L’arte che ti trasforma in pietra: le raffigurazioni della Medusa

L’arte che ti trasforma in pietra: le raffigurazioni della Medusa

Olimpia Gaia Martinelli | 23 ott 2022 7 minuti di lettura 0 commenti
 

Da un punto di vista storico-artistico, le più antiche raffigurazioni della Medusa risalgono al VIII secolo a.C., quando, sui tetti dei templi greci ed etruschi, la sua figura mostruosa veniva usata come antefissa, al fine di controllare e proteggere gli edifici sacri...

Vincent Sabatier (VerSus), Serigrafia roboclusion Versace, 2019. Serigrafia su carta, 70 x 50 cm.

La Medusa: le peculiarità della Gorgone attribuite alla televisione

“La televisione è quella bestia insidiosa, quella Medusa in grado di paralizzare un miliardo di persone a occhi sbarrati ogni sera, quella sirena che canta, chiama e alletta, promettendo così tanto e concedendo, in definitiva, così poco”.

Le parole di Ray Bradbury, scrittore e sceneggiatore statunitense, rendono attuali le peculiarità del mito della Gorgone, associandole, in maniera alquanto inedita e fantasiosa, ai moderni e “demoniaci” poteri della televisione, strumento capace di pietrificare le masse in una contemplazione pericolosamente passiva. In passato, invece, la Medusa era un personaggio talmente radicato nella cultura popolare, che non c’era bisogno di adattarlo ai simboli di un determinato contesto storico, al fine di renderlo più attraente. Infatti, sono stati molti i capolavori della storia dell’arte che si sono “limitati” a riproporre fedelmente la storia della Gorgone, valorizzando semplicemente momenti sempre diversi del suo racconto. Al fine di introdurre al culto figurativo, che, nel corso dei secoli, ha interessato la suddetta, è bene illustrarne brevemente il mito, in modo tale da rendere la successiva analisi dei capolavori maggiormente accessibile, chiara e lineare. Secondo il racconto greco, Medusa, sorella delle Gorgoni Steno e Euriale, era inizialmente una bellissima ragazza, tanto da divenire oggetto delle attenzioni del dio olimpico del mare Poseidone, che la sedusse nel tempio di Atena. Proprio in questo contesto pare che, la Gorgone, oltre ad aver profanato il luogo sacro con l’amplesso, nascose il suo volto, probabilmente con intento di vanità, dietro un’egida della sovra menzionata dea. Di conseguenza, Atena decise di rispondere all’affronto, trasformando la bella capigliatura della ragazza in un groviglio di vipere velenose, volte a circondare un volto ormai mostruoso, il cui sguardo era capace di pietrificare ogni creatura vivente. Questa nuova versione di Medusa, costretta a vivere in solitudine in un antro cavernoso, terminerà la sua esistenza per mano di Perseo, eroe che riuscì a decapitarla.

Dmitriy Trubin, My beautiful Gorgon. Pittura, le dimensioni sono disponibili su richiesta.

Dags Vidulejs, Bible snake kiss Gorgona, 2020. Olio / lacca su tela di lino, 74 x 50 cm.

La Medusa: Rubens VS Canova

A proposito della storia dell’arte, un capolavoro che raffigura la medusa, proprio dopo essere stata decapitata, concentrandosi esclusivamente sulla testa privata del corpo, è il dipinto realizzato nel 1617 circa da Pieter Paul Rubens, intitolato la Testa di Medusa. In particolare, tale opera immortala il viso della donna colto in un’espressione, volta a sommare l’incredulità per la sconfitta alla sofferenza fisica, sentimenti che trovano collocazione in un contesto roccioso, dove i colori terrosi mettono in risalto il sangue vivo, da cui continuano a generarsi forme di vita striscianti. Questo contesto terrificante viene arricchito dall’accurata esecuzione dei capelli della donna, che, costituiti da serpi volti ad incastrarsi in modo irrequieto, creano intricati e inquietanti grovigli. Tale dettagliata e curata trattazione del soggetto è sicuramente favorita da un’inquadratura in primo piano della Medusa, che viene catturata da una prospettiva laterale con forma rettangolare e sviluppo orizzontale, capace di cogliere, sia la parte dedicata prettamente al volto, che quella finemente concentrata sul movimento dei rettili. Infine, è bene rendere noto come in questa specifica opera, la raffigurazione della Gorgone sia stata funzionale all’artista, al fine di promuovere il trionfo dalla ragione stoica sopra qualsiasi altro punto di vista. Un altro capolavoro che ci fornisce un ulteriore intepretazione narrativa, e di conseguenza figurativa,  del mito della Medusa è il Perseo trionfante, scultura del 1797 circa di Antonio Canova, volta a gettare l’attenzione sul gesto eroico del giovane, piuttosto che focalizzarsi esclusivamente sulla natura disumana della Gorgone. Infatti, Canova rappresentò il Perseo vincitore, che, fieramente nudo come i classici eroi greci, stringe per i capelli la testa della Medusa, al fine di esibirla come un prezioso trofeo, in un gesto in grado di sintetizzare l’evento di massimo pathos del mito. Infine, dettaglio degno di nota dell’opera è il fatto che l’eroe, nonostante non avrebbe dovuto guardare negli occhi la Gorgone, al fine di non essere trasformato in pietra, è stato invece immortalato mentre fissa intensamente quest’ultima, proprio come se Canova volesse farci intuire, che la scultura è proprio il frutto di un’effettiva pietrificazione.   

Art De Noé, Medusa, 2019. Inchiostro  su carta, 29.7 x 21 cm. Joe Baxxter, La Medusa, 2021. Pittura digitale, acrilico, pigmenti, vetro, resina, stampa digitale su alluminio, 90 x 90 cm.

