È possibile non menzionare le ballerine di Degas?

È possibile non menzionare le ballerine di Degas?

Olimpia Gaia Martinelli | 26 feb 2023 9 minuti di lettura 0 commenti
 

Arrivato a studiare compulsivamente la storia dell'arte, divorando libri, articoli in rete, manuali, trattati, ecc., mi pongo la domanda del "secolo": è possibile parlare di Degas senza soffermarsi sul pluridiscusso e illustrato ballerine?...

ALLA SCUOLA DI BALLO II (2022) Dipinto di Serghei Ghetiu.

Giunta a studiare compulsivamente la storia dell’arte, divorando libri, articoli online, manuali, trattati, etc, mi pongo il quesito del “secolo”: è possibile parlare di Degas senza soffermassi sulle pluri-discusse e illustrate ballerine? Probabilmente no, in quanto, anche in questa occasione, esse hanno trovato il loro spazio all’interno del racconto, che, seppur marginale, ne mette in evidenza l’iconica ricorrenza e riconoscibilità, presentandole, ancora una volta, come un indiscutibile manifesto dell’operato dell’artista francese. Nonostante ciò, ho comunque cercato di soffermarmi su soggetti meno “sfruttati”, che ho voluto inserire in un sintetico contesto storico artistico, volto ad illustrarne l’evoluzione durante i secoli. Al fine di perseguire il mio obiettivo sono partita osservando più da vicino la “meno popolare” tela titolata La Famiglia Bellelli (1858 – 1860), opera, che, concepita a Firenze, ma terminata a Parigi, immortala Laurie de Gas, ovvero la zia paterna dell’artista, che ebbe modo di ospitare il pittore durante il suo viaggio di formazione in Italia. Infatti, proprio quest’ultima donna risiedeva nel sovra menzionato capoluogo toscano, luogo in cui si era unita in matrimonio a Gennaro Bellelli, uomo dal quale aveva avuto due figlie: Giovanna e Giulia. Parlando brevemente del capolavoro, all’interno di una stanza arredata con sobrietà ed eleganza, in cui si staglia sulla parete il ritratto a sanguigna del nonno paterno di Laurie, troviamo la famiglia Bellelli al completo, che posa con una così tanta naturalezza e non curanza da sembrare quasi inconsapevole del lavoro dell’artista. Tale composizione non è però totalmente causale, in quanto è stata sapientemente studiata dal pittore al fine di rendere alcuni tratti psicologici, a dir poco fondamentali, dei personaggi. Laurie pare, con la sua postazione distanziata dal marito e lo sguardo di tre quarti, manifestare tutto il suo disappunto per la vita coniugale, insoddisfazione che viene confermata dal marito, che siede addirittura di schiena lontano dalla famiglia. A proposito delle figlie, invece, esse sembrano distanti ed estraniate tra le dinamiche conflittuali manifestate dai genitori. Tale interesse per il mondo interiore, volto ad animare gli effigiati, trova il suo corrispettivo nella più alta e precedente tradizione dei ritratti di famiglia in un interno, all’epoca, ben esemplificata dal precedente operato di Goya, riassumibile nel noto dipinto del La famiglia di Carlo IV, olio su tela del 1801 circa in cui il maestro spagnolo ha ritratto i membri della corte di Spagna con taglio crudo e realistico, ovvero senza idealizzare le loro fisionomie, che sono invece arricchite da una netta caratterizzazione psicologica, volta a “deformare” i volti in espressioni “grottesche”. In tale contesto è bene precisare come anche la più antica Famiglia e corte di Ludovico Gonzaga, affresco di Andrea Mantegna databile tra il 1465 e il 1474, rappresenti altre figure stanti o sedute, le quali, non mostrando alcuna intimità fra di loro, si distanziano dal maggiore coinvolgimento emotivo riscontrabile in nel Tondo doni (1506 circa) di Michelangelo e, successivamente, da La famiglia Cappiello (1909) di Leonetto Cappiello o La famiglia (1918) di Egon Schiele.

SPACO DEGAS DANZA (2022) Dipinto di Spaco.

Edgar Degas, La famiglia Bellelli , 1858-67. Olio su tela, 200 x 250. Parigi, Musée d'Orsay.

