Il mistero dello Shan-shui...
Il panda è una specie di orso endemico della Cina, generalmente abitante delle catene montuose disposte nella parte centrale del paese, ovvero nella zona che coincide con la provincia dello Sichuan. Questo gigante gentile è sempre stato adorato dal popolo cinese, che lo ha spesso riconosciuto come simbolo di pace, da usare sia come dono, che in qualità di strumento per cacciare gli spiriti maligni. All’interno dell’arte cinese, invece, dobbiamo obbligatoriamente riferirci allo Shan-shui, genere pittorico paesaggistico, in cui il panda ha solo successivamente trovato il suo habitat. Di fatto, fino al XX secolo questa tradizione figurativa, in cui erano spesso presenti montagne e bambù, non includeva le figure del mammifero. Ma per quale motivo? Cerchiamo progressivamente di scoprirlo, presentando un racconto che va dal V secolo fino ai giorni nostri, illustrando l’operato di maestri cinesi, che saranno anche accompagnati da tre opere a tema realizzate dagli artisti di Artmajeur. Partiamo adesso dal chiarire che cosa si intende per Shan-shui!
PANDA #1 (2023)Arti digitali di Khélène
入空(MEDITATION PANDA) (2023)Scultura di Zhao Yongchang
Shan-shui
Caratteristiche: pittura cinese paesaggistica, resa mediante l’uso di pennello, inchiostro e colori convenzionali, pronti a catturare principalmente montagne, fiumi e cascate.
Datazione e storia: la pittura Shan-shui risale al V secolo, ovvero quando gli artisti solevano immortalare le montagne, in qualità di tempi sacri della Cina, poiché riconosciute come le case degli immortali, sapientemente disposte vicino al cielo. Inoltre, tale interesse per la natura trova le sue origini anche nelle connotazioni mistiche del taoismo, secondo cui è bene celebrare il creato, valorizzando la sua vastità rispetto alla piccolezza dell’uomo. Si somma a quanto detto fin ora l’interesse neofuciano per i principi che governano i fenomeni naturali, responsabili della resa di composizioni, in cui spesso emerge un paesaggio fortemente strutturato e organizzato. Considerando quanto sopra, possiamo riassumere dicendo che gli artisti di shan shui non cercarono specificatamente di essere realisti, poiché furono maggiormente presi dal dar forma alla loro interpretazione filosofica della natura.
Esempio: la figura umana si presenta come piccolissima all’interno di un’opera, volta senza alcun dubbio a celebrare la vastità del creato, che, in questo caso chiaramente priva di animali, è stato realizzato in Poet on a Mountaintop, dipinto di Shen Zhou (1427-1509). Il capolavoro risalente alla Dinastia Ming mette chiaramente in risalto i principi del taoismo, rivelatori di un legame uomo-natura ch’è occasione di crescita intellettuale e spirituale dell’individuo, ormai necessariamente lontano dal contesto cittadino. Infine, l’artista, mediante alcuni versi celebrativi della natura presenti sul supporto, oltre che la presenza della sopra citata piccola figura, pare proiettarsi nell’opera, per presentarsi come un’estensione dello spettatore.
IL NOSTRO POP ART PANDA 45CM CO. N°4 (2022)Scultura di Harouna Andre Guillabert Gacko
Ecco che arrivano i panda!
Siamo giunti finalmente a colmare la grande, grossa e pelosa assenza in questione, poiché presenteremo alcune opere, principalmente paesaggi più o meno tradizionali della contemporaneità cinese, in cui il panda sarà adesso l’indiscusso protagonista! Ma, prima di giungere a quanto annunciato, vorrei cercare di ipotizzare perché, il suddetto animale, sia stato per così lungo tempo escluso dalla narrazione artistica (dal V secolo fino all'avvento del XX secolo!). Ci sono due opzioni: una semplice, l’altra più complessa. La prima: si potrebbe pensare che, a differenza della cultura del occidentale XX secolo, il panda non fosse anticamente ritenuto così interessante dai cinesi. La seconda: è probabile che in cina fosse inizialmente più diffuso il panda bianco e marrone, variante decisamente meno vistosa, oltre che alquanto confidibile con le fattezze di un più semplice orso. Anche se queste ipotesi non sono né esaustive né certe, è un dato di fatto la popolarità oggi raggiunta dall’animale all’interno delle arti figurative, sia asiatiche, che occidentali. In questo senso posso fare riferimento al lavoro dei cinesi Xie Ganghua, Zhang Qikai, Wang Shenyong, Wu Changjiang e Mi jinming. Il primo è conosciuto per dar vita a realistici panda, principalmente dipinti ad olio in bianco e blu su ceramica, mentre il secondo tratta lo stesso argomento facendo riferimento agli stilemi del Surrealismo, ovvero raffigurando i panda in scene fantastiche, dove sono sempre pronti a vivere differenti avventure. A proposito di Wang Shenyong, invece, egli fa rivivere lo Shan-shui inserendovi dei dettagliatissimi panda, distinguendosi nettamente da Wu Changjiang, artista che genere paesaggi dagli stilemi maggiormente occidentali. Infine, il panda è stato anche interpretato da Mi Jinming, il cui peculiare punto di vista ha concretizzato l’incontro tra tradizione cinese ed espressionismo europeo, all’interno di paesaggi mutevoli, pronti a variare dalla montagna al mare... Adesso tocca agli artisti di Artmajeur!
