OMAGGIO A MAPPLETHORPE (2023)Fotografia di Romain Berger
"Una donna con i baffi è sempre stata popolare."
“Donna baffuta sempre piaciuta”, antico proverbio italiano nato in origine forse piuttosto come “Donna PAFFUTA sempre piaciuta”, ci da l’idea della popolarità del baffo, anche, appunto, tra i rappresentati del gentile sesso. Mettendo da parte per un attimo le donne con baffi o peluria, e la relativa diatriba a proposito del loro fascino erotico, è bene mettere in luce, nella controparte maschile, l’antica usanza di far risaltare i peli del viso, cosa che forse potrebbe addirittura risalire all’età della pietra, quando, a tutti gli effetti, l’esemplare di scimmia più evoluto aveva a disposizione alcuni utensili da taglio. Tralasciando il discorso relativo all’evoluzione del baffo nella storia, soggetto a molteplici mode e interpretazioni religiose, vogliamo però concentrarci sui i capolavori più noti della storia dell’arte, che lo hanno immortalato. Proprio questa intenzione ci riporterà alle tanto amate e sospirate donne baffute, ma anche agli artisti e ai soggetti con tale peluria, oltre a dipinti “sfregiati”, a casi umani d’ogni gusto e genere e a storie da film horror. Ecco a voi la top 10!
I primi 10!
Salvador Dalí, Autoritratto morbido con pancetta fritta, 1941.
1.Salvador Dalí: Soft self portrait with fried bacon (1941)
Partiamo dai baffi più iconici della storia dell'arte, sicuramente personificati nella figura surreale di Salvador Dalì, autore di Soft self portrait with fried bacon, in cui il pittore si è ritratto proprio con la sua più tipica peluria del viso arricciolata e ben curata, forse allusiva di una realtà parallela, in cui la gravità non spinge in basso i peli del corpo. Esistenza del gel fissante a parte, il capolavoro in questione raffigura Dalì alla stregua di un ironico spettro dal viso amorfo e forse moribondo, che, sorretto da stampelle, poggia su di un piedistallo che porta l'iscrizione del titolo dell'opera, e presenta sulla sua superficie una fetta di bacon fritto, allusiva del menù delle quotidiane colazioni del maestro. A riguardo della sopra menzionata ironia, la sua buffa identità ci è rivelata proprio dalla presenza di quei simpatici baffetti rivolti verso l'alto, che, simili ad antenne pronte a percepire ogni dove la surrealtà, fissano la sua presenza nella mente dello spettatore. Ad ogni modo, la spensieratezza in questione passa in secondo piano quando notiamo che gli occhi del pittore non sono stati dipinti, ma che ospitano, nelle loro cavità, alcune formiche che vi si arrampicano, volte a simboleggiare una più triste interpretazione dell'opera, inesorabilmente collegata alla decadenza, caducità dell'essere e debolezza.
Marcel Duchamp, LHOOQ, 1919. Già pronto. Collezione privata, New York.
2.Marcel Duchamp: L.H.O.O.Q. (1919)
Quando sopra ho accennato all'argomento dei capolavori "sfigurati", mi sono letteralmente immaginata Duchamp, che irrompeva nel Louvre di notte, per imbrattare la Gioconda, dando vita a L.H.O.O.Q., in realtà suo distinto ready-made rettificato, volto a confermare, ancora una volta, il fascino intramontabile delle donne con i baffi. Di fatto, l'opera dissacrante e ironica nei confronti del dipinto più famoso al mondo, raffigura un'inedita versione della Mona Lisa, che, manipolata, ci appare adesso con esuberanti baffi e pizzetto. Tale ironia non si esaurisce nella suddetta revisione del personaggio, ma anche nel titolo stesso dell'opera del maestro francese, da leggersi come un gioco di parole in pieno spirito dadaista. Infatti, L.H.O.O.Q., se pronunciato in francese, suona come "Elle a chaud au cul", frase che ci farebbe rivedere la figura dell'effigiata, adesso da intendersi alla stregua di un insaziabile prostituta dal forte appetito sessuale. Proprio mediante questa provocazione, Duchamp voleva risvegliare le coscienze dei fruitori, spesso incantati e inebetiti di fronte ai capolavori, che venerano indistintamente.
Frida Kahlo, Autoritratto con collana di spine e colibrì, 1940. Olio su tela su masonite. Centro Harry Riscatto, Austin, Texas, Austin.
