Fotografia minimalista: il genere paesaggistico

Fotografia minimalista: il genere paesaggistico

Olimpia Gaia Martinelli | 18 gen 2023 8 minuti di lettura 0 commenti
 

Prima di arrivare all'indagine artistica promossa dal mezzo fotografico, sembra ovvio fare riferimento a quella tradizione pittorica, che, nel corso dei secoli, ha patrocinato la nascita, lo sviluppo e l'affermazione dei generi artistici più noti, tra cui l'immancabile tema del paesaggio. ..

Carlos Canet Fortea, Viaggio approssimativo , 2022. Fotografia, Fotografia digitale / Fotografia manipolata / Collage digitale su carta, 100 x 80 cm.

Prima di giungere all’indagine artistica promossa dal mezzo fotografico, appare scontato fare riferimento a quella tradizione pittorica, che, nel corso dei secoli, ha patrocinato la nascita, lo sviluppo e l’affermazione dei più noti generi artistici, tra i quali l’immancabile tema paesaggistico. Appare quindi evidente come la fotografia, avente come soggetto quest’ultima tematica, abbia goduto dei precedenti sforzi, che portarono all’ufficiale riconoscimento della totale autonomia del paesaggismo, evento ch’ebbe luogo in un preciso momento e luogo storico: l’Olanda del secolo d’oro. Infatti, prima di questo periodo, il paesaggio era concepito come un mero sfondo pittorico, che, senza alcuna identità di genere, era volto a decorare o illustrare le location in cui avvenivano i fatti narrati, per lo più di natura religiosa, mitologica o storica. L’arrivo della fotografia, datato fine Ottocento, eredita direttamente le suddette conquiste, promuovendo, seppur in modo graduale e sperimentale, il progressivo interesse verso il genere paesaggistico, che diventa, attraverso i secoli, uno dei suoi principali cavalli di battaglia. In aggiunta, nel corso dell’approccio all’arte fotografica, tale disciplina si è confrontata, come la pittura, la scultura, etc., anche con molteplici movimenti, correnti artistiche e tendenze, all’interno delle quali è d’obbligo menzionare il Minimalismo, punto di vista sulla realtà, che ha imposto i suoi stilemi anche sul paesaggismo. Descritto in maniera semplice e sintetica: il punto di vista minimalista conferisce al genere del paesaggio l’obiettivo di catturare il dato reale attraverso una resa estremamente sintetica e concreta, che, avvalendosi dell’inquadratura di pochi elementi, o a volte anche di uno solo, consegue un maggiore impatto visivo. Infatti, proprio la possibilità di concentrare l’attenzione su quel “poco” che viene raffigurato, consente al fruitore di cogliere immediatamente ciò che è stato ideato, al fine di trasmettere un messaggio, evitando di disperdere l’attenzione in molteplici “fronzoli” decorativi. Al fine di rendere concreto nell’immaginazione del lettore quanto appena esposto, è determinante fare riferimento all’operato di qualche fotografo, che, come Hiroshi Sugimoto, Yamamoto Masao e Michael Kenna, si sono dedicati ad immortalare minimaliste visioni paesaggistiche. A proposito del primo, l’artista e fotografo giapponese classe 1948 risulta essere uno dei più importanti esponenti della fotografia contemporanea, avente la peculiarità di unire l’arte minimalista e concettuale all’affine sobrietà e semplicità dei costumi orientali. Questi stilemi si sono concretizzati nella sua serie di paesaggi marini del 1980, all’interno dei quali il medesimo uso dell’inquadratura e dei materiali, si concentra sulla valorizzazione della variazione del bianco e nero, disposta all’interno di vedute, volte a catturare mari vuoti e calmi, sormontati da un cielo limpido e silenzioso. In tale contesto, in cui spesso la linea di demarcazione tra acqua e aria si fa altamente labile, rasentando l’astrattismo, egli vuole esplicitare come, nonostante l’inesorabile passare del tempo, la grandezza della natura resti straordinariamente, e quasi divinamente, immutata. In pittura, una simile sensazione ce la possono trasmettere le opere di Piero Guccione, pittore, incisore e illustratore italiano classe 1935, le cui marine concettuali trovano, nella linea che divide il cielo dal mare, il fulcro di una riflessione incentrata ad una meditazione, volta mettere in contatto il fruitore con il proprio io interiore. Per quanto riguarda invece Yamamoto Masao, il fotografo giapponese si concentra nella realizzazione di immagini di piccolo formato, che come delle specie di bonsai da custodire tra le mani, invitano il fruitore ad un analogo raccoglimento. In questa dimensione meditativa c’è spazio, sia per il presente, che per il passato, tanto che l’artista predilige l’uso di immagini in bianco e nero “invecchiato”, volte ad alludere ai ricordi, ai frammenti e alle tracce delle mille versioni di noi stessi.

