IL PARADISO È LÌ. (2023)Dipinto di Bart Van Zweeden.
La spiegazione più semplice del mondo
Al fine di parlare dei colori primari ho iniziato a cercare compulsivamente l’argomento in questione sul web, trovando molto soddisfacente, oltre che discretamente dettagliata, storica e scientifica, la narrazione a tal riguardo diffusa da Wikipedia. Ad ogni modo non l’ho letta, perché era troppo lunga, complicata e noiosa, per il mio cervello ormai abituato a guardare, uno dopo l’altro, gli inutili reel di Instagram. Allora, pensandovi in qualche modo simili a me, ho deciso di spigarvi il più facilmente possibile cosa siano i colori primari, che, in un secondo momento, voglio illustrare mediante alcuni capolavori della storia dell’arte a tema cromatico. Ad ogni modo, in questo secondo intento, le opere della storia dell’arte più famose verranno solo citate, poiché voglio farvi scoprire anche altri dipinti, che, seppur meno noti, hanno fatto parlare il magenta (che è una tonalità di rosso), il ciano (che è una tonalità di blu) e il giallo in questione. Ecco, ho già svelato quali solo le tonalità primarie, senza ancora dirvi, però, perché si tratta proprio di quest’ultime. Immaginiamo di stare nello studio di un pittore ed osservare la sua tavolozza, essa presenterà dovutamente i tre colori sopra menzionati, in quanto questi non possono essere ottenuti con nessun tipo di combinazione cromatica, mentre, allo stesso tempo, i colori primari, se uniti ad altre sfumature, possono dar vita a tutte le cromie presenti sulla paletta cromatica (colori secondari). Adesso che sapete, senza troppe complicazioni, che cosa sono i colori primari, siete pronti per conoscere i dipinti “meno noti” di maestri celebri, facenti parte dell’infinito racconto della arti figurative, che presenterà anche punti di vista più contemporanei, incarnati da tre artisti di Artmajeur. Pronti? Iniziamo col magenta!
BIGFOOT XS (2021)Scultura di Idan Zareski.
ROSSO (2022)Dipinto di Gerard Jouannet.
Capolavori in rosso
Quando si parla di opere d’arte in magenta gli storici dell’arte, gli amatori e gli studenti più brillanti si preparano ad intervenire, sollevando la mano, la penne e quant’altro, per fare subito il nome di Tiziano, Manet, Sargent, Kandinsky e Rothko, facendo riferimento ai loro Portrait of Tommaso Inghirami (1509), Madame Monet in a Japanese Kimono (1876), Dr. Pozzi at Home (1881), Mit Und Gegen (1929) e No. 301 (1959). Se chiedessi ai suddetti esperti di trovare opere “meno note”, ma altrettanto degne di rappresentare il colore rosso, essi probabilmente inizierebbero a discutere, sfociando in una rissa dal sapore estremamente soggettivo. Nel caso del colore della passione per eccellenza ho deciso, dopo aver preso parte alla suddetta zuffa, di parlare di un capolavoro molto curioso, se concepito all’interno dell’intero operato del re della Pop art per eccellenza: Andy Warhol. Mi riferisco a Red Lenin (1987), serigrafia facente parte di una serie che il maestro realizzò prima della sua morte su suggerimento del suo gallerista Bernd Klüser, il quale mostrò ad Andy una fotografia di Lenin da giovane, per far prendere all’arte di Warhol, volta principalmente a riprodurre le icone stereotipate della vita quotidiana in America, una nuova direzione, avente per soggetto immagini di contro tendenza. Nell’arte contemporanea, invece, il rosso ci parla intensamente nel ritratto in primo piano, titolato Face to Face, di Viktor Sheleg, pittore di Artmajeur che ha usato la cromia in questione, sia sullo sfondo, che su determinate parti del corpo della modella, ovvero quelle più espressive e sensuali degli occhi e della bocca. Quanto appena descritto esula talvolta dalle opere pù note che hanno usato il rosso, le quali solevano mostrare la cromia in questione spesso solo negli abiti dei soggetti raffigurati, accordandoli tonalmente allo sfondo solo in particolari occasioni, quali quella della nota, oltre che sopra citata, Dr. Pozzi at Home (1881). Quest’ultimo capolavoro di Sargent è volto ad esternare tutta l’ammirazione che il pittore nutrì per il suo modello, celebre pioniere della ginecologia, le cui pratiche promossero la sicurezza riproduttiva, oltre che la dignità delle donne. Pozzi, che era anche un’esteta e un collezionista d’arte, venne ritratto, seppur in maniera alquanto informale, alla stregua di un uomo del mondo ecclsiastico, presentando una posa graziosa e alquanto manierata, che ci fa ricordare le immagini dei papi e dei cardinali degli antichi maestri. Ad ogni modo, il tutto si carica di una vivace sensualità, data, oltre che dalla vestaglia casalinga e dalla tende di velluto, dalle lunghe ed aleganti mani dell’effigiato, forse allusive della sua grande abilità chirurgica. Passiamo adesso al blu!
