Introduzione al nudo maschile
Il nudo femminile è stato, sin dagli albori della civiltà umana, al centro della narrazione storico artistica, che, in un certo senso, ha maggiormente accettato l’esternazione di questo tipo di fisicità, rispetto a quella maschile, di sovente percepita come più illecita e sconcertante, ovvero capace di turbare l’animo dei fruitori. Ciò nonostante, i piu grandi maestri di tutti i tempi, per lo più uomini, hanno celebrato il nudo maschile in modi diversi, che, sia reverenziali, che erotici, hanno costruito un racconto figurativo, esteso dalle più antiche civiltà fino ad oggi, arco di tempo in cui tale soggetto è passato dall’essere un Dio a un mero “peccatore”. Tale evoluzione iconografica del nudo maschile, spesso simbolo di forza, potere e virilità, ma anche di bellezza, vulnerabilità e intrigo sessuale, si è realizzata all’interno di una narrazione, che va, nei suoi apici di esternazione, dall’antica Grecia fino alla contemporaneità. Prioprio in questa prima civiltà il soggetto in questione tendeva principalmente a prendere le forme dell’atleta o del Dio, in quanto i Greci immaginavano le loro divitnità come entità dall’aspetto umano, le cui qualità idealizzate di bellezza fisica erano indissolubilmente associate alla bontà d’animo. Tale tendenza si trasformò drasticamente durante il Medioevo, momento storico in cui, come anticipato, la nudità divenne addirittura peccaminosa e imbarazzante, poiché associata al peccato originale, e quindi capace di trasformare l’iconografia dei più classici corpi altetici e prestanti, in fisionomie piuttosto leggere e snelle, prive della precedente enfasi sul naturalismo. Momento successivo è quello del Rinascimento, in cui si afferma un rinnovato classicismo nelle arti, tendenza per cui il genere del nudo diventa un’occasione per mostrare, oltre a corpi estremamente prestanti, anche il virtuosismo tecnico degli artisti. La seguente istituzione delle accademie d’arte in tutta Europa, avvenuta durante il XVI e il XVIII secolo, portò ad uno stile di raffigurazione del nudo alquanto regolamentato e classicizzato, da esternarsi supratutto con la tecnica del disegno, considerata all’epoca come l’elemento centrale di un’educazione artistica, in cui il suddetto genere veniva immortalato in composizioni eroiche, dove assumeva il ruolo di personaggio forte ed estremamente virile. Le tendenze piuttosto “naturalistiche” della fine del XVIII secolo e del XIX secolo portano, verso la fine di quest’ultimo periodo, al realismo di Courbet e Millet, punti di vista in cui gli uomini idealizzati lasciano il posto a figure maggiormente reali. La vera rivoluzione avviene però con le Avanguardie del Novecento, momento a partire dal quale il corpo, oltre ad essersi definitvamente allontanato dal linguaggio accademico, si frammenta nella visione di Picasso o si presenta come altamente tormentato in quella di Schiele, abbandonando per sempre la fedeltà al dato reale. Ulteriori e personali punti di vista emergono con la serializzazione della Pop-Art e il linguaggio della Street art, movimenti che hanno definitivamente consolidato i molteplici e originali punti di vista con cui, a tutt’oggi, viene raffigurato il corpo maschile. Infine, il percorso affrontato dal nudo maschile all’interno dell’infinito racconto della storia dell’arte, verrà approfondito mediante la classifica che segue, volta a raccogliere i migliori esempi pittorici del genere.
Alexandre Cabanel, L'angelo caduto, 1847. Olio su tela, 121×190 cm. Museo Fabre, Montpellier.
