I dieci migliori fotografi di moda

I dieci migliori fotografi di moda

Olimpia Gaia Martinelli | 30 set 2023 11 minuti di lettura 0 commenti
 

Questo articolo è dedicato a tutti coloro che vogliono conoscere la fotografia ma sono troppo pigri per impegnarsi nello studio. Questo articolo è fatto per tutti coloro che sono annoiati di leggere Wikipedia, perché al di là dell'elenco delle date o di un'interpretazione un po' fredda, hanno urgente bisogno di essere stimolati, divertiti e accompagnati nell'apprendimento...

YEUX DE BICHE 3/3 (2023)Fotografia di Bettina Dupont.

Fotografia di moda: racconto per i pigri

Questo articolo è dedicato a tutti quelli che vogliono sapere di fotografia, ma sono troppo pigri per impegnarsi a studiare. Questo articolo è fatto per tutti quelli che si sono annoiati di leggere su Wikipedia, perché oltre all’elenco delle date o ad un alquanto fredda interpretazione, necessitano urgentemente di essere stimolati, intrattenuti e accompagnati nell’apprendimento. Questo articolo vi racconterà, cercando di essere meno noioso e impegnativo, della storia della fotografia di moda, tematica a cui seguirà la presentazione dei dieci migliori artisti del settore. Prima di partire con il proposito numero uno, vi dico che cos’è la fotografia di moda, cercando di non ricorrere a definizioni troppo impegnative, ma di sviscerale la materia per rendera alla portata di tutti. Allora facendola semplice semplice: avete presente la più antica arte pittorica? Bene in questa, ad esempio, c’è il genere del paesaggio, che raccoglie tutti i dipinti che mostrano vedute naturalistiche. Di conseguenza, se parlo di fotografia di moda, intendo tutte quelle immagini che catturano abiti e accessori del vestiario, che possono essere più o meno indossati da modelli e modelle, colti in esterni o interni. Fin qui possiamo ritenere che fotografia e pittura si assomigliano, anche se, nel primo caso, è importante sottolineare come tale produzione artistica si sia legata, in special modo al suo inizio, alle immagini diffuse dalle riviste di moda (pensa alle iconiche La mode practique, Harper Bazar e Vogue), contesto dal quale essa si è via via anche distaccata, poiché alcuni dei suoi più noti esponenti sono riusciti ad elevarla a forma d’arte, esistente anche al di fuori del mondo prettamente commerciale. Sono giunta a questo punto sfuggendo dallo stile di Wikipedia, ovvero senza fare riferimento ad una compulsiva successione di date, anche se a questo punto, almeno per orientare il mio racconto in un periodo storico, vorrei precisare come il rapporto fotografia-riviste prese piede nel XIX secolo, mentre l’interpretazione artistica dello stesso è da collocarsi all’incirca nel corso degli anni Trenta del Novecento, mediante l’operato di grandi maestri del genere, quali Irving Penn, Martin Munkacsi, Richard Avedon e Louise Dahl-Wolfe. Ad ogni modo è bene mettere in luce come questi ultimi non avrebbero raggiunto la visibilità necessaria per imporre il loro punto di vista, se, durante il XX secolo, la fotografia di moda non avesse progressivamente acquisito un nuovo status, datole dall’aumento dell'interesse del pubblico verso le sfilate, gli stilisti e le modelle. Adesso che la storia della fotografia è stata semplificata, ovvero ridotta ai suoi minimi termini, cosìcche potrete forse ricordarla una volta per tutte, passiamo alla presentazione dei dieci fotografi...

'ROSÉ' (2021)Fotografia di Dasha e Mari.

I dieci migliori fotografi di moda

Adolf de Meyer, tramite Wikipedia.

