Yuri Viktorovich Gusev, Modello nudo 2, 1951. Olio su tela di lino, 98.5 x 74cm.
Il realismo visto con gli occhi di Honoré Daumier
“Non siamo morti in vano”
Le parole di Daumier, pittore, scultore, litografo e caricaturista francese, potrebbero essere interpretate in due modi: in primo luogo, come una sorta di risposta, in chiave ottimistica, al messaggio lanciato dalla sua caricatura del 1835, che, intitolata So this is all we got ourselves killed for!, allude all’inutilità del sacrificio dei martiri della Rivoluzione del 1830, la cui morte non avrebbe risparmiato dal successivo insediamento di un governo corrotto e fraudolento. Il secondo significato di questa frase potrebbe invece essere riscontrato nell’essenza stessa del realismo, corrente di appartenenza del suddetto maestro, volta a trasformare l’arte in strumento di denuncia sociale, e di conseguenza, in un fruttuoso spunto di riflessione senza tempo. L’esempio di quanto appena affermato può essere tratto dall’interpretazione di uno dei maggiori capolavori dell’artista francese, ovvero Il vagone di terza classe, che, datato 1862 e conservato alla National Gallery of Canada (Ottawa), raffigura l’intenso e coinvolgente primo piano di una povera famiglia francese, catturata durante il suo viaggio all’interno di uno spoglio ed affollato scompartimento ferroviario, dov’è circondata dalla più totale indifferenza, volta a prendere le sembianze della moltitudine dei personaggi in abiti borghesi.
Honoré Daumier, Il vagone di terza classe, 1862-65. Olio su tela su tavola, 67 x 93 cm. Ottawa: National Gallery of Canada.
L’immortalità dell’opera, oltre che risiedere nell’innovativa e realistica composizione prospettica, sta nel messaggio che Daumier si preoccupa di trasmettere, esprimendo un punto di vista in netto contrasto con la cultura ufficiale dell’epoca. Infatti, il maestro francese non è sicuramente morto in vano, in quanto ha permesso ai fruitori del suo tempo, nonché a quelli moderni, di scoprire l’altra faccia, ovvero quella meno commerciale e celebrativa, della vita della seconda metà dell’Ottocento, epoca spesso superficialmente identificata attraverso i suoi traguardi tecnologici. Pertanto, è bene mettere in luce come proprio Daumier evitò di raffigurare il treno come mezzo di locomozione simbolo del progresso, per mostrare il disagio dei viaggiatori più umili, che trassero minimi benefici dalle innovazioni del suddetto periodo storico.
Roman Rembovsky, In front of the window 2, 2013. Olio su tela di lino, 160 x 180 cm.
Achille Chiarello, Le ninfe (Nereidi), 2021. Olio su tela di lino, 80 x 80 cm.
Breve storia del realismo
A proposito della corrente artistica di appartenenza del suddetto maestro, il realismo si delineò per la prima volta in Francia, durante gli anni Cinquanta del XIX, quando, dopo la Rivoluzione del 1848, con l’introduzione del diritto al lavoro, l’arte iniziò a provare interesse per la popolazione della classe operaria, nonché per i suoi ambienti e le sue scene di vita quotidiana. Di conseguenza, soggetti prima “ignorati” dall’indagine artistica divennero tutto d’un tratto altamente interessanti, fornendo la possibilità ai grandi maestri dell’epoca di immortalare una parte inedita e più ampia della società. In aggiunta, tale contesto storico, venne arricchito dalle innovazioni apportate dalla rivoluzione industriale, che, sul piano sociale ed economico, determinarono, sia l’eccessiva crescita delle città, che il peggioramento delle condizioni di vita dei ceti meno abbienti. Anche quest’ultimo aspetto divenne linfa vitale della sopra menzionata corrente artistica, che, volta a ritrarre i soggetti in una luce onesta e accurata, perseguì l’intento di mostrarne anche gli elementi più drammatici e sgradevoli. Infatti, il Realismo si impose come un prolifero strumento di documentazione critica della vita, raffigurando scene, oggetti e soggetti in modo meticoloso, accurato e dettagliato, opponendosi ai valori dell’ipocrita società borghese del tempo. Di fatto, il Realismo è ampiamente considerato come l’inizio dell’arte moderna, ovvero una corrente, che, chiaramente anti-istituzionale e non-conformista, ha valorizzato il più “semplice” e genuino interesse per mondo reale, piuttosto che le figure mitologiche ed esotiche o le grandiose scene di natura glorificate care al precedente Romanticismo.
Oleg Sergeev, Nude, 2015. Pastello, 50 x 65 cm.
Bruno Mellis, Tory, 2021. Olio su tela, 60 x 50 cm.
