Arte ungherese: introduzione in 5 punti
Radici: la maggior parte degli storici sostiene che il popolo ungherese nacque intorno al 895 d.C. sotto la guida del principe Árpád, epoca in cui si svilupparono anche le sue prime forme d’espressione artistica. Nel primo periodo che seguì alla conquista di Árpád si diffuse l’uso di motivi ornamentali, che venivano utilizzati per decorare, sia gli abiti, che le attrezzature dei cavalli, dove ricorreva il tema principale del palmetto. Quanto descritto rimase popolare sino al XI secolo.
Dal romanico al gotico: l’arte del Regno ungherese medievale prende le sembianze di un intreccio delle culture, che si sono susseguite nello stato millenario del Bacino dei Carpazi. Ne risulta la mescolanza tra gli stili originari delle steppe e il contemporaneo romanico europeo. Tale incontro ha generato una maniera architettonica particolarmente affine alle espressioni dell’arte Vichinga scandinava e dei Celti. A proposito del gotico, invece, esso raggiunse l’Ungheria alla fine del XIV secolo, influenzando l’architettura, ma anche la pittura e la scultura. In ambito pittorico, molto popolare all’epoca furono gli affreschi raffiguranti la leggenda di San Ladislao, dedicati all’omonimo re e disposti in moltissime chiese.
Rinascimento: l’influenza italiana diventa davvero evidente nelle arti. Questo fatto è dovuto all’intenso legame che il Re Matteo Corvino d’Ungheria strinse all’epoca col Bel Paese.
Barocco, Neo-classicismo e Secessionismo: la maggior parte delle costruzioni che possiamo oggi ammirare in Ungheria sono in stile Barocco, affermatosi nel paese dopo l’espulsione dei Turchi, avvenuta nel 1686. Esempi di edifici neoclassici sono invece dovuti alla ripresa delle antiche tradizioni greche, all’indomani dell’Epoca delle Riforme. Il trionfo della popolarità del successivo stile secessionista è invece testimoniata da architetture come quella del Museo d’arte applicata (Ferencváros, Ungheria), ad opera di uno dei più grandi architetti dell’epoca: Ödön Lechner.
HOT TUB NO2Dipinto di Tibor Simon-Mazula
GIOCO D'OMBRA III. (2023)Dipinto di László Barna
Il 20° secolo
L’introduzione al mondo dell’arte ungherese ci ha permesso di giungere dove effettivamente volevamo arrivare: al Novecento, alle Avanguardie e ai suoi più noti artisti. In questo specifico contesto i maestri ungheresi dimostrarono di essere particolarmente attivi e recettivi rispetto a tutte le innovazione artistiche, che, all’epoca, arrivavano principalmente dall’Europa occidentale. Nel momento storico sopra descritto in Ungheria si distinsero, sia i pittori fauvisti, come, ad esempio, Béla Czóbel, Dezső Czigány, Bertalan Pór, che maestri svincolati da etichette avanguardiste, quali Gyula Tornai, Gyula Benczúr e Sándor Bihari. Successivamente, all'epoca socialista si associò una produzione artistica maggiormente sperimentale, critica e provocatoria, volta a collocarsi con una fazione attivista occidentale di natura temperata. Infine, il crollo del regime portò a una ritrovata libertà e apertura verso l’arte occidentale. Adesso è il momento di presentarvi, seguendo un ordine cronologico crescente legato alle date di nascita, alcuni dei più influenti artisti del Novecento ungherese!
DURO LAVORO (2024)Dipinto di Peter Duhaj
André Kertész
Chi ha rivoluzionato la composizione fotografica e il saggio fotografico, mediante contributi pionieristici dal sapore lirico, elegante e rigoroso? André Kertész! Il fotografo ungherese classe 1894, però, non riscontrò sin da subito il meritato successo, in quanto, inizialmente, le sue angolazioni e il sui stile poco convenzionale, più propenso alla spontaneità rispetto alla precisione tecnica, furono poco compresi. Ciò nonostante, egli è adesso considerato una delle figure fondamentali della fotografia del XX secolo, il cui punto di vista è riassumibile, ad esempio, in questo scatto: Fork (1918). Tale soggetto è stato inteso per accostare il bello al semplice, concetti che vengono illuminati con forza nella loro essenza quotidiana, oltre che messi in risalto dalla presenza di ombre dal carattere drammatico, posizionate al di sotto della forchetta. Il tutto crea quasi l’impressione di una composizione astratta, nonostante la natura della posata sia esplicitata con grande evidenza. Cosa ne possiamo dedurre? Sicuramente la forza del mezzo fotografico, capace di trasformare un semplice utensile in un oggetto dal potenziale altamente poetico.