Top ten: dipinti di nudi maschili
10. Alexandre Cabanel, L'angelo caduto (1847)
Alexandre Cabanel, pittore di storia e di genere ritrattista francese, classe 1823, realizzò l’olio su tela in questione nel 1847, dando vita ad un capolavoro, volto a rendere espliciti i sentimenti umani più profondi e bassi, in quanto immortalò la ribellione di Lucifero, che, cacciato dal cielo, provava estremo risentimento verso Dio padre. Quest’emozione prende vita in un corpo classicheggiante, perfetto per dar forma al testo del libro del profeta Ezechiele, in cui l’angelo viene descritto come un essere di perfetta bellezza. Nonostante tali fattezze statuarie, che presentano anche imponenti ali adagiate, i veri protagonisti del dipinto risultano essere gli occhi dell’effigiato, i quali, evidenziati dal braccio destro, che copre parzialmente il viso del protagonista, paioni estremamente struggenti, carichi d’ira, indignazione, nonché bagnati di sofferenti lacrime, che ci raccontano come Lucifero, pur essendo sofferente, non sia sul punto di arrendersi, ma risulti essere alquanto desideroso di soddisfare il suo desiderio di vendetta, osteggiando l’operato di Dio. Di fatto, proprio del racconto biblico dell’Antico testamento si narra di come Lucifero, angelo più bello e saggio creato da Dio, venne cacciato dal paradiso nelle profondità degli inferi, esternando nel suo pianto l’ultimo residuo della sua bontà, che lasciò spazio ad un infinità carica di odio, cattiveria e risentimento.
Peter Paul Rubens, Prometeo incatenato , 1611-12. Olio su tela, 243,5 cm × 209,5 cm. Museo d'arte di Filadelfia.
9. Peter Paul Rubens, Prometeo (1611-12)
Il capolavoro del maestro fiammingo, datato tra il 1611 e il 1612, in cui un dinamico e sofferente corpo maschile nudo risulta essere l’indiscusso protagonista, è il risultato di molteplici influenze assimilate dal pittore, che trasse da Tobias Verhaecht i fondamenti della composizione paesaggistica sullo sfondo, mentre la scena mitologica subì il modello di Adam van Noort, noto ritrattista di nudi e immagini sfrenate della vita dei Paesi Bassi. A proposito della composizione nel suo insieme, invece, essa guarda all’iconografia della pittura di storia, che Rubens potè ammirare quando lavorò con Otto van Veen, dando vita alla figura di un Prometeo in scorcio, che, posizionata vicino allo spettatore, vede anche la citazione dei modelli classici e, in particolare, della teatralità greca. Non è da trascurarsi però l’impatto ch’ebbe anche la pittura italiana sul suddetto capolavoro, facente riferimento alla lezione della Cappella Sistina di Michelangelo, del tenebrismo di Caravaggio e delle forme di Tiziano. Infine, il tormento di Prometeo, personaggio della mitologia protagonista dell’opera, è ben esemplificato da una poesia di Lipsius, amico del fratello di Rubens, che scrisse: “Qui, con il becco uncinato, un mostruoso avvoltoio scava nel fegato di Prometeo, che non ha pace dai suoi tormenti, poiché sempre di nuovo il selvaggio uccello si avvicina al suo petto che si rinnova e lo attacca in modo punitivo. [...] Si potrebbe pensare che si muova, che le sue piume tremino. L'orrore attanaglia gli spettatori”.
Uno dei molteplici nudi maschili di Pierre e Gilles @pierreetgilles_gilles.
8. Pierre et Gilles, Mercurio (2001)
Ancora una volta, proprio come nel capolavoro sopra, il nudo viene esternato nell’arte mediante il riferimento al perfetto corpo di un personaggio tratto dalla tradizione greca, in questo caso una divinità: Mercurio, messaggero raffigurato di spalle, con il profilo del volto in vista, mentre osserva un serpente, che gli si è attorcigliato al bastone. Proprio tale animale, così facendo, ripropone la più classica iconografia del caduceo, ovvero del bastone alato che per tradizione accompagna il messaggero degli dei. A proposito di Pierre e Gilles, invece, la coppia di artisti francesi ha dato vita alla suddetta opera mediante un’operazione a quattro mani, in cui il primo dei due realizza le foto e il secondo le ritocca con strati successivi di pittura, volti a dar vita a immagini, che, studiate sin nei minimi dettagli, fanno di sovente riferimento all’iconografia mitica e religiosa, reinterpetata con un irrefrenabile sensualità e un punto di vista altamente kitsch. Le tematiche affrontate dal duo sono principalmente Pop, legate in particolare all’omosessualità, alla pornografia e ai topos religiosi, rivisitati in chiave “barocca”. A proposito della storia dell’arte, invece, un capolavoro estremamente noto, che raffigura il suddetto deo, è la statua del Mercurio Volante del Giambologna, che, conservato presso il Museo del Bargello di Firenze, raffigura il sopra menzionato soggetto mentre è poggiato con il piede sinistro sul vento generato dalla bocca di Zefiro.
