. Di fatto, pare che all’epoca la compagna di Picasso, Françoise Gilot, con la quale egli visse tra il 1946 e il 1953, si rifiutasse di avere con lui un altro bambino, tanto che il celebre artista provò a convincerla realizzando proprio la suddetta scultura, che diventando a tutti gli effetti una sorta di totem della fertilità, purtroppo fallì nei suoi persuasivi propositi. Infine, per quanto concerne l’arte contemporanea, degna di nota è la scultura Pregnant woman (2002) di Ron Mueck, opera iperrealista realizzata in fibra di vetro, silicone e capelli umani, che ha preso forma dall’attento studio di una modella, di libri, di fotografie e di disegni a tema, “ricomposti” al fine di raggiungere la più perfetta modalità di esecuzione.
"MADRE" (2022) Dipinto di Jayr Peny.
Jayr Peny : Madre
Seguendo gli esempi tratti dalla più classica tradizione figurativa, la Madre di Peny potrebbe aver tratto ispirazione da capolavori di simile composizione, quali, ad esempio, la Madonna col Bambino (1320 circa) di Maestro di San Torpè, la Madonna con Bambino (1485 circa) di Lorenzo Di Credi, la Madonna col Bambino (1445-50 circa) di Beato Angelico, etc. Ma cosa succederebbe se abbandonassimo i pilastri dell’arte occidentale, cercando i modelli di Madre nella produzione creativa dell’oriente? Sicuramente ci imbatteremo nell’operato di Kitagawa Utamaro, pittore e disegnatore giapponese, considerato uno dei maggiori artisti dell'ukiyo-e, ovvero di quella tipica stampa a blocchi di legno, mediante la quale egli dette vita a Midnight: Mother and Sleepy Child (1790), capolavoro che, raffigurante l’armonioso amore di una madre per il figlio, fa parte della nota serie intitolata “Fuzoku Bijin Tokei”, letteralmente: Usanze quotidiane delle donne. In tale contesto creativo proprio Midnight: Mother and Sleepy Child, concepito al fine di illustrare l’ora della mezzanotte, ha voluto raffigurare una madre che esce assonnata dalla zanzariera per occuparsi del figlio, che, estremamente assonato, si strofina gli occhi. La natura personale e quotidiana di tale soggetto ci dà la misura del nuovo interesse che emerse per l'individuo durante il periodo Edo, epoca in cui Utamaro mostrò tutta la sua dedizione verso gli studi di donne, ma anche per le più tenere immagini di madri e figli colti nella routine quotidiana.
DONNA CON UCCELLO (2021) Dipinto di Anne Christine Fernand Laurent.
Anne Christine Fernand Laurent: Donna con un uccello
Perché inserire il dipinto di Laurent nella tematica volta a includere le madri? La risposta la troviamo nelle più moderne affermazioni del femminismo, secondo le quali non tutte le donne debbono necessariamente essere associate alla maternità e, se questo si voglia, le forme di quest’ultima si sono ormai talmente allargate, che si trova talvolta legittimo riconoscere negli animali da compagnia, una sorta di continuazione del proprio essere. Non esprimendo giudizi di nessun tipo sulle scelte personali, ma trovandomi semplicemente in accordo nel celebrare la moltitudine delle forme di felicità umana, dedico questa parte finale del mio racconto a tutte le donne che, per qualsiasi motivo, hanno deciso di non essere madri, ma di costudire, nelle loro morbide braccia, la più vasta gamma di espressioni dell’amore, che, in questo caso, ho voluto associare alla forma di vita animale presa in prestito dall’opera dell’artista di Artmajeur, apparente omaggio ai capolavori de La Dama con l'ermellino (1488- 1490) di Leonardo da Vinci e la Dama con liocorno (1505-6) di Raffaello. A proposito di quest’ultimo dipinto, La Dama con liocorno è ritratta al centro del dipinto, parte del supporto in cui ella assume una posizione di tre quarti, che, orientata a sinistra, le fa rivolgere lo sguardo verso destra. Oltre al suo viso, giovanile e regolare, i suoi lunghi capelli biondi, raccolti da un’acconciatura, scendono dietro la schiena poggiando su di un abito che presenta un ampio decolleté, sul quale si nota una collana preziosa, decorata con un grande rubino quadrato e una perla bianca. Proprio su questo elegante vestiario si è accucciato un piccolo unicorno, che, come un peloso bambino, viene protetto, cullato e custodito dalla donna, i cui occhi paiono esclamare che ella è pronta a tutto pur di difenderlo.