Vanitas: un genere pittorico

Vanitas: un genere pittorico

Olimpia Gaia Martinelli | 24 lug 2022 6 minuti di lettura 0 commenti
 

Per vanitas si intende una specifica tipologia di natura morta, che, attraverso l’inclusione di caratteristici oggetti simbolici, quali, ad esempio, teschi, clessidre e beni di lusso, punta a ricordare allo spettatore, sia l’inesorabile trascorrere del tempo, che il futuro avvento della morte, e, di conseguenza, anche l’inutilità degli effimeri beni e piaceri terreni...

Yann Michael Talvas, Always the sun, 2017. Acrilico su tela di lino, 81 x 65 cm.

Vanitas: definizione e origine del termine

Per vanitas si intende una specifica tipologia di natura morta, che, attraverso l’inclusione di caratteristici oggetti simbolici, quali, ad esempio, teschi, clessidre e beni di lusso, punta a ricordare allo spettatore, sia l’inesorabile trascorrere del tempo, che il futuro avvento della morte, e, di conseguenza, anche l’inutilità degli effimeri beni e piaceri terreni. Infatti, il suddetto termine latino, parte dell’espressione tratta dalla Bibbia “vanitas vanitatum”, ovvero “vanità delle vanità”, significa letteralmente “caduco”, vocabolo perfetto per alludere ad un’iconografia pittorica dai propositi prettamente moraleggianti, finalizzati ad invitare i fruitori ad abbandonare i piaceri e i desideri venali per occuparsi della più importante salvezza eterna.

Bart Stillekens, "Boar skull", 2021. Scultura, resina / metalli su oggetto, 30 x 20 x 25 cm / 2,00 kg. Margarita Ado, Yesterday's dessert, 2021. Olio su tela di lino, 60 x 80 cm.

Vanitas: origini del genere pittorico

Già nel tardo Medioevo, la Chiesa aveva elevato un severo monito, ricordando come le ricchezze accumulate in terra, oltre a non avere alcun valore, conducessero alla dannazione eterna. Pertanto, proprio durante questo periodo, ebbero origine le prime rappresentazioni pittoriche in cui i beni di lusso vennero accompagnati da teschi. Tali raffigurazioni si intensificarono però durante il Seicento, e, in particolar modo, nell’epoca che seguì alla guerra dei Trent’anni, arco di tempo in cui i conflitti bellici, le epidemie, la crisi economica successiva alla scoperta dell’America, lo scisma religioso e lo scompiglio apportato dalla riforma protestante, misero in grave crisi il genere umano. Di conseguenza, nel panorama artistico dell'arte occidentale seicentesca, s'innestò fortemente il bisogno di opere in grado di trasmettere la consapevolezza dei drammi dell’uomo, la cui esistenza precaria, lo rendeva, di sovente, “una vittima” di un fato troppo spesso crudele. Nonostante questa crisi diffusa, il genere della vanitas riscontrò però maggiore successo nel nord Europa, dove il protestantesimo favorì la diffusione di opere d’arte, volte ad instillare una riflessione individuale su Dio. In particolare, il paese in cui tale tipologia di natura morta ebbe maggiore successo fu l’Olanda, dove la vanitas si diffuse tra il XVI e il XVII secolo, interessando anche l’operato dei più noti maestri fiamminghi.

Yannick Duriez, Lamadeleine a la veilleuse, 2018. Carboncino su carta, 150 x 150 cm.

Rai Escale, Skully, 2017. Acrilico su altro supporto, 118 x 59 cm.

Vanitas: il simbolismo, la composizione e lo stile

Il memento mori della vanitas viene generalmente comunicato attraverso un “codice” figurativo “standard”, che prevede l’accostamento, o la scelta, di tre possibili tipologie di oggetti/tematiche:

  1. l’oro, i gioielli e affini, che alludono alla ricchezza;
  2. i libri, le mappe e le penne, personificazione della conoscenza;
  3. il cibo, il vino e i ricchi tessuti, simboli dei piaceri.

Questi argomenti accompagnano necessariamente le raffigurazioni di teschi, ma anche di candele, di fiori appassiti, di orologi e di clessidre, soggetti fondamentali della composizione, volti a mettere in luce l’inutilità delle cose terrene, di fronte all’unica certezza della vita, ovvero: la caducità del tempo e, di conseguenza, la morte. Inoltre, nonostante le opere del genere siano spesso molto ricche di oggetti, è proprio attraverso questo "caotico" affollamento, che di sovente si concretizza una scelta stilistica, e simbolica, molto consapevole, volta a dar voce a profondi concetti. Proprio quest’ultimo aspetto distingue le vanitas dalle nature morte tradizionali, concepite essenzialmente per mettere in mostra l’abilità pittorica dell’artefice, piuttosto che con l’intento di predicare principi d’impatto. Inoltre, proprio al fine di realizzare quest’ultimo scopo, la vanitas adotta un punto di vista prettamente realista, poiché solo l’attinenza al dato reale può guidare lo spettatore verso il “cielo”, attraverso la contemplazione di oggetti terreni.

