Angela Suto, Enigma, 2021. Olio su legno, 70 x 103 cm.
Breve storia dei grattacieli
I primi grattacieli, ovvero quella tipologia di edifici a “torre” in cui è preponderante lo sviluppo verticale e il notevole numero di piani, sono sorti tra il 1884 e il 1939, principalmente nelle città americane di New York e Chicago. Infatti, la prima architettura del genere è considerata essere l'Home Insurance Building, che, demolito nel 1931, era situato nel capoluogo della contea di Cook (Illinois). Tale edificio, che era alto solo dieci piani, rappresentò l’inizio di una ricerca costruttiva volta ad avvicinarsi sempre di più al cielo, tramite una serie di innovazioni architettoniche e ingegneristiche, tra cui spicca sicuramente l'invenzione del primo processo di produzione di massa dell'acciaio. Il sogno americano di raggiungere le nuvole si colloca in un momento storico ricco di peculiarità, infatti, i primi grattacieli sorsero come risultato di molteplici fattori, quali: la crescita economica successiva alla Guerra Civile, l'organizzazione finanziaria delle imprese americane e la carenza di terreni edificabili. Da un punto di vista pratico e tecnologico, la costruzione dei grattacieli fu resa possibili da due innovazioni del XIX secolo: l'ascensore e gli edifici con intelaiatura in ferro, metallo che consentiva di realizzare, in altezza, pareti di spessore normale appese alla costruzione o appoggiate su di essa. Tali caratteristiche, successivamente innovate ed implementate, hanno permesso di realizzare alcuni degli edifici più alti ed iconici della terra, quali, ad esempio: il MetLife Building (246 m), il Woolworth Building (241 m), la Bank of Manhattan Trump Building (283 m), il Chrysler Building (319 m), l’Empire State Building (381 m), il One World Trade Center (541 m), la Sears Tower (442 m), la Petronas Towers (452 m), il Taipei 101 (508 m) e il Burj Khalifa (828 m), ovvero l’edificio più alto esistente al mondo.
Valérie Le Meur, Crazy New-York, 2019. Acrilico su tela, 92 x 73 cm.
Agus-vaquero, Skyline in New York, 2020. Acrilico su tela, 39 x 100 cm.
I grattacieli visti nell'arte
I grattacieli hanno totalmente stravolto, con la loro altezza e imponenza, i profili ed i cieli delle nostre città, offrendoci, dall’alto delle loro strutture, nuove e particolari prospettive sul mondo. Proprio queste peculiarità hanno ispirato e affascinato gli artisti del Novecento, che hanno immortalato i suddetti edifici in famosi dipinti e fotografie, come Empire (1965) di Andy Warhol, Flatiron (1904) di Edward J Steichen, New York (1911) di George Bellows, The Radiator Building (1927) di Georgia O'Keeffe, The City of Ambition (1910) di Alfred Stieglitz e The Woolworth Building as a Readymade (1916) di Marcel Duchamp.
Edward J Steichen, Flatiron, 1904. Gomma bicromatata su stampa al platino , 47.8 × 38.4 cm. New York: MET.
George Bellows, New York, 1911. Olio su tela, 106.7 x 152.4 cm. Washington: National Gallery of Art.
A proposito di Andy Warhol, è bene mettere in luce come, nonostante l’artista americano sia più noto alle masse per la sua opera grafica e pittorica, egli fu anche sceneggiatore, produttore cinematografico, produttore televisivo e regista. Infatti, Empire è un film muto, che, realizzato in bianco e nero, consiste in una semplice e monotona ripresa fissa sull’Empire State Building di New York, proprio come in una sorta di celebrazione dell’iconico grattacielo americano. In aggiunta, tale ripresa statica e poco tradizionale, unita alla mancanza di personaggi, evidenzia l’unico l'obiettivo estetico dell'opera: esplorare il semplice scorrere del tempo attraverso la mera osservazione di un capolavoro di architettura novecentesca. Infine, è bene notare come, le caratteristiche di questo film non esulano totalmente dalla produzione grafica di Warhol, anch’essa contraddistinta da immagini ripetute. Per quanto riguarda invece New York di George Bellows, tale dipinto rappresenta un’opera molto ambiziosa, poiché avente la finalità di immortalare tutta l’essenza della vita newyorkese. Infatti, l’artista non ha voluto rappresentare un luogo specifico, ma la fusione di diversi quartieri commerciali, al fine di costruire un’immagine rappresentativa del ritmo frenetico della città. Proprio le peculiarità di tale realismo, hanno rappresentato una grande innovazione all’interno delle tradizionali vedute urbane d’America, superando l’indagine artistica di altri maestri del genere, quali, ad esempio, quali Robert Henri e John Sloan.
Patrice Larue, L'Empire. Olio su tela, 116 x 89 cm.
Thomas Harutunyan, Empire state building, 2011. Olio su tela, 65 x 45 cm.
