Arlecchino: l’iconografia contemporanea di una maschera

Arlecchino: l’iconografia contemporanea di una maschera

Olimpia Gaia Martinelli | 1 mar 2022 6 minuti di lettura 0 commenti
 

Nel 1888-90 Paul Cézanne dipinse l’Arlecchino, nel 1901 Pablo Picasso realizzò l’Arlecchino pensoso e nel 1919 Juan Gris immortalò l’Arlecchino con chitarra. Queste sono soltanto alcune delle più famose interpretazioni di un topico, che è stato largamente sfruttato dall’indagine artistica tra il XIX e il XX secolo. Ma come hanno raffigurato questa maschera gli artisti contemporanei?

Gérard Capron, Arlecchino, 2020. Acrilico su tela di lino,  65 x 54 cm. 

Arlecchino: da dove proviene la sua iconografia?

Nel 1888-90 Paul Cézanne dipinse l’Arlecchino, nel 1901 Pablo Picasso realizzò l’Arlecchino pensoso e nel 1919 Juan Gris immortalò l’Arlecchino con chitarra. Queste sono soltanto alcune delle più famose interpretazioni di un topico, che è stato largamente sfruttato dall’indagine artistica tra il XIX e il XX secolo. Ma vi siete mai interrogati sulle ragioni alla base della popolarità di questo personaggio? Inoltre, da dove proviene la sua iconografia? Le risposte risiedono, sia nella festa di carnevale, sia nella Commedia dell’Arte, tradizioni che, tra il Cinquecento e il Seicento, si sono incontrate e mescolate. Infatti, Arlecchino, entrato prima a far parte del repertorio dei tipi fissi della Commedia dell’Arte, influenzò successivamente anche le maschere del carnevale.

Gabriel Baptiste, Carnival night, 2009. Olio su tela di lino, 81 x 65 cm. 

Lo storico intreccio: carnevale e Commedia dell’Arte

Il carnevale, festa popolare in tutto il mondo, trova le sue più remote origini nelle celebrazioni delle Dionisiache greche e dei Saturnali romani, anche se, nella sua forma odierna, ricorda maggiormente gli eventi medievali durante i quali, al fine di onorare la libera circolazione degli spiriti, gli esseri umani dovevano “prestare” i loro corpi, celandosi dietro a maschere. Il più antico carnevale documentato, ancor più somigliante alle versioni moderne, è invece quello 1094, che ebbe luogo a Venezia, in un’atmosfera di divertimenti pubblici contraddistinti da beffe e maschere. Proprio a partire da quest’ultima città, la suddetta tradizione si diffuse in tutta Italia, distinguendosi, in ogni regione, per tipiche caratteristiche e peculiarità. Dalla seconda metà del Cinquecento, però, le maschere del carnevale subirono una forte contaminazione, accogliendo al loro interno i nuovi personaggi della Commedia dell’Arte. Quest’ultimo genere teatrale, nato in Italia verso la metà del XVI secolo, diffusosi in Europa e rimasto in voga fino alla metà del XVIII secolo, vanta origini medievali, risalenti al tempo in cui  giullari e saltimbanchi intrattenevano il pubblico durante le festività e il carnevale. Infatti, furono proprio questi ultimi buffoni a trasformare, verso il Cinquecento, le suddette interpretazioni in un vero e proprio mestiere, diventando professionisti accolti nei nuovi teatri a pagamento. Le rappresentazioni teatrali della Commedia dell’Arte erano contraddistinte dalla peculiarità di non seguire un copione, ma canovacci o scenari, che tracciavano le linee guida di ciascun personaggio, il quale attingeva al proprio repertorio di frasi e modi di dire improvvisati. Infine, ulteriore caratteristica era l’uso delle maschere, che furono all’origine dei tipi fissi di ciascuna compagnia, aventi il proprio repertorio di azioni e atteggiamenti, volti a facilitare la comprensione delle rappresentazioni teatrali e il riconoscimento del personaggio. Tali maschere influenzarono indelebilmente anche quelle del carnevale, che, come tipologia di festività, era perfettamente affine ad accogliere i protagonisti e le burle tipiche  della Commedia dell’Arte.

Serg Louki, Harlequin, 2020. Acquerello su carta, 30 x 40 cm.