ASCOLTO BLU (2023)Fotografia di Ziesook You
CONDIVIDERE SEGRETI (2023)Dipinto di Elli Popa
Capolavori in blu
La cromia in questione ci porta nuovamente ad elencare i capolavori più noti, per passare, in un secondo momento, ad altri meno celebri, seguiti da un’esempio della contemporaneità. Allora, per quanto riguarda il blu possiamo facilmente pensare a: Infanta Margarita Teresa in a Blue Dress (1659) di Diego Velázquez, The Old Guitarist (1903) di Pablo Picasso, The Starry Night (1889) di Vincent Van Gog e Blue Painting (1924) di Vassily Kandinsky. Potremmo aggiungere a questa popolare lista anche i meno ricorrenti The Conversation (1903-1912) di Matisse e The blue landscape (1949) di Chagall, dipinti che ho voluto accostare per affinità di soggetto, in quanto entrambi raffigurano un uomo e una donna in una situazione d’intimità. Iniziando col maestro francese, il suo capolavoro immortala le figure centrali dello stesso pittore e della moglie Amelie, eseguite in maniera alquanto schematica e semplificata. Il tutto viene così reso per dar voce ad un momento della vita reale dell’artista, sempre pronto, come da egli stesso rivelato, a cogliere “il significato più vero e profondo che si cela dietro di essa”, al fine di fornirne un’interpretazione più coerente. Questa profondità si ripropone nella predominanza del colore blu, che, riempiendo gran parte del supporto pittorico, determina anche lo stesso concetto di spazio, il quale si presta a rendere emotivo e significativo, oltre che alquanto freddo. La stessa tonalità occupa quasi tutta la superficie del lavoro di Chagall, in cui una coppia si abbraccia stretta stretta, mentre i loro sguardi rimangono lontani. Tra i due, è sicuramente l’uomo a mostrare più coinvolgimento, poiché è colto mentre accarezza l’amata in un gesto romantico, che è coronato dalla presenza di un mazzo di fiori, unico soggetto del dipinto ad esulare effettivamente dal prevalente blu e bianco. In conclusione, l’opera simbolista, nelle tematiche figurative da lei affrontate, ci coinvolge direttamente in una storia d’amore, il cui sentimento passa direttamente dagli occhi al cuore dello stesso fruitore. Infine siamo giunti, presi dall’impeto amoroso, e quindi senza nemmeno essercene appassionatamente accorti, al momento della contemporaneità, in cui, ancora una volta, il blu si associa all’intimità di due amanti, che si stringono in un abbraccio galattico, pronto a prendere forma tra le stelle dell’universo. Sto parlando del soggetto raffigurato nel dipinto dell’artista di Artmajeur Costantino Di Renzo, che, titolato Infinito – Paolo e Francesca, ci parla anche di come la Divina Commedia di Dante sia stata spesso soggetto dell’indagine storico artistica. Per chi non lo sapesse, alla storia di Paolo Malatesta e Francesca da Rimini è dedicata buona parte del V canto dell'Inferno, in cui i due giovani innamorati, colpevoli di essere cognati, furono condannate alle pene destinate ai lussuriosi. Ecco, medesima tematica venne affrontata da maestri del calibro di Amos Cassioli, Dante Gabriel Rossetti e Gaetano Previati, ma anche da pittori non italiani quali Ary Scheffer, Gustave Doré e Jean-Auguste-Dominique Ingres. Siete pronti per il giallo?
