Gli autoritratti di Egon Schiele: una biografia figurativa

Gli autoritratti di Egon Schiele: una biografia figurativa

Olimpia Gaia Martinelli | 19 ott 2022 8 minuti di lettura 0 commenti
 

L’operato di Schiele ha messo a punto un approccio espressivo contraddistinto da figure contorte e pennellate “taglienti” che, estremamente cariche di energia emotiva, rappresentano a tutt’oggi un potente simbolo di espressione psicologica, emotiva e sessuale...

Evgen Semenyuk, Egon Schiele style man in white mask, 2020. Olio / acrilico su tela, 40 x 30 cm.

“L'arte non può essere moderna. L'arte è primordialmente eterna”.

Con le parole di Egon Schiele, iconico pittore ed incisore austriaco classe 1890, si introduce un concetto fondamentale della storia dell’arte, volto a dimostrare come i capolavori di tutti i tempi risultino esulare da una dimensione spazio-temporale effettiva e limitata, trovando collocazione in un luogo, che, simile ad un eterno e continuo presente, li riconosce come oggetti da contemplare all’infinito, al fine di ricordare, dimostrare ed esaltare le più alte capacità del genere umano. In questo racconto senza “scadenze” non possiamo fare a meno di menzionare gli autoritratti del suddetto maestro, passati alla storia, sia come strumento di indagine figurativa altamente espressionista, che come mezzo attraverso il quale esplicitare e rendere noto il temperamento dell’artista, catturato durante diverse fasi della sua carriera. Infatti, i numerosi autoritratti di Schiele, eseguiti negli anni compresi tra il 1910 e il 1918, rappresentano un’autentica esplorazione dello stato mentale del suddetto, permettendoci di entrare “in confidenza” con uno dei più noti pittori del Novecento. Pertanto, al fine di conoscere, sia l’opera, che l’artista, è bene cominciare dall’anno 1910, data di esecuzione di tre capolavori del sovra menzionato genere: Self-portrati with striped shirt, Self-Portrait Pulling Down an Eyelid e Self-portrait standing. Nel primo disegno ad acquerello, uno Schiele appena ventenne si presenta all’osservatore indossando una camicia a righe, anche se, attraverso il suo intenso e coinvolgente sguardo, egli potrebbe apparire come “nudo”, in quanto i suoi occhi ci rivelano la sua più profonda essenza, altamente ribelle, indagatoria e spirituale. Da un punto di vista cromatico, invece, le tonalità dei vestiti si ripetono in quelle della testa del protagonista, rendendo la composizione armonica, sia da un punto di vista compositivo, che cromatico. A proposito di Self-Portrait Pulling Down an Eyelid, l’opera, che rivela nuovamente l’interesse nutrito da Schiele per l’autoritratto, tendenza figurativa considerata alquanto insolita all’epoca, presenta un netto allontanamento dagli stilemi di Klimt, prima imperanti dell’operato dell’allievo. Infatti, il sovra menzionato acquerellopur riproponendo colori vivaci e decorativi derivati dal maestro di Baumgarten, introduce un nuovo linguaggio espressivo del corpo, volto a suggerire il peso dei pensieri e dei sentimenti dell’effigiato, spesso concentrati su preoccupazioni relative alle tematiche della morte, dell’amore, del sesso e del processo per diventare un artista. Sempre dello stesso anno, Self-portrait standing rappresenta l’apice della svolta introspettiva di Schiele, tendenza che viene espressa in modo altamente drammatico, crudo e radicale proprio dalla smorfia di dolore in cui l’artista si è immortalato, perseguendo la finalità di rivelare un più autentico e doloroso punto di vista sulla vita, ormai definitivamente lontano dal sontuoso e scintillante oro di derivazione klimtiana. Tale phatos è riscontrabile anche in un acquarello successivo, ovvero l’Autoritratto attribuibile al 1911, in cui l’artista appare in un’analoga posa e atteggiamento. 

Gabriele Donelli, Portrait of Egon Schiele, 2009. Acrilico su cartone, 62 x 46 cm.

Emily Starck, Egon Schiele, 2020. Acrilico/ acquerello/ grafite/ olio/ collage su carta, 65 x 50 cm.