PITTURA PANDA (2023)Dipinto di Vincent Bardou
Vincent Bardou: dipinto del panda
Un soggetto in bianco e nero ormai ricorrente (il panda), insieme ad un altro, ancora una volta in bianco e nero, che è a dir poco iconico (l’uomo in divisa)! Di fatto, i poliziotti sono stati immortalati da grandi maestri della Street art, mi riferisco alle molteplici interpretazioni del soggetto, sia ad opera di Basquiat, che di Banksy. Per quanto riguarda l’artista britannico, egli pare particolarmente ossessionato dalla tematica in questione, in quanto le sue opere, per la maggior parte illegali, devono concretamente sfuggire alle sanzioni delle forze dell’ordine. Di fatto, si narra che solamente all’età di 18 anni, per essere più rapido nell’esecuzione dei suoi graffiti, evitando di essere preso dalla polizia, iniziò a prediligere la più rapida tecnica dello stencil. A proposito del panda in divisa di Bardou, se volessimo trovare un parallelo con le interpretazioni di Banksy, dovremmo cercare opere meno, almeno in apparenza, dure e critiche nei riguardi delle forse dell’ordine, come, ad esempio, le più pacate Flying Copper e Battle of the Beanfield, capolavori in cui la polizia, perdendo credibilità, pare essere anche meno pericolosa.
PANDA (2022)Arti digitali di Beiza Wieland
Beiza Wieland: panda
L’arte digitale ha riprodotto un panda, che si staglia su di una simulata superficie di vetro, pronta a rievocare un must della storia dell’arte: le vetrate! Con quest’ultimo termine si intende un insieme di tessere di vetro colorate, che sono montate su di una intelaiatura di legno o di metallo, concepita in qualità di elemento decorativo per finestre o grandi aperture. A proposito delle origine delle vetrate, esse esistono sin dall’epoca romana, periodo durante in quale, con la scoperta della soffiatura a stampo e il crollo del prezzo del vetro, si diffuse il costume di decorare gli edifici con vetri colorati. Quanto descritto rimase in uso in epoca romanica, anche se raggiunse il suo apice nell’architettura gotica, mentre nel periodo barocco l’interesse per la vetrata diminuì. Per una ripresa d’interesse sul genere si dovrà aspettare l’Art Nouveau, momento in cui le vetrate vissero un grande rilancio, sviluppando, ancora una volta, nuove tecniche di lavorazione e di resa del vetro. A proposito di Wieland, artista di Artmajeur che ha unito “vetrate” e arte digitale, ella genera la sua opera figurativa principalmente seguendo i moti del cuore, pronti a dare voce alla bellezza del mondo che ci circonda, sintetizzandola in immagini colme di sensibilità. Tutto questo processo creativo possiamo immaginarlo così: Wieland realizza la sua arte digitale mentre ascolta la musica classica, suoni che elevano il suo spirito, facendolo volteggiare come una piuma.
PANDA NELLA FORESTA DI BAMBÙ (2023) Disegno di Péchane
Péchane: panda nella foresta di bambù
La tradizione torna a parlare grazie all’arte di Péchane, in quanto egli dice di esprimersi mediante una tecnica presa in prestito dal più antico figurativismo, questa volta giapponese, noto per realizzare poche linee, tramite l’uso dell’inchiostro scuro su carta. Quest’ultimo procedimento prende il nome di sumi-e, modalità d’esecuzione alquanto complessa, perchè deve rispondere a determinate caratteristiche, tra le quali, ad esempio, la sobrietà e la spontaneità. Tale pratica, priva di ogni tratto preparatorio, venne introdotta in Giappone dai monaci Zen, al fine di esprimere in forma ridotta, pura e spoglia le fattezze del reale. Di fatto, sono banditi i ritocchi e le decorazioni, che potrebbero offuscarne l’autenticità dell’arte, privando il fruitore del vero sapore della natura. Inoltre, se nella filosofia Zen bastano poche parole durante la meditazione, qui, allo stesso modo, diventano sufficienti pochi tratti d’inchiostro nero, per cogliere l’unica verità dell’essenza. Infine, è bene evidenziare come la pratica del sumi-e coinvolga tutto il corpo del pittore, in quanto i medesimi soggetti vengono ripetuti per coordinare corpo e spirito, cosa che all’inizio non è affatto spontanea. L’acquisizione della padronanza tecnica è possibile con la costanza, ma è necessario procedere con pazienza e senza aspirare al bello, poiché lo spirito deve essere libero da ogni desiderio di successo e ambizione, svincolandosi dalle ossessioni della perfezione.