La geisha: storia ed evoluzione di un soggetto artistico

La geisha: storia ed evoluzione di un soggetto artistico

Olimpia Gaia Martinelli | 4 giu 2023 8 minuti di lettura 1 commento
 

Da un punto di vista storico, invece, la donna geisha è stata preceduta nei primi giorni della storia giapponese dalla figura del saburuko...

GEISHA POURING TEA (2017) Dipinto di George Shchegol.

Come preannunciato dal titolo, il mondo dell’arte qui raccontato si concentra sulla figura della geisha, introducendola, in un primo momento, nel suo significato storico, nonché nelle sue peculiarità distintive, per poi mettere in luce, in un secondo momento, l’evoluzione delle modalità di rappresentazione di quest’ultima figura, ad opera di alcuni dei più noti maestri giapponesi, ma anche, quasi a sorpresa, occidentali. Partendo dal primo proposito, voglio soffermarmi un attimo a risolvere un comune malinteso, volto ad associare, troppo frequentemente, la figura della geisha a quella della cortigiana. Infatti, la donna simbolo della tradizione giapponese non è affatto paragonabile ad una prostituta, in quanto il suo mestiere antico è quello di intrattenere i clienti con danze, canti e giochi, mansioni altamente qualificate, poiché per acquisirle si deve superare un addestramento rigido e durissimo, che, della durata di cinque o sei anni, porta all’apprendimento di una seduzione assolutamente non volgare, ma piuttosto studiata ed elegante. Ad avvalorare quando appena affermato è l’origine stessa della parola geisha, la quale, formata da due ideogrammi, accomuna i significati di arte e professione, da intendersi come l’identificativo di un’artista professionista, il cui ruolo è principalmente incentrato sulle arti performative del teatro, della danza e della musica. Da un punto di vista storico, invece, la donna geisha è stata preceduta, agli albori della storia giapponese, dalla figura della saburuko, tipica ragazza dalle condizioni familiari o personali difficili, che offriva servizi sessuali, anche se, in situazioni di maggiore agio e formazione culturale, ella poteva anche prestarsi a lavorare come ragazza immagine per gli eventi mondani. L’accostamento di questa tipologia di fanciulle alla raffinatezza delle arti performative avvenne però nel periodo Heian, fase storica, che, particolarmente florida nel settore estetico-creativo, avvicinò la neonata figura della geisha al più tipico clichè dell’uomo sposato, che soleva intrattenersi con le cortigiane senza destare, all’epoca, alcuno scandalo. Il netto distacco dalla figura della prostituta avviene però intorno ai primi del Settecento, momento in cui si registrò la comparsa della prima professioniste dell’arte, tanto che là dove le cortigiane e le oiran esistevano per soddisfare le più basilari esigenze sessuali, le geisha assurgevano a un ruolo più nobile e raffinato. A proposito delle arti figurative, dobbiamo inesorabilmente fare riferimento ad uno dei momenti più popolari della storia dell’arte giapponese, ovvero il periodo Edo, epoca di Utamaro e Hokusai per eccellenza, in cui stampe raffinatissime, eseguite con grande abilità tecnica, hanno proliferato, dando voce alle trasformazioni economiche e sociali di un tempo, in cui la la xilografia era prediletta insieme ai soggetti eroici, amorosi, fantastici e, oggetto di nostro interesse, le belle donne. Proprio quest’ultime diventano le protagoniste dell’arte dei bijin-ga (letteralmente immagini di belle donne), ovvero opere volte ad immortalare il genere femminile in tutte le sue versioni, quali quello delle vergini, delle madri di famiglia, delle poetesse e anche delle geisha.

SEIBO MARIA E IL SOL LEVANTE DELLA GIUSTIZIA (2023) Dipinto di Jariku Les Ateliers.

GEISHA CON OMBRELLO (2015) Dipinto di George Shchegol.