I grattacieli nelle opere degli artisti di Artmajeur
I grattacieli continuano ad essere fonte d’ispirazione anche per l’arte contemporanea, come ci dimostra la produzione degli artisti di Artmajeur, che con realismo, ma anche ironia, estro, originalità ed innovazione ha immortalato alcuni dei più famosi edifici del mondo. Esempio di quanto detto è l’operato di Tony Rubino, Raymond Agostini e Valérie Voinchet, i quali, attraverso tecniche, stili e punti di vista differenti, hanno rappresentato capolavori architettonici sospesi tra Novecento e anni Duemila.
Tony Rubino, New York Empire state building banana, 2021. Acrilico / litografia su tela, 40,6 x 30,5 cm.
Tony Rubino: New York Empire state building banana
L’Empire State Building rappresenta il simbolo di New York, infatti, questo grattacielo, esempio di design modernista Art Déco, si trova a Midtown Manhattan, sulla Fifth Avenue all'altezza della 34a strada. Tale struttura in acciaio di 102 piani, risalente al 1931, ha rappresentato l’edificio più alto del mondo per circa quarant’anni, ovvero dalla data della sua costruzione sino al 1970, quando venne superato dalla torre nord del World Trade Center. Nonostante ciò, la popolarità dell’Empire State Building è rimasta immutata, poiché alimentata anche da molteplici capolavori cinematografici, quali: Love Affair (1939), An Affair to Remember (1957), Insonnia d'amore (1993) e l’iconico King Kong (1933). Proprio quest’ultima pellicola ha probabilmente ispirato l’irriverente dipinto a tecnica mista di Tony Rubino, dove, del gorilla, è rimasta solamente la banana, che, aprendosi, mostra tutta la maestosità, l’eleganza e il peso culturale del grattacielo americano. Pertanto, l’opera dell’artista di Artmajeur rappresenta un’innovativa unione di “sacro” e “profano”, in cui si incontrano la grande tradizione architettonica e, probabilmente, cinematografica, con una più popolare tipologia di umorismo.
Raymond Agostini, Yellow cab, 2018. Acrilico su tela, 100 x 50 cm.
Raymond Agostini: Yellow cab
Il dipinto realista di Raymond Agostini pare una tipica ripresa da film americano contemporaneo, che, ambientata a New York, immortala accuratamente, e più precisamente dal basso verso l’alto, due iconici soggetti della città: il tipico taxi giallo e il famosissimo Chrysler Building. Quest’ultimo grattacielo, datato 1928, ottenne il titolo di edificio più alto soltanto per 11 mesi, ovvero poco prima di essere superato dall’Empire State Building. Nonostante tale sconfitta, resta innegabile l’unicità e la bellezza del design di questo grattacielo in stile Art Déco, considerato da molti architetti contemporanei uno degli edifici più belli del mondo. Infatti, nel 2005 lo Skyscraper Museum di New York chiese a cento architetti, costruttori, critici, ingegneri e storici di scegliere le loro dieci torri preferite della Grande Mela: il Chrysler Building si piazzò al primo posto. In questo contesto, il realistico e dettagliato dipinto di Agostini rende alla perfezione l’eleganza e la finezza di esecuzione del grattacielo, che è raffigurato in un ambiente notturno, rischiarato dalle sue stesse finestre illuminate.
Valérie Voinchet, The towers’ players – Burj Khalifa, 2010. Acrilico / olio su tela di lino, 100 x 100 cm.
Valérie Voinchet: The towers’ players – Burj Khalifa
La fantasia, unita alla voglia di esprimere il proprio punto di vista sul mondo, è uno strumento fondamentale per rendere un’opera d’arte unica ed innovativa. Quanto detto è ben esemplificato dal dipinto di Valérie Voinchet, in cui il Burj Khalifa (828 m), ovvero l’edificio più alto esistente al mondo, è stato trasformato in un gioco da tavolo. Tale opera, come ci spiega l’artista stesso, si fa veicolo di molteplici allusioni, concetti, fatti e punti di vista sul mondo contemporaneo. Infatti, i due protagonisti seduti al tavolo alludono a due atteggiamenti legati alla creazione artistica: l’uomo afflitto, che riprende The Chess Players (1911) di Duchamp, rappresenta una sorta di segno premonitore sul triste futuro mercantile dell’arte, mentre il personaggio di fronte, indicato da Voinchet come il ritratto di Damien Hirst, simboleggia gli interrogativi a riguardo della consacrazione dell’estro contemporaneo. La riproduzione della torre di Burj Khalifa, invece, rimanda al crack finanziario del 2008, il quale ha idealmente decretato la fine di un'ideologia economica che è stata in auge per più di due secoli. A proposito del bambino, egli, deluso dai suoi miseri risparmi, incarna le eccessive spese messe in atto per la realizzazione del Burj Khalifa e, allo stesso tempo, l'apprensione degli uomini del XXI secolo di fronte all'importanza del denaro. In conclusione, i concetti espressi dall’attuale e rivelatrice opera di Voinchet propongono una sincera riflessione sull'eterna smodatezza dell'uomo a cui, forse, l’arte critica può porre rimedio.