Jean-Hippolyte Flandrin, Giovane nudo maschile seduto in riva al mare , 1835-36. Olio su tela, 98×124 cm. Louvre, Parigi.
7. Jean-Hippolyte Flandrin, Giovane nudo maschile seduto in riva al mare (1835-36)
Al settimo posto troviamo il capolavoro di uno dei pricipali esponenti neoclassici della Scuola di Lione, il maestro francese Jean-Hippolyte Flandrin, che, in Young male nude seated beside the sea, raffigura un giovane nudo con le braccia avvolte intorno alle gambe, mentre è seduto su di una roccia in riva al mare, circondato da un esteso cielo. In questo contesto è bene mettere in luce come il volto del protagonista, non identificabile e in penombra, porta lo spettatore a riconoscersi nel modello, il cui atteggiamento è volto a stimolare il raccogliemento e l’isolata riflessione, che si concretizza mediante la chiusura dei suoi occhi. Sempre a proposito dell’opera è degno di nota il fatto che esso fu realizzato a Roma, ovvero durante il viaggio di studio che l’artista compì in seguito alla vittoria del Prix de Rome nel 1832. In aggiunta l’opera, altamente rinomata tra i critici d’arte francesi, resta una delle più note di Flandrin, tanto che è stata successivamente interpretata da fotografi come Wilhelm von Gloeden, Claude Cahun e Robert Mapplethorpe. Infine, Young male nude seated beside the sea, è noto anche perché, a partire dal XX secolo, è divenuta un popolare simbolo della cultura omosessuale.
Egon Schiele, Nudo maschile seduto (Autoritratto) , 1910. Vienna, Leopold Museum.
6. Egon Schiele, Nudo maschile seduto (Autoritratto) (1910)
Siamo giunti all’interpretazione espressionista del nudo, mediante l’analisi del capolavoro di Schiele, maestro noto per aver interpretato questo genere attraverso molteplici autoritratti, spesso contraddistinti dalla raffigurazioni di un’immagine estrema dell’artista, che si catturò in pose impudenti e provocatorie, in cui, a causa del suo corpo magro, contorto e carico di tensione, egli assunse un atteggiamento goffo, forzato e dalla gestualità bizzarra, che lo avvicinò più alle sembianze un burattimo privo di vita, piuttosto che a un essere umano. A proposito dell’opera del 1910, essa, conservata presso il Leopold Museum di Vienna, è stata realizzata mediente una pennellata espressionista forte e decadente, che genera la figura dell’artista, le cui linee rette e decise descrivono i muscoli e il petto di un uomo senza piedi, intento a galleggiare su di uno sfondo bianco. In aggiunta, l’innaturale torsione del corpo, unita alle tonalità verdi, gialle e marroni della sua pelle, fanno apparire le fattezze di Schiele alquanto innaturali o caratteristiche di uno stato di malattia o di pena. A proposito di quest’ultimo punto di vista, il capolavoro in questione ha effettivamente anticipato la fine dei giorni dell’artista, il quale, quasi profeticamente, morì qualche anno dopo all’età di 28 anni, colpito dall’influenza spagnola, che devastò vienna nel 1918.
Lucian Freud, Uomo nudo , Vista posteriore, 1991-92. Olio su tela, 182,9×137,2 cm. New York, INCONTRO. @lucianfreudart.
