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BIOGRAFIA:
Giuseppe Alberto Bassi, creatore dei Reparti d’Assalto degli Arditi, nacque ad Udine il 21 gennaio 1884, nipote per parte materna dell’eroico Pietro Fortunato Calvi, uno dei Martiri di Belfiore. Nel marzo 1904 entrò nell’Accademia Militare di Modena da dove uscì, nel 1906, col grado di Sottotenente e venne assegnato all’80° Reggimento Fanteria. Appena uscito si sposò con Ida Marini da cui ebbe due figli, Luigi nel 1907 e Vittoria nel 1913. Promosso Tenente, venne trasferito al 55° Reggimento Fanteria e poi all’86° con cui, dal 1911 al 1916, partecipò alla Campagna di Libia durante la quale fu in prima linea in molti combattimenti come ad Ommerzen e Aimara. Il 16 aprile 1916, rientrato in Italia, venne assegnato, col grado di Capitano, al 150° Reggimento di Fanteria ed inviato al fronte. Il 6 agosto dello stesso anno prese parte alla conquista di Gorizia, guadagnandosi la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Alcuni giorni più tardi, il 19 Agosto, venne trasferito sul Monte S.Marco al Comando del III Battaglione dello stesso Reggimento, alla testa del quale strappò al nemico importanti posizioni tra cui una munitissima trincea, che prenderà il nome di Trincea Bassi, meritandosi per questo la promozione al grado superiore per meriti di guerra. Il 1° novembre dello stesso anno fu protagonista, sempre sul San Marco e sempre alla testa del III/150°, degli assalti contro le trincee Cuore e Belpoggio. Per questa eroica azione venne promosso Maggiore per meriti di guerra e decorato con una seconda Medaglia d’Argento.
Nella notte del 1° giugno 1917 gli austriaci riuscirono a sfondare un settore del S. Marco, ma all’alba del 7, senza alcuna preparazione d’artiglieria, il Battaglione del Maggiore Bassi attaccò la tristemente nota posizione del “Dosso del Palo”, che venne sorprendentemente conquistata con pochissime perdite. In quest’azione, per la prima volta, Bassi fece precedere le Compagnie di Fanteria da audaci “Plotoni di pistolettieri” che assaltarono di sorpresa le trincee nemiche eliminando i difensori con le raffiche delle loro mitragliatrici leggere e con micidiali lanci di bombe a mano. Per tale azione il Maggiore Bassi ricevette un “rimprovero scritto” per non aver informato i Comandi Superiori riguardo i nuovi dettagli tecnico-tattici adottati, ma nel contempo ricevette la promozione per meriti di guerra al grado di Tenente Colonnello e l’autorizzazione a creare un Reparto d’Assalto sperimentale.
Già da tempo, infatti, la fama delle coraggiose azioni di Bassi e l’esigenza, manifestata da più parti, di una manovra d’attacco più audace, avevano spinto numerosi ufficiali, stanchi della ripetitiva vita di trincea, ad escogitare nuove tattiche di assalto.
L’esitazione con cui le fanterie di linea balzavano nelle trincee austriache dopo il prolungato fuoco dell’artiglieria, consentiva al nemico di riprendersi e riorganizzarsi per respingere l’assalto con le mitragliatrici e le bombe a mano, facendo strage di soldati italiani. Per ovviare a questa prassi, molti ufficiali inferiori pensarono di costituire piccoli nuclei leggeri formati da soldati con particolari doti psicofisiche, integrate da uno specifico addestramento e da un equipaggiamento leggero, incaricate di assaltare, travolgere e penetrare nelle trincee nemiche.
Già nel 1916, l’allora Capitano Giuseppe Bassi, accortosi che la mitragliatrice pesante non forniva alcun appoggio di fuoco nel periodo fra l’irruzione e il raggiungimento della trincea nemica, pensò di adeguare la strategia facendo avanzare le squadre speciali di lanciatori di bombe a mano e quelle munite di pistole mitragliatrici sotto l’arco della traiettoria delle mitragliatrici e dell’artiglieria, mettendole in condizione di neutralizzare i nuclei controffensivi nemici sfruttando la superiorità di fuoco mantenuta fino a distanza ravvicinata.
La pistola mitragliatrice Villar Perosa, calibro 9 Glisenti, che sparava con due canne i 30 colpi del suo caricatore, era tuttavia concepita come mitragliatrice leggera con scopi difensivi e non come arma d’assalto. Furono Bassi e gli altri ufficiali degli Arditi a trasformarla, con un’apposita imbracatura da appendersi al collo, in una micidiale mitragliatrice d’assalto a distanza ravvicinata.