In questo contesto si distinse l’operato di Kitagawa Utamaro, pittore e disegnatore giapponese classe 1753 conosciuto principalmente per i suoi magistrali studi di donne, nonché per essere uno dei maggiori maestri dell’ukiyo-e, ovvero della più tipica stampa artistica giapponese, impressa su carta con matrici di legno. Il rapporto Utamaro-geisha è ben reso da due stampe consevate al MET (New York), rispettivamente Geisha Walking through the Snow at Night (1797) e Geisha and Attendant on a Rainy Night (1797). Per ciò che concerne la prima, essa raffigura il sovra menzionato soggetto che attraversa, munita di ombrello, una tempesta di neve, precipitazione che affronta in compagnia di un uomo, forse un suo prestante cliente, colto mentre è intento a portare lo strumento musicale dell’avvenente fanciulla, probabilmente uno shamisen. Tale composizione è resa onirica dal candore della bufera, che si prodiga a cadere fitta e veloce sugli effigiati, per svanire, quasi incredibilmente, sul terreno. Un’altra tempesta di neve è protagonista, insieme alla figura di una geisha, della xilografia di Kikukawa Eizan, titolata Neve o Bellezza nella neve, opera realizzata tra il 1815 e il 1842, in cui prende forma una “tatsumi geisha” operante nel distretto di Fukagawa a Edo, intenta ad avanzare tra i fiocchi di neve calzando dei sandali geta, che, in legno di paulownia, vengono indossati senza temere il freddo, poiché privi di calzini. In questo contesto è bene aprire una breve parentesi, volta a rendere noto come il genere bijin-ga subì una crisi nel Settecento, per poi riaffermarsi progressivamente durante il XX secolo, epoca in cui i massimi esponenti dell’arte, volta ad immortalare le fanciulle, furono Hashiguci Goyō, Torii Kotondo e Itō Shinsui. Questi ultimi maestri operarono durante il periodò, in cui finì il secolare isolazionismo del giappone, durante il quale l’occidente scopri, con grande stupore ed ammirazione, l’incredibile repertorio iconografico e tecnico orientale, proprio come fecero Aubrey Vincent Beardsley e  Alec Shanks. Il primo tra i due, mediante il modello giapponese, innovò l’illustrazione del Vecchio mondo, ispirandosi principalmente alla linea sinuosa, alle tinte piatte e alle silhouette eccentriche accentuate dalle pose serpentine del sovra menzionato  Kikukawa Eizan, modello che gli permise di trasformare le sue geishe in conturbanti femme fatale, proprio come si evince da The Climax, illustrazione del 1893Infine, a proposito di quest’ultimo capolavoro di Beardsley, l’opera, facente parte dell’illustrazione della versione francese della commedia di Oscar Wilde, Salomè, attribuisce alla donna i vizi tradizionalmente maschili della lussuria, del desiderio di dominare e del materialismo, che prendono forma in una figura intenta a fluttuare nell’aria, mentre tiene tra le mani la testa di Giovanni Battista, che, dopo averla baciata, gocciola di sangue nutrendo il giglio fallico. A conclusione, le opere degli artisti di Artmajeur, raffiguranti geishe, approfondiranno ulteriori argomenti riguardanti quest’antica e affascinante figura.


AKIKO (2022)Dipinto di Roberta Conti.

Roberta Conti: Akiko

L’olio dell’artista di Artmajeur Roberta Conti persegue l’intento, come dichiarato dalla pittrice stessa, di rivelare il misterioso mondo di una geisha, mediante l’uso di un “realismo”, volto a avere il suo punto focale nel viso dell’effigiata, che, truccato di un luminoso bianco, potrebbe aver ispirato il titolo dell’opera stesso, in quanto il nome femminile giapponese Akiko parrebbe ricondurre a differenti kanji, tra i quali a明 di aki, carattere che significa, tra l’altro, brillante. Proprio il suddetto splendente candore si accaparra tutta l’attenzione dello spettatore, estremamente concentrato nella contemplazione del bel chiaro volto di una fanciulla, che, stagliandosi con forza su di uno sfondo violaceo astratto, è in grado di ricondurci alle fattezze del più tradizionale trucco da geisha, che proprio Akiko ha emulato, decretando il trionfo del potere seduttivo della parte superiore del corpo, rispetto a quella inferiore, dove, in questo caso, si trova anche una profonda, ma meno accattivante, scollatura. A proposito del trucco delle geisha, la tradizione vuole ch’esso sia estremamente curato, tanto che dopo essersi dipinta il collo, la nuca e il volto di bianco, l’artista professionista si impegna a disegnarsi minuziosamente le sopracciglia, realizzate al fine di esaltare appena il taglio della palpebra con un po' di nero, per completare il tutto con un po' di tintura rossa sulle labbra. Infine, ad esaltare quanto illustrato ci pensa sicuramente anche la tipica acconciatura della Shimasa Mahe, volta a lasciare il viso libero dai capelli, per formare una specie di coda di cavallo.