KELAPA DELIGHT (2023)Dipinto di Aurélie Quentin
GIALLO GIRASOLE (2023)Dipinto di Nataliia Sydorova
Capolavori in giallo
Potrei parlare dei Girasoli (1888-1889) di Van Gogh, del Bacio (1907-8) di Klimt, de La casa gialla (1888) di Van Gogh e di Impressione III (concerto) (1911) di Vasilij Kandinskij, ma il desiderio di stupirvi con la descrizione di Mound of Butter (1875-1885) di Antoine Vollon e di Cold Morning on the Range (1904) di Frederic Remington mi divora!!! Appunto, restando in tematica di fame, fame di arte in questo caso, non c’è niente di meglio dell’inisuale natura morta a base di burro del realista francese Antoine Vollon, estremamente noto proprio per questo genere di dipinti, mediante il quale, durante la sua epoca, raggiunse un vero e proprio status di celebrità. Il giallo in questione si dispone, come anticipato, sulla superficie di un morbibo cumulo di burro, presumibile risultato di quel tipico carotene delle piante fresche, che al tempo del maestro solevano mangiare le mai sazie vacche. Il prodotto finale veniva acquistato direttamente dal contadino, che, dopo la mungitura, raccoglieva la panna da lavorare, oltre ai grumi che venivamo manipolati, al fine di rimuovere l’umidità. Per la conservazione del burro, invece, il dipinto parla da solo, mostrando come esso veniva generalmente tenuto in un telo di mussola, all’interno di luogo fresco. In questo contesto l’alimento veniva prelevato col cortello e successivamente spalmato, ad esempio, su di un pezzo di pane, proprio come ci fanno intendere le striature, che si accostano alla presenza di un’apposita spatola di legno, volte a modellare la superifice del prodotto alimentare in uso. Eccoci adesso giunti a Cold Morning on the Range (1904) di Frederic Remington, dipinto che raffigura un cowboy pronto a domare uno stallone selvaggio, mentre, sullo sfondo, sono presenti altri uomini a cavallo, intenti ad occuparsi del bestiame sotto gli occhi delle montagne, che appaiono in lontananza. Tutta questa scena è dominata dall’imporsi del colore giallo, la cui presenza si palesa nella natura arida del terreno, probabilmente collocato a Goodnight-Loving Trail, ovvero il celebre percorso utilizzato nei trasferimenti su larga scala del bestiame Texas Longhorn alla fine degli anni '60 del XIX secolo. Proprio mostrando tale luogo, l’artista voleva alludere, mediante le tonalità prevalenti del giallo, a temi realtivi all’autosufficienza, nonché al dominio dell’uomo sulla natura. Ancora una volta, siamo giunti alla contemporaneità, in questa occasione affidandoci al talento dell’artista di Artmajeur Stefano Galli, che, in Pianto di un cameriere in un angolo del giardino di un albergo, ci conduce in un ambiente casalingo esterno ricco di sfumature che dal giallo giungono fino all’arancione. Di fatto, tutto l’abitato dipinto presenta le suddette nuance, proprio come avvenne analogamente, 116 anni prima, nel quartiere in cui prende vita la sopra menzionata Casa gialla di Van Gogh. Esulando però dal descrivere quest’ultimo capolavoro, decisamente legato alla biografia del maestro in questione, possiamo tracciare un racconto parallelo, in quanto, anche l’opera di Stefano parla della sua stessa vita, in particolare, di un simpatico evento che l’ha piacevolmente segnata. Il pittore, da bravo italiano, è sicuro di possedere il metro di giudizio per decretare la bontà di tutta la cucina mondiale, tanto che, una volta giunto in Romania, disprezzò i piatti di un ristorante. Il cameriere del posto, come ci mostra fantasticamente il dipinto, avrebbe dovuto prendere sul serio, e quindi con sano drammatismo, la critica del Galli, scoppiando in lacrime, in quanto è solo nel Bel Paese che risiede la massima autorità del cibo...Tengo a chiarire come quest’ultimo pezzo, scritto con massimo rispetto per chi è a favore o chi si oppone alla supremazia dell’Italia in ambito culinario, ci conduce alla fine della storia a riguardo del rosso, del giallo e del blu.