Un’altra tematica, sfortunatamente poco felice, emerge invece dall’analisi de Lo stupro (1868 circa), olio su tela in cui Degas presenta una donna in sottoveste, che, seduta su di una sedia e curva su se stessa, pare assumere un atteggiamento di impotenza, umiliazione e fragilità, rafforzato dalla presenza poco rassicurante di un uomo, che la osserva con sguardo freddo e crudo, mentre tiene le mani in tasca e le gambe divaricate. In realtà questo capolavoro, originariamente titolato dall’artista L’interno, rappresenta un riassunto della relazione allacciata dal maestro francese con lo studio della luce notturna, che egli soleva catturare tramite l’esaltazione della flebile luce del crepuscolo, delle candele o delle lampade. Tornando invece alla più cruenta tematica, ovvero quella a proposito violenza sulle donne, un accurato studio della storia dell’arte ci rivela la ricorrenza di tale brutale soggetto, riscontrabile nei più antichi dipinti del Miracolo del marito geloso (1511) di Tiziano, della Danae di Correggio (1501 circa) e della Susanna e i vecchioni di Tintoretto (1557 circa). A proposito di quest’ultimo olio su tela, il maestro veneziano ha voluto immortalarvi una dei protagonisti del Libro di Daniele, ovvero Susanna, che, completamente nuda all’interno del giardino del marito, si sta preparando per il bagno, mentre tergiversa un attimo nel guardarsi allo specchio. A questa languida figura si aggiungono quelle di due vecchi lussuriosi, uno dei quali, non riesce a distogliere lo sguardo dalla superficie dell’acqua posta all’estremità del corpo della fanciulla, sulla quale, molto probabilmente, si sta riflettendo la parte più intima della sua fisicità. Proprio la storia biblica racconta come questi vegliardi si siano appositamente nascosti nel giardino del marito, al fine di ricattare la donna: o lei accetterà di fare ciò che essi vogliono, oppure loro diranno di averla scoperta con un amante. L’episodio, che continua nel Libro di Daniele, ci porta alla storia dell’arte contemporanea, la quale, anch’essa, non si è risparmiata dal denunciare i soprusi che le donne hanno subito dal genere maschile. Esempio di quanto appena affermato sono, tra le molte opere, Tap and touch cinema di Valier Export (1968-1971), Nan one month after being battered (1984) di Nan Goldin e Cut piece (1964) di Yoko Ono.

DONNA ALLA VASCA (2022) Dipinto di Isabel Mahe.

Edgar Degas, Donna che si pettina, 1887-90. Pastello su carta applicata su cartoncino, 82 x 57 cm. Parigi: Museo d'Orsay.

L’ultimo topico affrontato si riassume, invece, in un gesto femminile ripetitivo, intimo e quotidiano, quale quello di pettinarsi i capelli, che è protagonista del capolavoro di Degas titolato Donna che si pettina, ovvero un noto pastello del 1887 circa, avente come suo più iconico antecedente l’affine figura immortalata da Michelangelo nella Cappella Sistina, precisamente quella dipinta nella Lunetta con Aminadab (1511-12). La protagonista del ciclo di affreschi in questione si ritrova nella genealogia di Cristo, che, divulgata al Vangelo secondo Matteo, intende raffigurare Aminadab, principe dei Leviti, accompagnato dalla sua moglie. A proposito invece dei più classici dipinti di Degas, essi verranno analizzati tramite il confronto con i più contemporanei remake, realizzati da alcuni artisti di Artmajeur, quali, ad esempio: Jean Mirre, Angelika Poels e Tatiana Le Metayer.

ASSENZIO DOPO DEGAS (2022) Dipinto di Jean Mirre.

Jean Mirre: Assenzio dopo Degas

I rapidi tocchi di pennello che compongono le campiture di colore di moltissimi capolavori impressionisti paiono riunirsi qui, assumendo la forma di una moltitudine di “sgraffi” d’inchiostro, che, paralleli e perpendicolari, si stratificano su una distesa di colori ad olio. Con queste parole ho voluto riassume l’impresa pittorica di Jean Mirre, volta a reinterpretare, nelle suddette peculiarità stilistiche, una delle più note opere di Degas, quale L’assenzio (1875 circa), tela che coglie, all’interno del Café de la Nouvelle Athènes in Place Pigalle (Parigi), Ellen Andrée, astro teatrale della Francia del tempo, e Marcellin Desboutin, calcografo le cui sembianze ben riassumono l’imperante spirito bohème dell’epoca. In questo contesto, tali attori si trovano ad impersonificare una prostituta e un barbone, che, estremamente provati dalla vita, sembrano essersi intrappolati nello stesso spazio disposto tra il tavolino e il divano, luogo in cui, oppressi da una silenziosa disperazione, si fanno consolare dal passeggero lenitivo dell’alcol. Infatti, nonostante essi siano l’uno seduto accanto all’altro, paiono soli e lontani, con gli sguardi persi nel vuoto, alla ricerca, probabilmente, degli ultimi sprazzi di lucidità da soffocare con una sbornia epocale, la cui forza possa essere capace di cancellare, per qualche ora, la triste moltitudine dei loro pensieri. A questo punto vale la pena tornare all’opera dell’artista di Artmajeur, il cui vivace cromatismo pare riflettersi sui volti più spensierati dei due bevitori, proprio come se questi, quasi per miracolo, avessero iniziato a poter godere di un bicchiere per il semplice piacere di farlo, senza eccedere alla ricerca di un’altra, forse più tollerabile, realtà.