Odile Guichard, Vanité 01, 2022. Acrilico / ricamo su tela, 40 x 40 cm.

Paulo Vilarinho, Vanitas II, 2018. Fotomontaggio / pittura digitale su carta, 44 x 44 cm.

Le vanitas degli artisti di Artmajeur

La vanitas, largamente popolare durante il XVI e XVII secolo, ha influenzato anche l’operato di grandi maestri contemporanei, tra i quali, Andy Warhol, Graciela Iturbide, Kang, Young Min e Damien Hirst, autori di iconici teschi volti a portare avanti il medesimo concetto di memento mori. Oltre ai "membri" della grande tradizione dell’arte, anche gli artisti di Artmajeur si sono dilettati a conferire inedite interpretazioni al suddetto genere, portando avanti il più tradizionale messaggio ammonitore, al fine di adattarlo ai nostri tempi. Esemplifica questa contemporanea tipologia di natura morta, spesso ridotta alla mera raffigurazione di teschi, l’operato di Didier Lannoy, Jean-Marie Gitard (Mr STRANGE) e Tom Schaer.

Didier Lannoy, $kull Vuitton, 2022. Scultura, resina su legno, 15 x 12 x 10 cm / 1,00 kg.

Didier Lannoy: $kull vuitton

La scultura in resina e legno di Didier Lannoy raffigura un lussuoso teschio, poiché la sua superficie, accuratamente lavorata, riporta, come indicato dal titolo dell’opera, il logo di un celebre marchio di moda francese. Pertanto, la tipica tematica della vanitas, volta ad accostare i piaceri terreni al monito della morte, pare essere stata ampiamente rispettata dall’artista di Artmajeur, il cui inquietante e fastoso cranio sembra quasi chiedere allo spettatore: ti serviranno gli sfarzi di Vuitton durante il tuo ultimo viaggio? Possiamo porci la stessa domanda, prettamente in linea con il memento mori della vanitas, osservando anche For the love of gold, scultura a forma di teschio di Damien Hirst, volta a rappresentare un autentico promemoria della mortalità dello spettatore. Infatti, la superficie di For the love of gold, realizzata partendo dal calco del cranio di uomo europeo di circa 30 anni, che, vissuto tra il 1720 e il 1810, è stato acquistato dall’estroso artista britannico presso un rigattiere, è ricoperta da 8’601 "inutili" diamanti. 

Jean-Marie Gitard (Mr STRANGE), Fragmented death, 2021. Fotomontaggio su carta, 50 x 50 cm.

Jean-Marie Gitard (Mr STRANGE): Fragmented death

Fragmented death è un intenso fotomontaggio su carta, volto ad immortalare, attraverso una sorta di sfocatura dell’immagine, il profilo di uno teschio umano. Probabilmente, l’intento dell’artista è quello di far “specchiare” lo spettatore nel protagonista della sua opera, al fine di fargli realizzare come, nel corso degli anni, il suo attuale aspetto verrà modificato. In aggiunta, tale fotomontaggio ricorda, in parte, alcuni primi piani dei ritratti di teschi fotografici di Alexander de Cadenet, noto artista britannico contemporaneo, che espose questo genere di lavori per la prima volta nel 1996, presso la galleria The Mark di Londra. Successivamente, e più precisamente tra il 1996 e il 2016, l’artista presentò ulteriori opere affini, che, sicuramente ispirate dalla tradizione della vanitas, perseguirono l’intento di esplorare una rappresentazione atemporale, e quindi scheletrica, dell’essere umano.

Tom Schaer, Skull woman, 2021. Pittura, aerografo / acrilico su legno, 60 x 60 cm.

Tom Schaer: Skull woman

Il dipinto di Tom Schaer, intitolato Skull woman, unisce i concetti di vita e di morte in un unico soggetto, poiché immortala il primo piano di volto femminile che, letteralmente pervaso dai segni del tempo, si sta, a poco a poco, trasformando in uno scheletro. Probabilmente, questa personalissima interpretazione della vanitas, persegue l’intento di ricordarci che la morte, parte imprescindibile dell’esistenza, è un nemico silente sempre in agguato. Inoltre, è bene rendere noto come, tale accostamento dell’immagine della donna al concetto della vanitas, contraddistingua anche un capolavoro della storia dell’arte, ovvero All is Vanity di Charles Allan Gilbert. Infatti, proprio quest’opera ambigua può essere vista, sia come una donna che guarda il suo riflesso in uno specchio, che come un teschio, volto a farci ricordare di come la bellezza, la salute e la ricchezza non durino per sempre…


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