László Moholy-Nagy
László Moholy-Nagy (1895 – 1946) è stato un pittore e fotografo ungherese, oltre che professore alla scuola del Bauhaus. Questo maestro modernista è stato plasmato dal Dadaismo, dal Costruttivismo, dal Suprematismo e dai dibattiti sulla fotografia, che gli hanno conferito un approccio più pratico, sperimentale e tecnologico. Parlando di una sua opera pittorica possiamo fare riferimento al noto Konstruktion in Emaille 1 (Construction in Enamel 1, also known as Telephone Painting) (1922-23), composizione geometrica astratta, volta a prendere forma nelle fattezze di una spessa barra verticale nera, che si intrinseca su di uno sfondo bianco. Ciò che è stato appena descritto viene accompagnato dalla presenza di un piccolo rettangolo giallo orizzontale, il quale, contornato di rosso, appare dietro ad una linea verticale rossa. Inoltre, un’analoga figura a croce trova posto nella parte superiore destra del supporto, spazio dove si delinea conferendo profondità alla visione. Se quest’ultime piccole componenti del capolavoro paiono avvicinarsi progressivamente allo spettatore, le forme più grandi restano immobili, alludendo al più tipico ordine minimalista. Infine, l’opera, per le sue peculiarità, riscontra affinità, sia con il Costruttivismo, che il contemporaneo movimento olandese De Stijl.
BALLETTO 2. (2020)Scultura di Kristof Toth
Brassai
Brassaï (1899 – 1984), fotografo, scultore, medaglista, scrittore e cineasta ungherese-francese, raggiunse la fama internazionale in Francia nel XX secolo. Ciò che lo ha reso celebre è effettivamente stata la sua indagine fotografica ambientata nella vita notturna parigina, raccolta dal libro Parigi di Notte. Ad ogni modo egli, in qualità di fotografo e fotogiornalista, ha contribuito principalmente all’ambito della fotografia vernacolare, nonostante il suo operato si trovi spesso a metà strada tra fotografia di strada e arte dal sapore surrealista. Per rappresentare i suoi soggetti, principalmente da intendersi come il frutto della sua curiosità verso i fenomeni d’urbanizzazione dell’epoca, faccio riferimento al seguente scatto: The stream snaking down the empty street (1930-32). Questa fotografia evidenzia l'interesse che il fotografo nutrì per il soggetto della strada in questione, resa dalla presenza rivelatrice della luce elettrica, pronta a illuminare il selciato della strada, al fine di mostrarla nei suoi molteplici dettagli. Seguendo questi interessi le città di notte vengono immortalate tramite due principi base: la disciplina sistematica dello scatto e la visione e il sentire poetico. Di fatto, le sue fotografie furono così descritte da Christian Bouqueret: Brassaï è il fotografo "di un nuovo mondo", "dove la notte non è più notte e dove la luce irrompe brutalmente e rumorosamente [...] rendendo visibili cose che prima erano solo speculazioni".
Marcel Breuer
Marcel Lajos Breuer (1902 - 1981) è stato un architetto e designer di mobili modernista ungherese-tedesco, la cui carriera ha toccato ogni aspetto del design tridimensionale, estendendosi dagli oggetti agli edifici. In particolare egli, studente e poi insegnante della Bauhaus, è soprattutto noto per i suoi iconici design di sedie, dove emergeva il suo vivido interesse nel testare le più recenti avanzate tecnologiche, al fine di rompere con le convenzioni, ottenendo risultati sorprendenti. A proposito della sua Club chair (model B3) (1927-28), essa, realizzata in pelle e acciaio a sbalzo, è a dir poco iconica, nonostante sia nata nel periodo in cui l’artista era ancora solo un apprendista presso la Bauhaus. Da un punto di vista stilistico, la sedia è ispirata ai principi costruttivisti del movimento De Stijl e ripropone l’idea del telaio di una bicicletta, interpretandolo in un modo essenziale, pronto a ricalcare i principi di funzionalità e la semplicità.