Il realismo nelle opere d’arte degli artisti di Artmajeur
A proposito dell’arte di oggi, la sovra menzionata corrente continua a manifestarsi attraverso la medesima fedeltà al dato reale, volta a prendere forma attraverso l’esplicitarsi di un’elevata abilità tecnica, derivata probabilmente da uno sguardo che è stato sapientemente rivolto anche verso la corrente del Realismo contemporaneo, movimento sorto a New York durante il XX secolo. Pertanto, gli artisti realisti di Artmajeur, quali, ad esempio, Andrea Vandoni, Emmanuelle Vroelant e Karlijn Surminski, risultano essere i diretti discenti di maestri del calibro, sia di Daumier e Courbet, che di Jane Freilicher e Fairfield Porter. Ciò nonostante, è bene evidenziare come il Realismo sia in realtà in continua evoluzione, in quanto, seppur basandosi sulla suddetta tradizione, la sua ricerca figurativa viene costantemente implementata da tecniche sempre più attuali.
Andrea Vandoni, Prima e dopo il matrimonio, 2022. Acrilico su tela, 100 x 120 cm.
Andrea Vandoni: Prima e dopo il matrimonio
Facendo riferimento a quanto sopra, possiamo affermare che Prima e dopo il matrimonio è un’opera realista, in quanto, oltre alla sua tecnica pittorica volta ad un’attenta resa del reale, il dipinto persegue l’intento di documentare una storia che, secondo Vandoni, rappresenta un must della vita di coppia: la progressiva trasformazione della donna angelo del focolare nella regina delle creme in pigiama oversize. Non entrando nel merito della veridicità di questo punto di vista, volto a dar voce ad un dibattito che coinvolge ormai da largo tempo entrambi i due sessi, riporto un altro esempio in cui, all’interno del mondo dell’arte, si sono manifestate due nature opposte nello stesso contesto. Infatti, ll bar delle Folies-Bergère di Édouard Manet è stato successivamente interpretato dall’artista giapponese Yasumasa Morimura, che ha creato una seconda versione della graziosa ed elegante fanciulla al bancone, a cui ha conferito le fattezze di una nuda, virile, accattivante ed ambigua presenza. Probabilmente, se nel caso di Vandoni parliamo di un dopo il matrimonio, in quello di Morimura sarebbe probabile alludere a un “post sbronza”, condizione volta a mettere sotto sopra, e trasformare, qualsiasi forma di vita.
Emmanuelle Vroelant, Courbes, 2009. Olio su tela di lino, 92 x 62 cm.
Emmanuelle Vroelant: Courbes
Mediante la ravvicinata e sensuale inquadratura del dipinto realista di Vroelant, allo spettatore è concesso di avvicinarsi con delicatezza al corpo femminile raffigurato, che, catturato nelle sue più morbide sinuosità, ci dà quasi l’illusione di poter essere toccato, al fine di scoprire la consistenza della sua pallida pelle. L’opera dell’artista di Artmajeur allude, come da titolo, all’indagine figurativa del maestro Gustave Courbet, indiscusso caposcuola del Realismo ottocentesco, la cui produzione risulta essere per un quinto dedicata all’esplorazione del corpo femminile, che viene indagato sia nudo, sia vestito, nonché all’interno di diversificati contesti sociali. Di fatto, è noto come l’artista ebbe una turbolenta vita sentimentale, segnata dalla frequentazione di servette, di prostitute e dalla presenza di un figlio illegittimo. Tornando all’opera di Vroelant, il dipinto, avente per focus i glutei dell’effigiata, ricorda la sensazione che si prova ad ammirare il rotondo, sensuale, sinuoso e morbido fondo schiena di una delle protagoniste di Le bagnanti, opera di Courbet datata 1853.
Karlijn Surminski, Barcelona primavera, 2020 II, 2021. lio su tela di lino, 72 x 63,5 cm.
Karlijn Surminski: Barcelona primavera 2020 II
Il dipinto di Surminski da voce ad un dramma di cui, aimè, tutti noi abbiamo fatto esperienza, ovvero l’isolamento del 2020, che, dovuto all’emergenza Covid, ci ha tenuto lontani, e nel terrore, per diversi mesi. Facendo riferimento alle stesse parole dell’artista, l’opera, volta a raccontare come il mondo esterno sia diventato improvvisamente solo quello interno, rappresenta una sorta di sguardo voyeristico, che fa riferimento al punto di vista di Edward Hopper, maestro indiscusso del Realismo americano. In particolar modo, Barcelona primavera 2020 II potrebbe essere paragonata a Night Windows, dipinto del 1928 in cui Hopper immortala una donna, che, affaccendata nel suo appartamento, non si accorge di essere osservata dallo spettatore. Proprio in tale contesto emergono le opportunità voyeristiche che si celano nell’impianto delle moderne città, in cui, seppur è possibile vedere l’altro, restiamo fondamentalmente soli ed isolati. Infine, le due opere sono accomunate anche dall’ambientazione notturna, che permette di creare composizioni ricche di pathos, nonché di contrasto tra il buio dell’esterno e la luce degli interni.