In seguito a questo esperimento, Bassi compilò una memoria riguardo la costituzione e l’impiego delle pistole mitragliatrici Fiat Mod. 15 /OVP – Officine Villar Perosa, che l’8 novembre 1916 mandò al generale Giardino, comandante della 48° Divisione dalla quale dipendeva.
Da Giardino l’iniziativa passò al generale Grazioli, finché il 26 giugno 1917 venne istituzionalizzata la nascita di unità speciali le quali, per dissidi sull’armamento e l’addestramento, iniziarono l’attività solo il 29 luglio in località Sdricca di Manzano, che Bassi aveva scelto già il 15 luglio come caserma scuola dei nuovi Reparti d’Assalto.
Vennero posti agli ordini di Bassi: un plotone del 143° comandato dal Sottotenente Tambato, uno del 150° del Sottotenente Trincheri, uno del 205° del Sottotenente Catalano, uno del 64° del Sottotenente Cucci ognuno dei quali aveva una sezione di due pistole mitragliatrici. In più vennero assegnati anche una sezione di mitragliatrici Fiat 1914 del Sottotenente Carreri e una sezione della 68° batteria capeggiata del Sottotenente Montori.
I Reparti d’Assalto erano composti da 735 uomini su tre compagnie, più una compagnia di complementi. Il reparto era armato con 8 mitragliatrici pesanti, 24 pistole mitragliatrici e due cannoni da 64/17. Ogni compagnia, di circa 200 uomini, era composta da quattro plotoni d´attacco, un plotone di specialisti e uno di lanciafiamme. Il plotone d’attacco era composto da una squadra d’assalto, armata solo di 20 bombe a mano a testa e pugnale, e tre d´attacco, con bombe, pugnale e pistola mitragliatrice come equipaggiamento. Il plotone specialisti aveva invece una squadra mitraglieri, una di guastatori e una di segnalatori.
Gli Arditi non impegnati con le armi automatiche o i lanciafiamme erano armati di moschetto,72 cartucce e quattro bombe a mano. Il trasporto dei rifornimenti delle bombe era effettuato da due Arditi per plotone , i quali trasportavano quattro bisacce con circa 150 bombe ciascuna. Ogni squadra mitragliatrici aveva a disposizione 20.000 cartucce, quelle di pistola mitragliatrice 10.000. I corrispondenti reparti tedeschi non potevano vantare un potenziale di fuoco pari o superiore a quello dei Reparti degli Arditi d’Italia.
L’innovazione più geniale del colonnello Bassi fu però quella di dividere il plotone in quattro squadre e la squadra in coppie di uomini. Al comando di un sottufficiale, ogni squadra risultava quindi composta da 5 o 6 coppie, il cui affiatamento ed il reciproco aiuto rappresentavano la vera forza dell’unità, micidiale sia nel corpo a corpo che nella eliminazione dei nidi di mitragliatrici.
I Reparti d’Assalto italiani, in definitiva, si svilupparono come reparto a sé stante, con uniforme propria, addestramento speciale e agevolazioni quali rancio migliore. I primi reparti vennero inquadrati nella 2° Armata e prima della dodicesima battaglia dell’Isonzo, culminata con la rotta di Caporetto, il totale dei Reparti ammontava a 27 unità, sebbene solo alcuni furono effettivamente impiegati in battaglia. Difatti, verso la fine del 1917, solamente i reparti inquadrati nella 2° e 3° Armata avevano ricevuto un addestramento all’altezza del compito loro assegnato, la cui utilità non era stata compresa dagli altri comandi. I primi sei reparti della 2° Armata parteciparono alla battaglia di Udine e, il 7 novembre, il Generale Etna li schierò a difesa della testa di ponte di Vidor, del ponte della Priula e a sud della linea difensiva tra il Monte Tomba ed il Monfenera. Gli Arditi presidiarono quelle posizioni fino al 30 novembre, quando furono trasferiti a Cartigliano, nelle campagne vicentine.
In seguito alla sconfitta gli Arditi persero importanza e radicalmente riorganizzati.
Il Comando Supremo ne ordinò lo scioglimento il 5 dicembre 1917, mettendo a disposizione della I Armata i sopravvissuti per la ricostituzione del I e II Reparto d’Assalto. Lo stesso colonnello Bassi perse prestigio e, invece di essere posto a capo della ricostituzione dei Reparti, venne allontanato ed inviato a comandare un normale reggimento di linea.