GEISHA (2022)Dipinto di Annie Briançon Marjollet.

Annie Briançon Marjollet: Geisha

Il dipinto ad olio dell’artista di Artmajeur Annie Briançon Marjollet ci parla, a prima vista, di un mistero, ovvero quello riguardante l’identità di un’effigiata della quale si conosce solo un ravvicinatissimo primo piano, volto a riproporre l’occhio e la guancia destra di una fanciulla orientale. Tale quesito si risolve però nello stesso titolo dell’opera: Geisha, termine che ci rivela immediatamente il ruolo, confermandoci anche il sesso, del soggetto immortalato. In modo analogo alla suddetta opera voglio procedere svelandovi un altro “segreto”, riguardante l’antico processo secondo il quale era possibile diventare un’artista di professione. Di fatto, è importante rendere noto come nell'antichità, le giovani ragazze, spesso seguendo un percorso che esulava dalla loro scelta personale, entravano nell’okiya, luogo che era essenzialmente una casa di geisha, dove iniziavano un lungo periodo di studi per diventare a loro volta delle geisha. L'accordo con l'okiya spesso prevedeva che le fanciulle non dovessero sostenere alcuna spesa per l'istruzione, l'alloggio o i pasti, in quanto esse avrebbero ripagato il debito contratto semplicemente adoperandosi con il loro lavoro d’intrattenitrici. Ad ogni modo, esistevano anche modalità alternative, che consentivano alle aspiranti geisha di mantenere l'indipendenza, acquistando il proprio kimono, per vivere separatamente dall'okiya e pagare solo una quota di iscrizione al fine di lavorare presso quest’ultima. Un'ulteriore possibilità per una geisha era quella di emanciparsi dall'okiya dopo aver saldato completamente i debiti, e, in un secondo momento, trovare un ricco mecenate, che potesse fornirle un sostegno finanziario capace di permetterle di mettersi in proprio.  

GEISHA (2017)Fotografia di L'Individu.

L'individuo: Geisha

Se l’opera precedente ci ha fatto rimembrare i tempi antichi, il mezzo fotografico de L’Individu ci porta nella modernità, alimentando in noi una curiosità: cosa significa oggi essere una geisha? In modo molto analogo ai tempi passati, l’artista professionista odierna si presta a soddisfare le richieste di vari clienti, per intrattenerli nel corso di una serata, durante la quale ella si reca nei luoghi d’appuntamento, portandosi dietro alcune apprendiste, che, come la maestra, si assicureranno di servire da bere, conversare, suonare, cantare e talvolta ballare con il ventaglio. Simili forme di spettacolo si evincono dalla performace messa in atto dalla protagonista di Geisha, che in uno scatto dal pathos teatrale, culmina in un nudo parziale munito di spada affilata e sguardo altamente combattivo. Dopo aver visto questa interpretazione sorge allora un altra domanda: quanto chiederebbe l’effigiata della fotografia di L’Individu per la sua “messa in scena”? Ecco qui svelato il mistero, in quanto, se il prezzo per invitare una geisha a cena oggi si aggira tra i 30mila e i 50mila yen , ogni volta che quest’ultima balla, la si deve ringraziare con un’ulteriore offerta di circa 20mila yen per ogni commensale. La costosità di tale compagnia è determinata dalla continuità con l’antica tradizione, secondo cui il percorso di studi è molto lungo per arrivare a praticare tale professione, le cui occasioni lavorative restano, tra l’altro, limitate nel tempo e compresive di costosi kimoni.



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