Προστέθηκε 13 Αυγ 2009
Critica
POLAFIORIDICAMPO di Vegini Luigi
"Le sue sono poesie visive,che non hanno bisogno di parole,ma che colpisconola mente e il cuore di chi le osserva".Così Beppe Bolchi, autore noto e cultore della fotografia a sviluppo immediato,commenta i FIORI DI CAMPO di Luigi Vegini(valbrembo,1975):fiori semplici,che danno al giovane fotografo bergamascho la possibilità di vivere e trasmettere sensazioni uniche con cui alimentare la propria ricerca creativa.E la ricerca di Vegini è tesa a catturare le emozioni magiche che caratterizzano l' universo dei fiori di campo,nel quale dominano i profumi e gli odori della primavera,i ritmi armonici e musicalidella natura,le bellezze timide e autentiche che diffondono voglia di viveree serenità.
Le immagini sono la sintesi di un processo di riflessione intima dell'autore,intesa come cpacità di percepire e raccontare con creatività il contesto osservato, e l'amore per il sistema Polaroid. A Vegini piace utilizzare i materiali polaroid perchè gli permettono di vedere subito il risultato e di influenzare il processo di formazione dell'immagine "intervenendo" prima del suo definitivo materializzarsi, tra sfumature e segni, materie e cromie, in un gioco intrigante di pulsioni e sensazioni irripetibili.Vegini osserva i fiori di campo,li ascolta in silenzio e poi li esplora al filtro della propria interiorià,attento alla gestione del colore,sempre morbido e dolce, che fonde con un mosso studiato e calibrato.Poesia iconica che nasce dal nulla,dalla spontaneità dei papaveri,simbolo della consolazione,e della "semplicità,freschezza,purezza" delle margherite.Due bellezze umili,riservate e discrete,con una vita molto breve,che vanno individuate,visualizate,raccolte e collezionate,perchè si conservino nel e fa Vegini,con artigianale semplicità,tramite una tessitura iconografica curata nel gusto estetico e rigorosa nei contenuti linguistici.
"La ripresa iniziale", precisa l' autore, è fatta con pellicola diapositiva in luce ambiente.Successivamente utilizzo il Daylab per proiettare su materiale polaroid lo scatto fatto all' esterno(...)
Non si tratta di trasferimento di immagine, ma di interruzione del processo di sviluppo con solarizzazione artigianale e conseguente riposizionamento della matrice su cartoncino assorbente".
Gli esiti di Vegini, organizzatinella composizione,ben strutturatinella forma e nei significati,contengono l'essenza del luogo in cui sono stati realizzati, le atmosfere dei fiori di campo.Rappresentano un punto di vista dove convergono i tratti strutturali dell'immagine, e dal quale si irradia un gioco magico e musicale di sfocature coloristiche in cui il segno si libera silenzioso e autonomo,tracciando linee stilizzate,ora piu' marcate,ora meno, masempre sobrie, sfumate e poetiche.
Fausto Raschiatore
[da "fotocult" maggio2007 ]
Almeida
Le raffinate e delicate creazioni di Luigi Vegini, ottenute manipolando o trasferendo le emulsioni Polaroid su altri supporti, rappresentano da una parte il fisilologico e epidermico desiderio umano della celebrazione del bello e , per un altro verso, il nobile tentativo, inconscio e ancestrale, di annullare l'azione corrosiva delle cose.Aspetto, questo, legato ad altra prrogativa del mezzo fotografico:la fotografia permette il possesso fittizio del mondo, ed allora, proprio perchè è un approprazione effimera,conviene crearcene un immagine secondo i nostri sogni.In Vegini, quetsta visione fortemente soggettiva , che conduce a realizzare immagini mentali piu' che reali, è una fuga dalla realtà solo apparente.il messaggio di queste foto-grafie o foto-pitture è un invito alla riflessione su quanto si potrebbe irrimediabilmente perdere del mondo.I toni delicati e l'astratta o sfumata refenzialità sono un' esortazione all ascolto, al silenzio, al godimento estetico;implicitamente,anche un anelito a fermare, a congelare il disfacimento , il deperimento delle forme.
Esteticamente , in effetti, si avverte la percezione che l'ancoraggio al bello e alle piacevoli sensazioni non sia stabile:lo spappolamento dei contorni ci correre qualche brivido ambiguo sulla pelle annulando la sensazione " di un presente che dura senza scorrere".
Nel lavoro di Luigi Vegini , il carattere romantico di arrestare l'inesorabile corsa verso il nulla ,ci viene rivelato in modo particolare dai consistenti interventi manipolativi sui materiali utilizzati: è trans-sfigurazione della realtà, l'andare oltre il reale,il vedere altro:in sintesi,è la dimensione poetica della fotografia.
Certo, i "puristi" della pratica fotografica sosterranno che a simili conclusioni si può pervenire limitandosi semplicemente alla scelta delle pellicole, degli obbiettivi,delle condizioni di luce, dei tempi e dei diaframmi da utilizzare.Vegini appartiene a una seconda schiera di autori:a quanti credono che il contatto fisico ,reale con la matericità possa sublimare , completandolo,l'atto del possesso tentando di cancellare lo scarto tra l' immagine del reale e l'immagine mentale.
Questi fotografi fanno anche da tramite tra i primi e una terza area, piu' ristretta, ma dialetticamente agguerrita e vivace sul piano speculativo, che sostiene la teoria duchempiana del minimo intervento manuale e di un moderato impiego di tecnologia nella realizzazione delle opere d'arte, all' insegna dell'occultamento dell'autore.
"Forse è proprio per difendersi , per non perdersi nel pattume informazionale,per non farsi assorbire nell'enorme rumore di fondo, che molti giovani fotografi tentano di ancorare le loro immagini ad elementi materici.Li vediamo infatti esaltare la fisicità del supporto, o quella dei processi chimici che diventano gli autentici referenti al posto degli antichi soggetti.Non potendo più avere un rapporto diretto con la realtà , diventata sempre più fantasmatica, si creano, attraverso la manipolazione e l' intervento diretto, delle regole seconde.
Il fotografo Vegini Luigi non si occulta, ma trasferisce nell' essenzialità di un procedimento- che concede tuttavia ampi spazi all' imprevedibile tecnologico -la sua immaginazione e le sue capacità creative realizzando delle opere di una bellezza universalmente riconosciuta.
Vincenzo Marzocchini
[da " Gente di Fotografia" estate autunno 2007]