La pubblicità nell’arte

La pubblicità nell’arte

Olimpia Gaia Martinelli | 25 nov 2021 5 minuti di lettura 0 commenti
 

Arte e pubblicità si combinano ormai dai tempi della seconda rivoluzione industriale, generando opere, e correnti artistiche, che hanno rivoluzionato sia il mondo dell'arte che quello del marketing. Ma quando è nato questo fruttuoso sodalizio e come si è evoluto nel corso dei secoli?

I manifesti pubblicitari

Nelle società capitalistiche la pubblicità, oltre ad essere onnipresente, rappresenta anche una delle forme di cultura dominante, volta ad invogliare al consumo dei beni, che vengono dipinti come mezzi indispensabili per il raggiungimento del benessere e della felicità.

Quali sono le origini della moderna pubblicità?

Nel Settecento gli annunci pubblicitari occupavano, gratuitamente, e con piccole inserzioni, la quarta pagina dei quotidiani, mentre, a partire dell’ultimo trentennio dell’Ottocento, si diffuse l’uso dei manifesti pubblicitari. Questi ultimi, rappresentano una delle forme più antiche di pubblicità esistente che, nata durante la seconda rivoluzione industriale, si legò inizialmente alla promozione dei calendari degli spettacoli teatrali o di cabaret, luoghi di svago che andavano diffondendosi proprio durante quegli anni. Ad inventare il manifesto pubblicitario fu il francese Jules Chéret, che, esaltando innovativamente la parte figurativa dell’annuncio, rispetto a quella testuale, vi inserì anche la presenza di modelle. In Italia, invece, la storia del manifesto pubblicitario si lega indissolubilmente al nome del più innovativo tra i cartellonisti: Leonetto Cappiello (Livorno, 9 aprile 1875 - Cannes, 2 febbraio 1942).

Leonetto Cappiello, Bitter Campari, 1921. Litografia, 100 x 70 cm. Milano,  Archivio Galleria Campari.

Leonetto Cappiello e il Campari

Il Campari, per esteso Campari Bitter o Bitter Campari,  è una popolare bevanda alcolica italiana, utilizzata nella preparazione di famosissimi cocktail, quali il Negroni e l’Americano. Al fine di pubblicizzare il Campari, Leonetto Cappiello, nel 1921, propose un manifesto d’avanguardia, dove, per la prima volta, un’immagine si sostituì al prodotto da vendere. Infatti, nel manifesto, la bevanda alcolica è raffigurata nelle mani di un personaggio animato: lo “Spiritello”. Questo testimonial, sorta di genio della lampada avvolto dalla buccia di un arancia, era perfetto per essere abbinato alla famosa bevanda arancione, tanto che presto divenne anche un personaggio amato dal pubblico italiano. Infine, lo “spiritello”, volto ad incarnare il prodotto senza essere allo stesso tempo slegato da questo, era animato da un sorriso sfacciato, realizzato con il proposito di tentare lo spettatore ad acquistare il Campari.

Andy Warhol, Green Coca-cola Bottles, 1962. Acrilico, serigrafia e matita di grafite su tela, 210.2 × 145.1 cm. New York, Whitney Museum of American Art. 

Andy Warhol: la Coca Cola

Se Leonetto Cappiello, esponente dell’Art Nouveau, era stato ingaggiato da Campari per realizzare i manifesti pubblicitari, che avevano innovativamente unito arte e consumismo, i rappresentanti della Pop art americana degli anni Cinquanta e Sessanta, invece, inserirono spontaneamente i grandi marchi nelle loro opere, al fine di palesare l’avvento della società dei consumi di massa. Quanto detto può essere esemplificato dall’opera di Andy Warhol Green Coca Cola Bottles, che, creata nel 1962, raffigura 112 bottigliette vuote di Coca Cola, disposte in 7 file da 16 esemplari ciascuna. Green Coca Cola Bottles è stata realizzata tramite la tecnica della serigrafia, scelta appositamente dall’artista per alludere ai meccanismi della produzione seriale tipica della società dei consumi. Nonostante ciò, i contorni delle bottiglie, probabilmente impressi a mano, differiscono l’uno dall’altro per i loro contorni, per l’uniformità della pittura e per la loro inclinazione, conferendo a Green Coca Cola Bottles anche un tocco di realizzazione manuale. Infine, l’opera di Warhol, che in modo ironico criticava, e allo stesso tempo glorificava, gli idoli e i valori superficiali della cultura americana, riuscì a portare nei musei i prodotti tipici del supermercato. Infatti, l’artista stesso dichiarò l’uguaglianza tra supermercato e museo, sostenendo come in entrambi i luoghi si potessero “consumare i prodotti” in modo simile.  

img-6158.jpgMaxl, Marilyn & Mickey, 2021. Collage e acrilico, 102 x 102 cm.