1. Barone Adolf de Meyer

Il racconto prosegue nelle singole presentazioni dei fotografi, che saranno indagati per il loro stile, in quanto ho voluto fortemente cercare di evitare di rievocare meccanicamente le tappe della loro esistenza, proprio come fa la mia ormai acerrima nemica (sto scherzando) Wikipedia. Partendo da Baron Adolf de Meyer, il francese classe 1868 è noto per essere stato il primo fotografo di Vogue, distinguendosi per l’uso di un obiettivo difettoso, che conferiva alle sue immagini un indimenticabile parvenza di sfocatura.  Oltre a questa peculiarità, ciò che ha distinto l’operato di Adolf de Meyer, è il fatto ch’egli cessò di ritrarre sistematicamente le signore dell’alta società, l’eleganti passanti, le modelle, etc., per porsi l’obiettivo d’interpretare il soggetto immortalato, che, esponente di uno stile, diveniva una sorta di collaboratore del fotografo, pronto a muoversi in sintonia con esso, per farsi scoprire autenticamente. Il risultato furono, per l’epoca in questione, inedite fotografie pronte a rendere, oltre che i vestiti, anche gli stati d’animo dei modelli, sentimenti che trasformano per la prima volta il genere in una sorta di modalità comuncativa, capace di rivelare non solo ciò che siamo, ma anche come vorremmo apparire.

Lo stagno-chiaro di luna (1904) di Edward Steichen

2. Edward Steichen

Edward Jean Steichen (1879-1973), fotografo, pittore e curatore statunitense di origine lussemburghese, è noto per essere stato, insieme al sopra menzionato Adolph de Meyer, un pioniere del genere in questione, al quale conferì un approccio artistico, nonché uno stile alquanto pittorialista, in cui prendeva forma una messa a fuoco morbida, accompagnata da un ritocco estetico, pronto a distinguersi dalle meccaniche e nitide immagini realizzate dai suoi colleghi commerciali dell’epoca. A tutto ciò non poteva mancare un tocco sapiente di fantasia, estro e voglia di sperimentare, proprio come emerge nella fotografia, pubblicata nel numero di febbraio 1928 di Vanity Fair, in cui Steichen ha catturato Gloria Swanson, posizionando un pezzo di velo di pizzo nero sul suo volto. In quest’ultima idea la donna si riconobbe a tal punto, che dilatò il suo sguardo imitando quello di una leopardessa, pronta ad attaccare da dietro a un cespuglio, mentre osserva, pregustando, la sua preda. Ecco proprio la descrizione che precede mostra come la fotografia di moda, con Edward Jean Steichen, esulò dalla sua sterile ripetitività,  cercando nei modelli un’orginale interpretazione dell’abito o dell’accesorio in questione, e quindi ricreando quel rapporto antico, che da secoli, ha legato l’estro del pittore alla capacità attoriale della sua modella prediletta.  

Lee Miller durante la seconda guerra mondiale, tramite Wikipedia.

3.Lee Miller

Lee Miller (1907– 1977), prima di essere fotografa, è stata modella, sia del padre, che di alcuni rilevanti fotografi del suo tempo, come Edward Steichen, George Hoyningen-Huene e Arnold Genthe, che la catturarono per Vogue prima del 1929, anno in cui la Miller decise di passare dall’altro lato dell’obiettivo,  per collaborare anche con il grande Man Ray. Passando velocemente al suo punto di vista, possiamo farci un’idea di quest’ultimo descrivendo lo scatto glamour con cui la fotografa ha immortalato, nel 1933, l’attrice Lilian Harvey, intenta ad indossare un elegante e vistoso abito da sera in raso e paillettes, valorizzato da una postura in parte distesa, in cui la modella trova equilibrio sul suo braccio sinistro. A rendere alquanto particolare il tutto è però il processo fotografico di solarizzazione, mediante il quale, sovraesponendo deliberatamente la pellicola durante lo sviluppo, le immagini risultano parzialmente negative. Tale tecnica ha trasformato l’abito e la figura al tempo stesso, sfumando, sia la mano, che la definizione della manica del vestito e dello spazio dello sfondo. Al tutto segue la presenza di forti contrasti cromatici, che prendono forma nel sopra menzionato corpo disteso, che appare via via sempre più appiattito e inconsistente, tanto che il soggetto, dal sorriso consapevole, pare dissolversi, progressivamente, nello spazio.  