Philippe Berthier, Phoetr y, 2023. Fotografia, fotografia digitale / fotografia manipolata su carta, 47 x 67 cm.

A proposito del paesaggio, gli scatti di Masao riguardanti questa tematica testimoniano il suo interesse per l’osservazione delle transizioni naturali, il cui racconto pare alludere all’evoluzione del nostro stesso corso vitale. Esempio di uno scatto minimalista del giapponese è Kawa=Flow #1652, in cui, al fine di alludere ad un paesaggio autunnale, si fa riferimento solo alla visione di un gruppo di uccelli appollaiati su dei rami sacchi. Allo stesso modo, anche la pittura ha ritratto un soggetto analogo, proprio come dimostra la più ampia e colorata prospettiva di White birds sitting in the tree di Edward Said Tingatinga, noto pittore tanzaniano. Infine, a proposito di Michael Kenna, il celebre fotografo inglese, classe 1953, è ben noto per i suoi minimalisti paesaggi in bianco e nero, che, illuminati da una luce tipicamente eterea, frutto di scatti eseguiti alle prime luci del giorno o durante la notte, perseguono l’intento di mettere a fuoco l’interazione tra le condizioni atmosferiche e i soggetti immortalati. Spesso, proprio al fine di evidenziare tale relazione, egli immortala solitari alberi, che immersi nel candore o nell’scurità, ci fanno pensare ai singoli esemplari catturati da alcuni capolavori della pittura quali, ad esempio: Albero rosso e Albero blu di Mondrian e l’indimenticabile Gelso in autunno (1889) di Van Gogh, opera dipinta dal maestro olandese meno di un anno prima della sua morte, ovvero in un momento che, seppur caotico e poco equilibrato, risultò essere alquanto “illuminanate”. La nuova consapevolezza di Vincent fu probabilmente ispirata dal luogo in cui egli si trovava a “soggiornare”, ovvero il manicomio di Saint Paul di Saint-Remy, ospedale dove si fece ricoverare inseguito al famoso incidente dell’orecchio. Proprio presso l’istituto psichiatrico, egli prese coscienza del suo turbolento passato, sentendosi alleviato dall’interesse nutrito per le sue nuove opere d’arte e dalla lieta compagnia offertagli dai suoi compagni di sventura ospedaliera. Pertanto, quest’ultimo confronto tra fotografia Minimalista e pittura Post espressionista svela un ulteriore dettaglio: chi ha prediletto il secondo movimento ha, in linea di massima, sfruttato maggiormente l’arte come una sorta terapia, piuttosto che come un mezzo di più serena contemplazione e sintesi dell’esistenza.

  Tomáš Tisoň, The guardian , 2021. Fotografia, Fotografia digitale su carta, 50 x 50 cm.

Gio Mondelli, Hot summer , 2018. Pittura, Acrilico su Tela, 45 x 45 cm.

Gio Mondelli: Estate calda

I colori estremamente accessi, uniti ai pochi elementi paesaggistici, raffigurati dall’acrilico su tela di Gio Mondelli, artista italiano classe 1953, riaprono il “dibattito”, sopra accennato, riguardante la pseudo “dipendenza” della fotografia nei confronti dell’arte pittorica, riscontrata al livello di “presa in prestito” di molti soggetti e approcci stilistici. Tale situazione si ribalta se consideriamo invece proprio il punto di vista sul paesaggismo dell’artista di Artmajeur, che pare quasi essere una sorta di interprete pittorico dell’indagine fotografica di Franco Fontana, modenese classe 1933 noto per i suoi paesaggi minimalisti, in cui i protagonisti indiscussi sono, oltre alla natura italiana di campi, di alberi e di nuvole sapientemente posizionate, il colore e le geometrie. Proprio queste ultime due componenti risultano essere i veri moventi delle sue scelte di soggetto, capaci di trasformare i “semplici” paesaggi rurali, ma anche industriali e urbani, in una specie di astrazione, volta a dar voce al “grido” di cromie esagerate, espresse in sintetiche linee nette e marcate. In questo contesto, Calda estate di Mondelli pare essere riconducibile, in particolare, alla serie fotografica pugliese di Fontana, che datata fine anni Ottanta, mostra il più autentico trionfo del giallo, dell’azzurro e del verde, all’interno di una natura che appare, per ordine e vivacità, più rigogliosa e ben disposta verso l’uomo e le sue malefatte.