La riorganizzazione modificò profondamente l’impostazione originaria dei Reparti che da corpo speciale con larga autonomia operativa divennero uno degli strumenti, sebbene con un addestramento specifico, a disposizione dei reparti tradizionali. La normalizzazione portò i reparti a 21 con a capo ufficiali più severi nella disciplina e più legati alle tradizionali strategie di attacco. Le compagnie passarono da 4 a 3, ognuna delle quali composta da 150 uomini, a cui erano associate 3 sezioni autonomie di mitragliatrici Fiat Mod.14, 6 sezioni autonome di pistole mitragliatrici (le mitragliatrici leggere Villar Perosa) e 6 sezioni autonome autonome lanciafiamme per un totale di circa 600 uomini in luogo dei 735 precedenti. Vennero tolte le mitragliatrici e le pistole mitragliatrici alle compagnie per essere raccolte in sezioni, cosa che modificava l’intuizione del Colonnello Bassi e del Generale Capello. Tuttavia la trovata di Bassi, autenticamente rivoluzionaria, non venne del tutto sconfessata poiché le suddette sezioni vennero spesso riassegnate alle compagnie. Ultima modifica, per rendere più mobili i Reparti, fu la rimozione dei due cannoni da 37 o dei due obici da 65/17 che il Generale Capello aveva aggiunto ai Reparti Arditi della II Armata.
Nonostante la normalizzazione (persino nelle divise) e la scelta di non eseguire l’addestramento in forma centralizzata in luogo di campi d’addestramento specifici per ogni Corpo d’Armata, ad ognuno dei quali venne assegnato uno di questi nuovi Reparti, la modalità di addestramento venne presto adeguata a quella originariamente attuata da Bassi. Gli ufficiali furono subito conquistati dalle potenzialità dei nuovi reparti e dalle modalità di addestramento, riuscendo in poco tempo a colmare i vuoti provocati dalla sconfitta di Caporetto e a formare soldati con un livello di preparazione mai raggiunto prima. Saranno proprio gli Arditi la punta di diamante dell’esercito italiano durante le decisive battaglie del Piave, ricoprendo un ruolo centrale soprattutto nella battaglia finale di Vittorio Veneto.
Come già detto, nonostante le importanti innovazioni apportate con la costituzione dei Reparti d’Assalto, con le modifiche degli equipaggiamenti e della tattica di assalto, Bassi venne allontanato. Nell’aprile 1918 venne addirittura inviato sul fronte francese per partecipare ad una grande offensiva contro i tedeschi. Al comando di una speciale colonna composta dal II Reparto d’Assalto, un Battaglione del 76° e dell’89° Fanteria, un Battaglione del 43° Fanteria francese, un Gruppo Artiglieria campale ed una Compagnia mitraglieri francesi, e col compito di attaccare per primo, riuscì a penetrare per cinque chilometri nello schieramento nemico raggiungendo l’obiettivo prefissato dell’operazione. Nella vincente azione Bassi catturò, 0ltre a prigionieri, armi e munizioni, anche una gabbia con sei piccioni viaggiatori di cui si servì per inviare un messaggio al nemico. Pochi giorni prima infatti un giornale tedesco aveva scritto “… come a Caporetto, scacceremo gli italiani dal suolo francese con la punta dei nostri stivali”. Bassi quindi liberò alcuni di quei piccioni viaggiatori con un biglietto con il seguente testo scritto in tedesco: “Al Gen. Von Bohem, Comandante l’Armata dell’est. Da Goeux a Mary Premecy sventola la bandiera italiana. Sono stati catturati 30 Ufficiali, 350 uomini di truppa, mitragliatrici, una batteria da campagna, da quegli italiani che credevate scacciare dal suolo di Francia con la punta dei vostri stivali – Col. Bassi”.
All’eroico Colonnello Giuseppe Bassi, creatore dei Reparti d’Assalto degli Arditi, insignito di due Medaglie d’Argento al Valor Militare, riserviamo il saluto che tributiamo solo agli uomini d’onore, agli eroi nazionali, ai Padri della Patria.
Colonnello Giuseppe Bassi: PRESENTE!
(articolo del Movimento Irredentista Italiano)
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Soprannominato "l'artista degli artisti", Venerucci Ivan, è responsabile con mandato di esclusivista per l'Italia, dell' UNIONE CREATIVA DEI PITTORI DI ARTE DECORATIVA ED APPLICATA" di Mosca (Russia). Altresì, ha mandato personale su territorio italiano in esclusiva, di tre grandi nomi della pittura russa, quali Vladimir Novozhilov, Anvar Sayfoutdinov, e Svetlana Nesterova. Critico d'arte, venditore di opere di pregio per conto del mercato russo, nonchè artista scultore su pietra ed organizzatore di gallerie ed eventi di grande rilievo culturale.