4. Helmut Newton

Elsa Peretti in costume da coniglietta Halston, New York (1975): questo è lo scatto con cui voglio presentare il lavoro di Helmut Newton (19202004), che, in questo caso specifico, ha catturato la Peretti, modella, e in seguito designer di gioielli, colta in posa per French Vogue, mentre è vestita con un costume da coniglietta sul tetto del suo appartamento di New York. Il tutto prende forma sullo sfondo della sopra citata metropoli, luogo in cui atmosfere tipiche della notte si palesano alla luce del giorno, probabilmente alludendo ad una forma di rivelato voyerismo. Sicuramente quanto appena descritto è stato ispirato dall’esperienza di Palyboy del fotografo, che ha consequentemente deciso di esplorare liberamente l’erotismo e la sessualità femminile, dimensioni pronte, innovativamente, ad entrare nel genere della fotografia di moda. All’epoca tale approccio del fotografo daltonico fu di fatto percepito come altamente sensuale, talvolta sadomasochistico, stilizzato o addirittura feticista. Nonostante l’estremismo di alcune valutazioni, certo è il fatto che l’artista volesse ritrarre la donna sotto una nuova luce, ponendo enfasi su di una natura dominante, colta mediante angolazioni strane, luci drammatiche e pose erotiche sapientemente curate e composte, pronte a dar vita a visioni forti e provocanti. 



5.Richard Avedon

Richard Avedon, classe 1923, è stato un fotografo ritrattista statunitenseestremamente celebre per i suoi innumerevoli ritratti in bianco e nero, che si sono distinti in vari genere, comprensivi di quello del reportage e della moda, dove, ad esempio, rimane immortale l'impatto di scatti come Dovima con gli elefanti, abito da sera di Dior, Cirque d'Hiver, Parigi (1955). Quest'ultima fotografia rivela lo stile del maestro, presentandosi come un gioco di contrasti, in cui si contrappongono la pelle chiara della modella con il suo nastro e la pelle grigio scuro degli elefanti ruvidi e rugosi, pronti a parlare del tempo che passa, al quale la giovane pare non avere nulla da temere, assumendo una posa forte, anche se alquanto spigolosa. Gli opposti si attraggono ancora una volta  nelle linee, in quanto il rigore della donna pare distinguersi dalle curve istintive, ma pesanti, degli animali. Nonostante lo scatto in questione abbia segnato l'ascesa del maestro nel campo della fotografia di moda, egli lo ricorda con una sorta di rimpianto: "Guardo quella foto ancora oggi e non so perché non ho fatto spuntare la fascia a sinistra per completare la linea dell'immagine". Per me la foto sarà sempre un fallimento perché quella fascia non c'è".


6. Ellen von Unwerth

Ellen von Unwerth è una fotografa tedesca classe 1954, che ha iniziato la sua carriera come modella, prima di diventare icona della fotografia di moda e pubblicitaria, specializzandosi nel soggetto femminile, che intrepreta facendo riferimento all’esempio tratto dal lavoro di Guy Bourdin e di Helmut Newton. La tematica principalmente affrontata dall’artista risiede nella valorizzazione del potere dello sguardo femminile, nonché della sua capacità di sfruttare l’erotismo, che, talvolta percepito in maniera provocatoria, allude all’emancipazione del gentil sesso, narrandola mediante l’evocazione di un punto di vista glamour, volto a presentare elementi visivi allo stesso tempo tranquilli e forti. Tale narrazione prende forma, sia in bianco e nero, che a colori, all’interno di composizioni classiche e senza tempo, ma anche di scatti dinamici e giocosi. A proposito di quest’ultimo aspetto, il suo operato è noto per presentare un approccio ludico, volto a mettere a proprio agio i modelli, favorendo atteggiamenti positivi e alquanto spontanei, che portano fotografo e soggetto ad esplorare insieme i temi del feticismo, della sessualità e della femminilità, cercando anche di rivelare la personalità dell’effigiato. 

7. Tim Walker

Timothy Walker è un fotografo di moda britannico classe 1970, che, esprimendosi regolarmente per riviste come Vogue, W e Love, rende esplicito un punto di vista sicuramente pronto ad attirare l’attenzione di tutti coloro che si sono rifiutati di crescere, sperando di vedere realizzati i sogni che prendevano vita nelle loro fiabe preferite. Di fatto, gli scatti di  Walker, mediante l’impiego di colori principalmente tenui, si contraddistinguono per dare libero sfogo ad una fantasia fanciullesca, pronta ad assumere le sembianze di storie incantate e, allo stesso tempo, delicate, che conducono l’osservatore ad allontanarsi dai rigidi schemi mentali del mondo adulto. Sembra quasi che l’artista abbia fatto sua la citazione di Irving Penn: "La fotografia di moda riguarda la vendita di sogni e non di vestiti", per avvicinare la quotidianeità alla magia in una maniera surreale, ma alquanto credibile. Tale incantesimo non è però frutto della manipolazione digitale a cui il fotografo rifugge, tanto che ciò che appare nello scatto è stato autenticamente composto sul set, escusivamente a grandezza naturale. Ne consegue che lo spettatore si sente come “c’era una volta”, ovvero capace di provare quelle sensazioni dimenticate, pronte a fargli nuovamente indossare le ali della fantasia…