Per quanto riguarda il 1912, è impossibile non menzionare Self-Portrait with Chinese Lantern Plant, opera tra le più ammirate dell’artista austriaco, che, volta a catturare l’immagine di Schiele da un’inedita prospettiva, schiaccia il protagonista in un innovativo formato orizzontale. In aggiunta, la tensione insita nell’effigiato viene aumentata anche dalla posizione assunta dalla sua testa, che, rivolta verso destra, si “allontana” dai suoi occhi, intenti a fissare lo spettatore guardando nella direzione opposta.  In tale contesto emotivamente carico, le spalle dell’artista si stagliano con forza sullo sfondo chiaro, arricchito dalla presenza del ramoscello con foglie e le lanterne cinesi. Infine, sempre a proposito del colore, è importante non trascurare il ricco cromatismo della pelle e dell’occhio che, avente la pupilla rossa, rivela un animo fuori dal comune per sensibilità e senso artistico. Riassume l’impeto creativo del 1915 un’opera iconica del maestro, ovvero La morte e la fanciulla, tela in cui Schiele vuole esprimere tutta la tristezza che ha provato nell’abbandonare la propria modella e amante Wally. Infatti, il capolavoro raffigura i due innamorati, che, ritratti nell’atto di abbracciarsi, sono disposti su di un lenzuolo spiegazzato, collocato su di uno sfondo roccioso, volto ad alludere, con le sue geometrie, all’incastro dei corpi degli effigiati. Proprio tale vicinanza fisica non vuole riferirsi ad un’effettiva estasi amorosa, ma a un atteggiamento che precede il distacco, cristallizzatosi nelle improbabili posture, che rimandano ad un tangibile senso di inquietudine, precarietà e morte. L’epilogo di tale sentimento viene confermato anche dagli sguardi distanti degli effigiati, in quanto la donna è intenta a guardare verso l’esterno, come se fosse persa nei suoi pensieri, mentre il compagno, con gli occhi spalancati nel nulla, pare addirittura perdersi nel suo complicato mondo interiore. Facendo riferimento alla vita di Schiele però, la fine del suddetto sentimento non fu dovuta ad un semplice esaurirsi dell’amore, in quanto l’artista lasciò Wally soltanto per ottenere un matrimonio vantaggioso con una donna socialmente più presentabile. Pertanto, emerge come anche nel mondo più passionale ed istintivo dell’arte di Schiele, in alcune occasioni, la razionalità e il calcolo si siano imposti sulla più autentica passione.

Gaspard De Gouges, Gustavia and friends, 1999. Olio / acrilico / carboncino su pannello MDF, 157 x 104 cm.

Walter Diem, Bild 21 120 sammlung diem, 2021.  Pittura, gesso / acquerello su carta, 70 x 50 cm.

La vita di Schiele: il racconto continua nelle opere d’arte di Artmajeur

L’operato di Schiele ha messo a punto un approccio espressivo contraddistinto da figure contorte e pennellate “taglienti” che, estremamente cariche di energia emotiva, rappresentano a tutt’oggi un potente simbolo di espressione psicologica, emotiva e sessuale. Infatti, la collezione di opere d’arte di Artmajeur è ricca, sia di punti di vista ispirati all’indagine figurativa del maestro viennese, che di veri e propri “remake” dei suoi più grandi capolavori, dipinti attraverso i quali è possiamo continuare il racconto sulla vita dell’artista, come ad esempio Julianne Moore interpreta Schiele di Francesco Dezio, Abbraccio di Dmitriy Trubin e Dopo Egon Schiele di Sebastien Montag.

Francesco Dezio, Julianne Moore interpreta Schiele, 2022. Acquerello su carta, 56 x 45 cm.