Arlecchino: Iconografia e personaggio

Ufficialmente, Arlecchino è una maschera della Commedie dell’Arte, risalente al XVI secolo e originaria della Lombardia (Italia), più precisamente della città di Bergamo. In realtà però, la storia di questo personaggio è molto più amplia, varia, ambigua, discordante e controversa, poiché esso apparve probabilmente anche nella cultura greca e latina, nelle favole nordiche medievali e nella tradizione della Francia del V. In aggiunta, il fatto che Arlecchino venne spesso interpretato come una figura di origine diabolica, operante nelle leggende di quasi tutti gli stati europei, ne ha inesorabilmente compromesso la provenienza. Pertanto, soltanto a partire dall’introduzione di questa maschera all’interno della Commedia dell’Arte, essa fu definitivamente associata alla cultura italiana, trasformandosi nel simbolo del servo furbo, sciocco, ladro, bugiardo e imbroglione, in perenne conflitto col padrone e costantemente preoccupato a procurarsi il denaro necessario a placare il suo insaziabile appetito. A proposito dell’iconografia, il volto di Arlecchino, originariamente simile al muso di un animale, un mostro o un essere maligno, veniva per tradizione nascosto da una maschera nera e un berretto bianco biforcuto, la cui forma è volta ad alludere alle sue antiche corna diaboliche. La calzamaglia multicolore, invece, probabilmente ricavata dalle toppe degli abiti della sua famiglia o ricevuta in dono dagli amici in occasione del carnevale, veniva indossata per attirare e trarre in inganno il pubblico stolto. Un’altra caratteristica del personaggio era il suo bastone, che veniva utilizzato per minacciare ed aggredire i suoi rivali, al fine di accaparrarsi quanto più cibo possibile. Col passare del tempo però tali caratteristiche andarono raffinandosi: l'originaria calzamaglia rattoppata venne sostituita da un abito multicolore col caratteristico e ricercato motivo a losanghe e gli originari lineamenti demonici della maschera nera vennero ingentiliti.

Xavier Froissart, Grand Arlequin rouge, 1994. Olio su tela,  130 x 97 cm.

Arlecchino: Iconografia contemporanea

Come i grandi maestri del passato sopra menzionati, anche gli artisti di Artmajeur hanno trovato in Arlecchino un soggetto affascinante, da indagare nelle sue molteplici peculiarità iconografiche e caratteriali, perfettamente interpretabili con originalità, attraversando nuovi contesti e punti di vista sempre inediti ed accattivanti. Esempio di quanto detto sono i dipinti realizzati dagli artisti di Artmajeur, Makovka, Henri Eisenberg e Livia Alessandrini.

Makovka, Colombina e Arlecchino2013. Pittura, 92 x 73 cm.

Makovka: Colombina e Arlecchino

Il dipinto di Makovka illustra simpaticamente una delle più chiacchierate storie d’amore della Commedia dell’Arte, ovvero quella tra Arlecchino e Colombina. Questa domestica vivace, carina, furba, piena di brio e abbastanza bugiarda, presenta tutte le caratteristiche per far colpo sul servo imbroglione, che, infatti, è spesso animato da una fortissima gelosia nei suoi confronti. Di conseguenza, l’opera dell’artista di Artmajeur, in cui Arlecchino afferra con passione e brama di possesso la sua amata, appare essere totalmente in linea con il racconto della Commedia dell’Arte, anche se quest’ultima ha subito un notevole restyling. Infatti, i vestiti, le acconciature e i copricapi dei personaggi sono stati realizzati con un forte tocco di contemporaneità, al fine di rendere attuale ed eterna una storia d’amore che dura ormai da secoli. 

Henri Eisenberg, Arlecchino sulla bolla, o l'altezza della leggerezza2015. Acrilico su tela di lino, 46 x 33 cm.

Henri Eisenberg: Arlecchino sulla bolla, o l'altezza della leggerezza

Nel surreale dipinto di Eisenber, Arlecchino, servo astuto ed imbroglione, si trova ad operare in un contesto a lui inedito, svolgendo azioni che esulano totalmente dal suo personaggio, ovvero stare in bilico su di una bolla di sapone sospesa nell’aria. Il suddetto, dal volto ormai non più celato dalla maschera, affronta con un ghigno beffardo la nuova sfida, dando esempio delle sue capacità di adattamento e di sopravvivenza, sempre accompagnate da un atteggiamento ironico e simpatico, che contraddistingue il suo personaggio.

Livia Alessandrini, La strada, 2010. Pittura, 70 x 70 cm.

Livia Alessandrini: La strada

Nell’innovativo e surreale dipinto di Livia Alessandrini, Arlecchino abbandona per sempre il contesto della beffa carnevalesca, assumendo un atteggiamento che al suo personaggio poco si confà, quale quello del riposo, della meditazione e dell’apparente riflessione, accompagnata dal compimento di un gesto nella realtà impossibile. Infatti, il servo stringe tra le sue braccia una strada, mentre i contorni degli alberi si stagliando vicini al suo gigante volto, ricordando le linee grigie che definiscono i colori del suo geometrico vestito. Tale atmosfera sognante e surreale ci trasmette una grande serenità, sostituendosi definitivamente a quella giocosità che contraddistingue la Commedia dell’Arte.


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