INSPIRED BY DEGAS (2022) Dipinto di Angelika Poels.

Angelika Poels: Ispirato da Degas

L’acrilico di Poels, proprio come suggerisce il suo titolo, è stato ispirato da un’opera di Degas, maestro francese che spesso ritrasse le donne nella loro più intima vita quotidiana, cogliendole da diverse ed accurate prospettive, composte da forme sinuose e gesti convenzionali. Proprio come quest’ultimi punti di vista, anche la composizione ideata dall’artista di Artmajeur si mostra per tutta l’accuratezza della sua studiatissima inquadratura, la quale ci fa immaginare Poels intento ad accovacciarsi accanto all’effigiata, al fine di catturare la sua fisicità ripiegata in un movimento, che, probabilmente dovuto all’intento di lavarsi, ha luogo all’interno di un ambiente di difficile interpretazione. Il fatto che tale visione derivi da Degas è indiscutibile, in quanto l’acrilico pare il seguito prospettico di La tinozza (1886), riproponendo una contemplazione del corpo umano, che, data la bassa inquadratura, risulta essere ancora più intima, nonostante appaia come “offuscata” da una tecnica pittorica prettamente espressionista. A proposito del capolavoro del 1886, invece, esso potrebbe ben essere sintetizzato da alcune parole che lo stesso Degas annotò nei suoi scritti: “Finora il nudo è stato presentato in pose che supponevano la visione da parte di un pubblico. Ma le donne non sono persone semplici ... Io le mostro senza civetteria, allo stato di bestie che si lavano”. Queste dichiarazioni rendono evidente come il maestro esulasse dall’arte ufficiale, rifiutando il nudo idealizzato ed estetizzato, per promuovere una femminilità, che, privata di ogni coloritura sociale, si presentava nei suoi momenti più autentici e vulnerabili. Osservando Inspired by Degas, dopo aver letto questa citazione, ci accorgiamo che i propositi dei grandi maestri del passato risultino a tutt’oggi ancora molto attuali, specialmente se iniziamo a pensare a tutti quei filtri, quelle finzioni e quei ritocchi, che animano e distorcono l’immagine femminile contemporanea.

"BLUE DANCERS", DOPO EDGAR DEGAS (2017) Dipinto di Tatiana Le Metayer.

Tatiana Le Metayer: Ballerine blu, dopo Edgar Degas

Il pastello dell’artista di Artmajeur ha intenzioni chiare: far rivivere, rendendo accessibile alle masse, uno dei più grandi capolavori della storia dell’arte, quale Quattro ballerine in blu di Degas, opera del 1897 avente il proposito di immortalare per sempre l’eleganza e la sinuosità del movimento di alcune fanciulle, che, con estrema grazia e delicatezza, si preparano in diversi modi al fine di entrare in scena. A rendere unico quest’ultimo pastello è l’inquadratura, che, dall’alto, ci proietta direttamente sui “busti” in blu delle ballerine, soggetti che fanno passare in secondo piano lo sfondo eseguito con cromie integrate ed affini, concepite per attribuire ampio rilievo alla scena dominante. Nonostante tutto il contesto catturato possa sembrare molto spontaneo, l’artista eseguì vari schizzi preparatori, che, sapientemente meditati, hanno generato una composizione avente il fine di simulare di non essere stata studiata nel suo deciso rifiuto della visione frontale dell’immagine. In aggiunta, anche i movimenti presentano accurate, ma dissimulate, cadenze teatrali, volte ad inscenare una sorta di balletto, che, scandito da una sapiente e simmetrica divisione degli spazi, lascia nella sua parte inferiore un quesito irrisolto, riguardante le sembianze della ballerina che appare studiatamente catturata fuori campo.

 


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