8. Roxanne Lowit

Roxanne Elizabeth Lowit (1942-2022) è stata una fotografa americana di moda e di celebrità, il cui principale desiderio fu quello di non farsi sfuggire dettaglio alcuno, per fissarlo in immagini, volte a dare il volto ad un’epoca, fermandola in istanti eterni. La sua visione presenta una specifica peculiarità, che è quella di permettere all’osservatore di entrare nella sfera privata, intima e personale, dei soggetti raffigurati, anche accedendo al sospirato e ambito backstage del mondo della moda. Nella sua ricerca figurativa si fondono due componenti in particolare, quali quelli dell’edonismo e del glamour, di sovente esplicitati anche mediante un punto di vista notturno. Le peculiarità del mondo da lei catturato furono però possibili da cogliere soltanto all’epoca in cui ella ha principalmente esercitato, in quanto, facendo riferimento alle sue stesse parole, la fotografa dichiarò come: “Allora c'era decisamente più giocosità. Le modelle avevano davvero una grande personalità e un grande fascino. Oggi trovo che le ragazze siano tutte più o meno uguali... le top model hanno davvero capito tutto".


9. David LaChapelle

David LaChapelle è un fotografo e regista statunitense classe 1963, che è stato attivo nei campi della moda, della pubblicità ed in senso lato della fotografia d'arte, esprimendosi mediante un personalissimo punto di vista Pop, che ha preso forma nella fusione di tematiche pricipalmente erotiche, glitterate, sacre e mitologiche. Questi soggetti trovano realizzazione in fotografie che paiono dipinti, volti a dar forma ai sogni dell’artista, che fa sicuramente riferimento anche agli insegnamenti del Surrealismo. Mediante quest’ultimo aspetto è stato possibile rendere concreto un linguaggio, in cui la spiritualità e la provocazione si fondono, all’interno di un mix che pare inglobare favole e kitsh, ma anche l’esempio di Michelangelo, di Botticelli, di Dalì e di Koons, che viene reso mediante l’uso di colori traslucidi e immagini patinate ricche, sia di giocosità, che di blasfemia. Allo stesso modo si fa esplicito il riferimento al culto delle celebrità, al consumismo e alla sua conseguente voracità espressiva, senza dimenticare come LaChapelle abbia dichiarato di nutrire una particolare ammirazione per mestri del calibro di Andrea Pozzo e Caravaggio, contando anche che il suo lavoro è stato probabilmente influenzato dall’opera di Salvador Dalí, Jeff Koons, Michelangelo, Cindy Sherman e Andy Warhol.


10. Annie Leibovitz

Senza titolo (2017): scatto della Leibovitz che ci spiega in parte il suo punto di vista espresso all’interno della fotografia di moda, reso, in questo particolare caso, dalla copertina di Vanity Fair del numero di Hollywood, in cui undici star posano indossando abiti firmati, i quali presentano colori coordinati, mentre si stagliano sullo sfondo di uno studio cinematografico. I soggetti della composizione si dispongono, sia in piedi, che seduti o sdraitai, risultando accumunati solamente dal fatto che ognuno di loro rivolge il suo sguardo all’obiettivo, presentando un’espressione impassibile. La copertina risulta essere decisamente glamour ed elegante, anche se, riproponendosi ogni anno con protagonisti diversi, secondo l’usanza degli Oscar, essa risulta anche alquanto effimera ed intercambiabile. Ad ogni modo è questo tipo di ritratto di gruppo di celebrità che ha contribuito a rendere famosa la fotografa, nota per la sua capacità di generare interesse visivo grazie alla sua sapiente disposizione dei soggetti, oltre a quello delle luci e degli oggetti di scena. Il tutto è il frutto di una grande riflessione e pianificazione, che si oppone idealmente alla superficialità del culto delle persone famose, nonostante sia anche mediante questa leggerezza, che è possibile conoscere ilo momento culturale in cui uno scatto ha preso forma...


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