Francesco Dezio: Julianne Moore interpreta Schiele 

L’acquerello su carta di Dezio rappresenta la “terza generazione” di un grande capolavoro della storia dell’arte, in quanto l’artista italiano ha reinterpretato la nota foto di Peter Lindbergh, che, a sua volta, ha reso attuale il capolavoro di Schiele intitolato Donna seduta con un ginocchio piegato (1917). Infatti, nello scatto del fotografo tedesco, Wally, sopramenzionata amante e modella di Schiele, assume le sembianze della popolare attrice americana Julianne Moore, che, nello stesso contesto, ha impersonato anche le protagoniste di altre note opere d’arte, quali, ad esempio: Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (1907) di Gustav Klimt, The Cripple (1997) di John Currin, Piccola danzatrice di quattordici anni (1879-1881) di Edgar Degas e Ritratto di Lunia Czechowska con ventaglio (1919) di Amedeo Modigliani. Tornando invece al capolavoro del maestro tedesco, dal quale, sia Dezio, che Lindbergh hanno tratto spunto, esso ritrae Wally in una posa informale, che, con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, assume un atteggiamento altamente espressivo, disinvolto ed erotico. Tuttavia, dietro alla sicurezza di Donna seduta con un ginocchio piegato si cela il più intimo desiderio dell'artista, che seppur sposatosi con un altra donna, continua a far rivivere il suo amore contrastato all’interno della dimensione della tela.

Dmitriy Trubin, Abbraccio. Dipinto, dimensioni disponibili su richiesta.

Dmitriy Trubin: Abbraccio

Il dipinto di Trubin rappresenta un’originale e personale reinterpretazione dell’Abbraccio di Schiele, capolavoro datato 1917, in cui l’artista si è raffigurato strinto in un appassionato amplesso con la moglie Edith Harms, sposata nel 1915. Pertanto, la composizione è pervasa da un forte sentimentalismo, che, caratterizzante le opere realizzate successivamente al matrimonio del maestro, resero il suo operato meno tormentato del solito. Ciò nonostante, resta palpabile una velata parvenza di dolorosa malinconia, sentimento probabilmente premonitore dei nefasti avvenimenti del 1918, anno in cui l'influenza  spagnola, oltre che a milioni di vittime, si portò via anche Edith. A proposito dell’interpretazione dell’Abbraccio ad opera di Trubin, essa mantiene l’iconico punto di vista voyeuristico dell’originale, secondo il quale lo spettatore si insinua all’interno della sfera privata di una giovane coppia, adesso trasformatasi in due esemplari di manichini degni del pennello di Giorgio de Chirico. Proprio quest’ultimo, a partire dal 1915, popolò i suoi dipinti di figure monumentali che, misteriosamente privi di occhi, bocca e orecchie, alludevano, probabilmente, alla capacità di indagare la realtà anche oltre la sua apparenza fenomenica. In aggiunta, è possibile interpretare i manichini del maestro italiano anche come simboli di stati d’animo estremamente malinconici, umore sicuramente ricollegabile al velato pessimismo di Schiele. 

Sebastien Montag, Dopo Egon Schiele, 2021. Acriclico, pittura spray su tela, 41 x 33 cm.

Sebastien Montag: Dopo Egon Schiele

Dopo Egon Schiele è una reinterpretazione “muta” e "minimalista" di Self Portrait with Lowered, in quanto, nel “remake” dell'artista di Artmajeur, lo sguardo intenso del capolavoro di Schiele è stato "cancellato", insieme agli altri tratti distintivi del personaggio. Probabilmente, questo nuovo punto di vista è stato ispirato dalla contemporaneità, ovvero da una realtà in cui, rispetto al passato, si tende ad essere più rapidi, diretti e sintetici, anche grazie alla forma mentis trasmessaci dalle nuove tecnologie. Tornando a Self Portrait with Lowered Head, invece, l'autoritratto si caratterizza per il fatto di immortalare Schiele con la testa piegata, posizione che mette in risalto lo sguardo rivolto verso l’alto del personaggio, volto ad assumere un atteggiamento estremamente grottesco ed inquietante. In aggiunta, un altro dettaglio importante del dipinto è la grossa mano sinistra, che, con le dita divaricate, ripropone la medesima posa de Gli eremiti e di un altro autoritratto dello stesso anno. In realtà però, le mani risultano essere un “must” della produzione artistica di Schiele in generale, poiché protagoniste anche delle numerose fotografie, che immortalano il maestro. Probabilmente, esse sono simbolo di un atteggiamento difensivo nei confronti della vita e del mondo, che l'artista assume anteponendole a tutto ciò che gli viene incontro.

 

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