La Medusa nella storia dell’arte: dall’antichità fino ad oggi

Da un punto di vista storico-artistico, le più antiche raffigurazioni della Medusa risalgono al VIII secolo a.C., quando, sui tetti dei templi greci ed etruschi, la sua figura mostruosa veniva usata come antefissa, al fine di controllare e proteggere gli edifici sacri. In aggiunta, la Gorgone apparve anche in altre manifestazioni artistiche dell’epoca, venendo di sovente dipinta su vasi di ceramica, che la ritraevano, sia come figura isolata, che in qualità di protagonista delle scene del mito. Successivamente, e più precisamente durante il periodo romano, il volto della Medusa si addolcì fortemente, tanto che lo spaventoso mostro iniziò ad assumere fattezze più femminili, nonostante la permanenza della tipica e spaventosa capigliatura di serpenti. Durante il Medioevo, invece, la popolarità della Gorgone, come del resto quella tutti gli altri miti, venne messa da parte, tornando con forza soltanto a partire dal Rinascimento in poi, proprio come dimostrano i capolavori di Benvenuto Cellini, Caravaggio, Gian Lorenzo Bernini, Arnold Böcklin, Fernand Khnopff e Gustav Klimt. Il fascino di Medusa continua a manifestarsi riccamente anche nella contemporaneità, tanto che a esempio di questo “trend” possono portare le opere degli artisti di Artmajeur, quali  Vincent Bardou, Frank Ford e Paul Stowe.

Vincent Bardou, Medusa, 2022. Acrilico / spray su tela, 150 x 150 cm.

Vincent Bardou: Medusa

La Medusa di Vincent Bardou pare una moderna rivisitazione dell’iconico logo della nota casa di moda italiana Versace, che, avente per soggetto la Gorgone, è stato ideato da Gianni nel 1993 con il presupposto di simboleggiare il legame della Maison con le origini calabresi dello stilista. Infatti, proprio a Reggio Calabria, terra d’origine di Versace, fu ritrovata una testa di marmo raffigurante la Medusa, che Gianni ebbe la fortuna di ammirare quando era ancora un bambino. In aggiunta, lo stilista, da sempre innamorato della mitologia greca, decise di usare il volto della Gorgona perseguendo l’intento di lanciare un chiaro messaggio: la moda Versace, come la Medusa, pietrifica, poiché, al pari di un’opera d’arte classica, incanta letteralmente chiunque la osservi! A proposito dello stile, la Gorgone di Bardou, proprio come quella di Gianni, è iscritta in una cornice circolare di tipici meandri greci, che conferiscono al mito fattezze affini alle antiche monete o alle effigi da scudo. A differenza dell’opera dell’artista di Artmajeur però, la Medusa di Versace è visibilmente d’ispirazione ellenistica, in quanto è noto come essa rappresenti un rifacimento della Medusa Rondanini, statua di marmo raffigurante la testa della Gorgone, oggi conservata   nella Gliptoteca di Monaco di Baviera  (Germania).

Frank Ford, Medusa, 2017. Modellazione 3D su alluminio, 39,4 x 33 cm.

Frank Ford: Medusa

La modellazione 3D su alluminio di Frank Ford dimostra come, nonostante il progredire delle tecnologie dell’arte, i soggetti indagati siano spesso gli stessi, soprattutto quando si tratta di personaggi iconici, quali la Medusa. Oltre al soggetto però, anche le sue modalità di raffigurazione risultano essere alquanto consuete, in quanto il genere del busto, di cui la Medusa di Ford rappresenta un’interpretazione, è riscontrabile anche nell’arte del passato, come, ad esempio, nella nota Gorgone di Gian Lorenzo Bernini, scultura in marmo del 1644 circa. In aggiunta, oltre al soggetto e al genere, la Medusa dell’artista di Artmajeur, proprio come quella del maestro italiano, si caratterizza anche per la sua umanizzazione ed espressività, nonché per il suo forte dinamismo, insito nel nervoso movimento della capigliatura di serpenti.  Infine, le due versioni presentano anche una medesima interpretazione dei tratti somatici della Gorgone, che, piuttosto femminili e poco deformi e mostruosi, ci fanno pensare ad un’attitudine afflitta forse non più a causa della presa di coscienza della sua disumana trasformazione.

Paul Stowe, Perseo con la testa di Medusa di Cellini, 2019. Disegno, grafite / matita su carta, 40 x 50 cm.

Paul Stowe: Perseo con la testa di Medusa di Cellini

L’iperrealismo di Paul Stowe fa rivivere, nel formato del “mezzo busto”, uno dei più popolari capolavori della storia dell’arte, fruibile in uno spazio pubblico tra i più noti al mondo: la Loggia dei Lanzi, in Piazza della Signoria a Firenze (Italia). L’opera in questione è la scultura bronzea di Benvenuto Cellini, ovvero il Perseo, che, commissionata al grande maestro italiano da Cosimo I de’ Medici, fu espressamente concepita per la collocazione in cui a tutt’oggi si trova. A proposito del soggetto, tale statua raffigura il suddetto eroe mitologico, che, proprio dopo essere riuscito nell’impresa di uccidere Medusa, appare in piedi e nudo sul busto della Gorgone, mentre impugna con la mano destra una spada e, con la sinistra, solleva la testa mozzata della donna. Nonostante la vittoria e il portamento regale, Perseo sembra guardare nel vuoto, proprio come un eroe vittorioso, ma, allo stesso tempo, fondamentalmente triste e solo nella sua impresa. Infine, riportando un aneddoto sulla scultura, è possibile vedere, nella parte posteriore dell’elmo dell’eroe, un dolente autoritratto di Cellini, che si trasforma nello spettatore di uno dei più famosi miti di sempre.

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