5. Lucian Freud, Uomo nudo, visto da dietro (1991-92)
Con la posizione numero cinque giungiamo al neo-espressionismo tedesco, affrontando l’analisi di Naked man, Back view, opera di Lucian Freud in cui si riassumono gli stilemi del maestro, spesso intento a creare composizioni intense, capaci di rivelare l’umanità e la presenza fisica degli effigiati, in questo caso riassunti nelle fattezze di Leigh Bowery, modello del capolavoro in questione. Nonostante il realismo di Freud, egli ritrasse il suddetto soggetto, noto per i suoi costumi e trucchi stravaganti, senza abito alcuno, mentre appariva accovacciato su di uno sgabello collocato nello studio del pittore. Ad ogni modo, la fedeltà al dato reale è stata ottenuta grazie all’accuratezza con cui il pittore tedesco ha reso la schiena carnosa dell’effigiato, che, ricca di “montagnole” e “collinette” pare gridare le stesse parole dell’artista a riguardo del suddetto genere pittorico: “Voglio che la pittura sia carne”. Proprio quest’ultime parole permettono di approfondire a riguardo degli stilemi dell’artista, le cui opere, caratterizzate da un estremo realismo e della ossessiva ricerca del dato reale, raffigurarono, a volte in pose innaturali per esaltarne i dettagli, spesso estremizzandoli, amici, parenti, conoscenti e animali domestici.
William Etty, Nudo maschile con le braccia tese , 1828-1830. Olio su tavola. York Museums Trust (Galleria d'arte di York).
4. William Etty, Nudo maschile, con le braccia distese (1828-1830)
Vi invito ad immaginare la gigantesca carcassa di un bovino appesa per gli arti inferiori ad un supporto di legno, mentre si distingue in un ambiente in penombra, grazie al candore e l’imponenza della sua carne. Adesso che potete vedere la scena da me descritta, molti di voi l’avranno già associata al noto Bue macellato di Rembrandt, opera del 1655, in cui lo sfortunato animale potrebbe essere anche interpretato come una sorta di agnello sacrificale. Proprio la disposizione degli arti di quest’ultimo, potrebbe analogamente ricordare quella del sofferente, e forse penitente, protagonista di Male nude, with arms up-stretched, nudo dipinto da William Etty. All’epoca di realizzazione di questo ritratto, datato 1828 circa, l’artista, nonostante il suo status elevato, continuava a studiare presso la Royal Academy, contesto in cui Male nude, with arms up-stretched potrebbe essere stato pensato per essere appeso orizzontalmente come modello sulla schiena, anche se è più probabile che si tratto di uno studio per una Discesa dalla Croce. Infine, a proposito del pittore britannico in questione, egli fu noto per i suoi dipinti storici contenenti figure nude, troppo spesso accusate d’indecenza.
Jacques Louis David, Nudo maschile detto Patroclo , 1780.
3. Jacques Louis David, Patroclo (1780)
Patroclo, dipinto dell'artista neoclassico Jacques Louis David, realizzato nel 1780 e attualmente conservato al Musée Thomas Henry di Cherbourg (Francia), è un opera che molti hanno inteso come uno studio, in quanto priva dei dettagli del viso, nonché di altri elementi della composizione, volta ad ospitare un uomo reclinato con le spalle rivolte allo spettatore. Il nudo, concepito per mette in mostra un fisico imponente, consentendo anche all'artista di dimostrare le sue abilità tecniche, utilizza meticolosamente l'illuminazione, al fine di evidenziare ogni aspetto della figura ritratta. Il suddetto genere, all’interno della tendenza del Neoclassicismo, di cui David fu uno dei maggiori esponenti, era da intendersi come uno strumento necessario per esercitare e perfezionare la mano dell’artista nella comprensione del corpo umano, anche se nello stadio iniziale di questo processo, il disegno era da prediligersi rispetto all’arte pittorica. Infine, è d’obbligo riportare alcuni concetti base del Neoclassicismo, in quanto soltanto questi ultimi ci forniranno la lettura completa del suddetto capolavoro francese. In sintesi, la tendenza artistica in questione ricercava il bello e l’ideale, fecendo riferimento all’arte greca, che tanto si prodigò per generare opere composte, pacate, dalle forme eleganti e ben lontane da virtuosismi bizzarri e stravaganti, da ottenersi mediante una ricerca razionale, che doveva mirare a forme semplici, contraddistinte da grazia, equilibrio e compostezza quasi idealizzati.