Emmanuel Passeleu, The blue , 2021. Fotografia, Fotografia digitale / Fotografia manipolata su carta, 50 x 50 cm.

Emmanuel Passeleu: Il blu

È importante mettere in luce come, il mondo della fotografia, oltre ai generi classici, sia fatto anche di mode, di tendenze e d’innovazioni dell’ultima ora, che, nell’era attuale, si propagano dal regno di internet e dei social media, escludendo di sovente le più datate accademie e istituzioni museali. Quando detto pare riassumere l’esperienza di vita di Marcus Cederberg, fotografo minimalista di origine svedese che, un po' per gioco, ha iniziato a diffondere i suoi scatti, nonché il suo particolare punto di vista, attraverso la piattaforma Instagram, collegandosi a partire dal 2014. Oggi il suo profilo gode di grande attenzione, essendo largamente frequentato da curiosi, amanti della fotografia, dell’arte in generale e dagli stessi fotografi, che aspirano a catturare il reale conferendogli affini cromie e forme “sintetiche”. Tale visione “ordinata” nasce da un particolare bisogno dell’artista, il quale sente di doversi opporre al caos della nostra società, avente la forma di ritmi angoscianti, saturi di input e falsi miti da rincorrere. La sua lotta è combattuta a colpi di poetica minimalista, tendenza capace di diffondere un prolifico senso di calma, dovuto prevalentemente all’accurata selezione di cromie, contrasti e spazi negativi. Parlando di azioni concrete, ho aperto il profilo Instagram del fotografo notando che uno dei suoi soggetti preferiti sono le finestre, le quali vengono analizzate singolarmente, in coppia e, alle volte, attraverso una moltiplicazione quasi “infinita”. Tali soggetti si stagliano su muri semplicemente colorati, che, in qualche occasione, presentano alcuni dettagli realistici, sia statici, che dinamici. Le finestre sono anche il soggetto principale della fotografia digitale dell’artista di Artmajeur, il quale ha personalizzato il minimalismo aggiungendo sapienti tocchi surreali, volti a mescolare, in maniera inedita e innovativa, due tendenze fondamentalmente opposte.

Elisabeth Laplante, Neon noué , 2018. Fotografia, Fotografia digitale su carta, 30 x 45 cm.

Elisabeth Laplante: Neon Noué

Su di un muro scuro, amaranto, rosato e color acqua marina corre un filo di luce al neon, che vediamo intrappolato nel formato rettangolare della fotografia, senza poter conoscere l’estensione reale del suo percorso. Questo è probabilmente il mistero a cui allude il minimalismo di Laplante, la quale sfrutta il suddetto oggetto fluorescente anche come una sorta di dettaglio, volto a catturare definitivamente l’attenzione del fruitore. Infatti, il neon può essere notato anche solo in un secondo momento, ma quando il vostro sguardo si poserà su di esso, questo sarà probabilmente l’ultima cosa che osserverete in modo così accurato, in quanto, chi, dopo aver scoperto la luce, vorrebbe tornare al buio? Effettivamente la luce è così attraente proprio perché è in grado di definire lo spazio, rendendolo vitale e dinamico, dandoci la possibilità di vedere il mondo come lo percepiamo, distinguendo le forme e i colori. Probabilmente a questi concetti hanno fatto affidamento anche i presupposti dell’indagine artistica di James Turrell, artista americano i cui lavori vertono principalmente sulla percezione della luce e dello spazio. Di fatto, l’artista è considerato uno dei maggiori esponenti della Light and Space, movimento nato in Usa negli anni Sessanta, che ha trasformato la luce in un’opera d’arte, volta a comunicare, sia alla mente, che al corpo degli spettatori.

 


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