Maxl: la Coca Cola, Topolino e Marilyn Monroe

Nell’opera dell’artista di Artmajeur, Maxl, il logo ed i colori della Coca Cola adornano le fattezze di un nuovo Topolino, che trova la sua collocazione accanto ad una Marilyn Monroe, raffigurata nella sua posa iconica più celebre. Infatti, questo collage pare riunire al suo interno, in modo totalmente innovativo, tre tematiche care all’opera di Andy Warhol: la Coca Cola, Topolino e Marilyn Monroe. Di conseguenza, l’opera di Maxl sembra farsi portavoce della poetica della Pop art americana, contraddistinta dal vivo interesse per le immagini, che si riferiscono al mondo artificiale in cui il consumatore vive, come i prodotti industriali d’uso comune e i mezzi di comunicazione di massa. Pubblicità, televisione e cinema, ma anche gli scaffali dei supermercati, diventano i nuovi soggetti delle opere d’arte, capaci di diffondere una visione, più colorata e vivace, della realtà, sotto la quale però si cela un sentimento di ansia ed angoscia latente. 

img-20210408-175649.jpgStephane Cazenave, Marlboro County, 1991. Acrilico e collage, 50 x 65 cm.

Stephane Cazenave: Marlboro

Tra i più celebri collage realizzati dagli esponenti della Pop art ci sono sicuramente quelli  di Richard Hamilton, pioniere della Pop art inglese. Infatti, uno dei suoi più celebri lavori, intitolato Che cosa rende le case di oggi così diverse, così attraenti?, è stato realizzato attraverso l’accostamento di fotografie ed immagini che, tratte dalla stampa americana, rappresentano una condensazione di riferimenti alla cultura pop. Il collage dell’artista di Artmajeur, Stephane Cazenave, invece, si distingue per aver accostato alla suddetta tecnica, in modo personalissimo ed originale, quella della pittura ad acrilico, che viene utilizzata per realizzare lo sfondo attorno alla foto ritagliata del cowboy. Quest’ultimo rappresenta un personaggio iconico del mondo della pubblicità, indissolubilmente legato ad un noto brand di sigarette americano, a cui l’opera fa esplicito riferimento con la scritta “Marlboro”. In conclusione, l’opera di Cazenave si contraddistingue per la sua capacità di unire un soggetto cult del mondo del consumismo ad una personalissima tecnica artistica.

chaneltp.jpgTony Rubino, Chanel Toilet Paper, 2021. Acrilico e litografia,
30,5 x 45,7 cm.

Tony Rubino: Chanel

Le opere fin ora indagate, in linea con la poetica della Pop art, non vogliono criticare la società, ma rifletterne semplicemente le caratteristiche. A sostengo di quanto detto, riporto la frase del famoso artista, Roy Lichtenstein: ‘’Non sono molto sicuro del tipo di messaggio sociale contenuto nella mia arte, ammesso che ve ne sia uno’’Da questo contesto si distacca fortemente l’opera di Tony Rubino, artista di Artmajeur, che, molto probabilmente, ha voluto dar voce al suo dissenso verso la società dei consumi, raffigurando il marchio di una nota casa di moda su di un rotolo di carta igienica. Inoltre, se la Pop art di Andy Warhol aveva prediletto l’uso della serigrafia, tecnica di stampa che permette la riproduzione di immagine in serie, Tony Rubino ha optato per la litografia, che, producendo solo un numero molto limitato di edizioni, si distacca definitivamente dalla produzione a catena di montaggio della società dei consumi. In conclusione, l’opera dell’artista di Artmajeur rappresenta una personalissima interpretazione della Pop art, che viene caricata di nuovi significati.



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