Caravaggio, Amor vincit omnia, 1601-1602. Olio su tela, 156×113 cm. Gemäldegalerie, Berlino.
2. Caravaggio, Amor vincit omnia (1601-1602)
Al numero due non potevo non mettere un’artista del calibro di Caravaggio, artefice di Amor vincit omnia, dipinto in cui il pittore italiano ha raffigurato un giovane Cupido nudo dall’espressione trionfante, mentre è colto con le ali aperte, un arco e un mazzo di frecce in mano, simboli tradizionali del suo potere. Il trionfo di questi ultimi attribuiti è confermato anche dagli strumenti di guerra ormai posizionati a terra, proprio come se fossero stati sconfitti dall’azione del più nobile dei sentimenti: l’amore. Proseguendo nella descrizione della tela, se la posizione delle gambe dell’effigiato ricorda il San Bartolomeo nel Giudizio Universale di Michelangelo, l’espressione fanciullesca di Amore, carica d’ambiguità anagrammatica, riporta all’esempio dei volti di Leonardo da Vinci. Pertanto, probabilmente questi due maestri hanno ispirato il soggetto più romantico dell’intera opera di Caravaggio, volto, come sopra anticipato, a rappresentare un’allegoria del potere dell’amore, resa mediante uno stile barocco, capace di rappresentare la realtà in modo naturalistico e drammatico allo stesso tempo. Infine, le motivazioni per cui l’artista avrebbe scelto questo soggetto potrebbero essere due: Caravaggio potrebbe essersi ispirato ai versi di Virgilio sull’amore nelle Bucoliche, oppure egli avrebbe semplicemente voluto soddisfare le richieste del suo committente genovese Vincenzo Giustiniani, storico mecenate del pittore.
Michelangelo, La creazione di Adamo , 1511. Fresci, 280 cm × 570 cm. Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano.
1. Michelangelo, La creazione di Adamo (1511)
Sul gradino più alto del podio troviamo un altro italiano, nonché uno dei più importanti artisti di tutti i tempi, l’immortale Michelangelo Buonarroti, autore de La Creazione di Adamo, affresco dell’iconica Cappella Sistina (Città del Vaticano, Musei Vaticani), in cui Dio è posizionato sul lato destro, mentre è sospeso all’interno di in un nimbo sorretto da angeli e cherubini. Sul lato opposto del supporto trova collocazione il nudo di nostro interesse, volto a raffigurare Adamo, progenitore del genere umano, che giace disteso su di un prato, collocato su un pendio erboso, posto su di uno sfondo privo di dettagli. La scelta di posizionare quest’ultimo personaggio al primo posto della classifica viene dal fatto che proprio l’Adamo nudo, mentre è intento ad avvicinare le sue dita a quelle di Dio Padre, compie uno dei gesti più iconici della storia dell’arte. A riguardo di quest’ultima movenza, è noto come Michelangelo abbia voluto immortalare il momento in cui il Creatore, che sta per entrare in contatto fisico con la sua creatura, si prodiga per trasferire in lui la scintilla della vita. Sicuramente, il maestro italiano si ispirò alla frase della Genesi “Dio creò l’uomo a sua immagine, in quanto i due corpi da lui realizzati risultano essere alquanto simili, ovvero entrabi forti e robusti. Infine, vorrei proporre il seguente dubbio: e se Adamo e Dio si stessero in realtà allontanando l’uno dall’altro? In questo caso il primo uomo sulla terra avrebbe ormai intrapreso una vita indipendente, mantenendo lo sguardo fisso su Dio, proprio come fa un bambino, che, mentre impara a camminanre, si gira ripetutamente cercando lo sguardo sicuro del padre.