LÁNY FÁCÁNNAL (2022)Dipinto di Attila Karácsony
Vittorio Vasarely
Victor Vasarely (1906 – 1997), “nonno” e leader del movimento Op art, è stato un artista ungherese-francese estremamente noto per le sue opere dagli effetti ottici-geometrici, ottenuti dalla combinazione di una virtuosistica precisione tecnica e di una rinomata consapevolezza scientifica. Di fatto, la sua arte si propone di giocare con il senso visivo dello spettatore, mediante la creazione di effetti illusori e molteplici profondità, prospettive e movimenti. La cosa più importante diventa a tutti gli effetti l’azione di guardare, mettendo a confronto ciò che effettivamente possiamo vedere e ciò che è realmente presente. In Zebra (1937) i due animali raffigurati si intrecciano su di uno sfondo nero, conferendo alla visione una profondità, che si accompagna all’intimità, all’energia e alla sessualità della composizione. Il senso di movimento generale è aumentato anche dal fatto che le bestie non hanno contorno, ma sono definite da strisce nere e bianche ondeggianti, che fanno apparire il tutto in constante movimento. In tale modalità di uso degli effetti ottici, Zebra è spesso stata considerata una delle prime opere dell'Op Art.
Roberto Capa
Robert Capa, fotografo di guerra e fotogiornalista ungherese-americano classe 1913, soleva utilizzare una piccola fotocamera per potersi avvicinare ai luoghi d’azione pericolosa, al fine di mostrare gli effetti devastanti della violenza. In aggiunta, i suoi scatti di guerra, concepiti per raccontare storie e cogliere l’essenza dei soggetti, sono noti per il loro pathos. Sicuramente egli, con il suo lavoro di corrispondente di guerra e le sue fotografie, resta un modello per tutti quelli che a tutt’oggi si avvicinano a questa branca della fotografia. Tra gli scatti più iconici di Capa c’è sicuramente The Falling Soldier (1936), opera che cattura un soldato appena colpito da un colpo mortale, mentre cade all’indietro in un campo desolato, dove abbandona progressivamente anche il suo fucile. La fotografia coglie a tutti gli effetti ciò che Henri Cartier-Bresson aveva chiamato il momento decisivo, in cui si percepisce, sia il movimento della caduta, che l’immobilità della morte. Infine, la composizione drammatica della fotografia, ad oggi congiurata come lo scatto di guerra più famoso mai realizzato, ricorda il soldato a braccia spalancate, che è stato protagonista de Il 3 maggio 1808 (1814) di Francisco Goya.
SZENVEDÉLY (2023)Dipinto di Rékai Zsolt
Simon Hantai
Simon Hantaï (1922 – 2008) è stato un pittore ungherese naturalizzato francese, il cui operato è stato generalmente associato all'arte astratta, movimento all’interno del quale si collocano anche i suoi dipinti “pliage”, frutto dell’unione tra l'automatismo surrealista e i gesti dell’Espressionismo Astratto. Ad ogni modo quest’ultima modalità di creazione artistica contraddistinse la maggior parte della sua carriera, dove vi assunse forme diverse. A proposito della tecnica in questione: nel “pliage” la tela viene piegata in varie forme, per poi essere dipinta e srotolata, rivelando parti del supporto prive di colore. Per fare invece un esempio pratico del suo operato ho pensato di parlare di Untitled [Suite "Blancs"] (1973), opera, appunto, realizzata con il metodo del “pliage”, in questo caso annodando parti di tela non tese, per poi stendervi la vernice e, successivamente, slegare il supporto.
Dora Maurer
Dóra Maurer è un'artista visiva ungherese classe 1937, nota per esprimersi mediante quasi ogni mezzo dell’arte, tra i quali, ad esempio, la fotografia, il cinema, la pittura, la performance e la scultura. Il tutto viene sperimentato tramite un linguaggio contemporaneo e modernista, che prende forma in processi matematici e sistemi complessi, aventi il fine di proporre diverse opzioni allo spettatore, che deve decidere da solo come rispondere ed agire. In ogni caso nell’operato dell’artista ricorre il costume di scomporre le azioni semplici, dando la possibilità al fruitore di contemplare le parti del movimento. Descrivendo un’opera in particolare: "Hétpróba" (Seven Trials) è un ritratto intimo della cantante e madre Póka Eszter, oltre che dei suoi quattro figli adolescenti. La voce fuori campo di Maurer accompagna la figura di ciascun membro della famiglia, che viene sollecitato a rispondere a una serie di sfide divertenti, dove emergono pensieri privati e dolorosi. Tale narrazione appare quasi sdrammatizzata dalle strategie cinematografiche della Maurer, mediante le quali i personaggi vengono dissezionati, ripetuti, riformattati, fermati e distorti, al fine di farci maggiormente concentrare sulle loro connessioni e differenze.