3.Frida Kahlo: Autoritratto con collana di spine e colibrì (1940)
Allora, mi dispiace tanto per Duchamp, ma la donna baffuta più famosa della storia dell’arte resta sempre e comunque Frida Kahlo, la cui celebre peluria facciale, che fa pendant con il suo altrettanto noto mono ciglio, è stata immortalata nel ritratto più ambito da tutte le estetiste del mondo, pronte ormai da anni, con pinzette in metallo mano, a rimuovere ogni singolo pelo, estraendolo uno alla volta con grande soddisfazione. Ma a quel punto, noi tutti resteremo alquanto delusi, poiché anche i baffi della Kahlo, come nel caso di Dalì, hanno contribuito a fare l’artista stesso. Giungendo alla descrizione del capolavoro in questione, questo non si presenta ironico quanto il mio testo, poiché ricco di significati simbolici dolorosi, volti ad esulare da un racconto realistico, per esprimere i sentimenti dell’artista, che come un uccello nero e privo di vita, ha dovuto trascorrere parte della sua vita soffrendo delle conseguenze causate dall’incidente in autobus, che le stravolse la vita all’età di diciotto anni. Proprio da questo fatidico momento in poi, l’artista ha dovuto subire circa trentacinque interventi chirurgici, le cui cicatrici, dolorose come spine, si sono prodigate per riparare il suo corpo. La speranza non dovette però mai abbandonare la pittrice, che, nonostante le vicissitudini drammatiche della sua vita, si ritrasse sullo sfondo di un rigoglioso paesaggio naturale, contraddistinto dalla presenza di grandi foglie, che si palesano dietro la sua figura.
Amedeo Modigliani: Ritratto di Paul Guillaume, Novo Pilota (1915). Olio su tela, 105×75 cm. Museo dell'Orangerie, Parigi.
4.Amedeo Modigliani: Ritratto di Paul Guillaume, Novo Pilota (1915)
Modigliani non può far personalmente fare parte del nostro racconto, perché nelle foto e nei dipinti che lo raffigurano appare sempre liscio come la pelle di un bambino impomatato, pronto, da bravo italiano, a far parlare di sé tutte la donne di Montparnasse. L'ostinato interprete del genio sregolato ha però realizzato il dipinto, munito di baffi, di Paul Guillaume, gallerista e mercante d'arte in affari e in amicizia col pittore di Livorno. Parlando del ritratto di Guillaume, è importante sottolineare come questo faccia parte di una serie di tre di medesimo soggetto, anche se noi ci limiteremo a descrivere l'esemplare del Musée de l'Orangerie (Parigi). Quest'ultimo, datato 1915, venne realizzato a casa di Beatrice Hasting, precisamente in Rue Norvins (Parigi), luogo in cui aveva vissuto anche Emile Zola. Parlando dello stile, invece, l'opera dell'italiano presenta, nel volto spigoloso dell'effigiato, decise influenze cubiste, pronte a dar forma a un personaggio, che trova spazio davanti a un pianoforte verticale, volto ad interrompe il contatto con lo sfondo della composizione. L'opera risulta essere alquanto celebrativa, poiché il cognome di Guillaume, scritto in maiuscolo, si palesa in alto a sinistra del supporto, accompagnato, in basso a sinistra, dal titolo del dipinto.
Edvard Munch, Autoritratto con braccio scheletrico, 1895. Litografia.
5.Edvard Munch: Autoritratto con braccio scheletrico (1895)
I baffi in Self portrait with skeleton arm sono alquanto accennati, leggeri, sottoli, mossi, talvolta radi, anche se, all’interno del repertorio ritrattistico, sia fotografico, che pittorico, volto a raffigurare il maestro norvegese, essi risultano essere una presenza piuttosto costante, oltre che folta, definita e spessa sul volto dell’artista. Nel caso particolare dell’opera in questione però, essi diventano parte di un contesto alquanto macabro, poiché, nonostante all’epoca il pittore avesse solo trentun anni, egli si raffigurò come una figura spettrale, esplicitata dalla presenza di alcune ossa, che, presentandosi nella parte inferiore della litografia, fungono alla stregua di un promemoria di morte. Questi resti umani trovano il loro corrispettivo cromatico e di disposizione nella parte superiore dell’immagine, pronta ad ospitare il nome dell’artista e la data, che rievocano, se interpretate in una veduta d’insieme, l’immagine di una fredda lapide. Infine, questo triste racconto potrebbe riassumersi, nonché trovare la sua ultima esplicazione, nelle parole dello stesso pittore, il quale rivelò: "La malattia, la pazzia e la morte erano gli angeli oscuri che facevano la guardia alla mia culla e mi hanno seguito per tutta la vita".
Ritratto di Vlad Hagyak III, 1560 circa. Castello di Ambras a Innsbruck, Austria.
6.Ritratto di Vlad Hagyak III, 1560 circa
Allora, vi ricordate l'introduzione della top 10? Ok, qualsiasi sia la vostra riposta ve la ricordo io... Avevo esplicitamente parlato di storie da film horror, che, in questo caso, passano dai libri al supporto pittorico, come succede a riguardo del racconto di Dracula. Come, non sapevate che il conte Dracula aveva i baffi, anche grossi oserei dire, proprio come si evince dal dipinto che lo raffigura datato 1560 circa, che, di autore sconosciuto, è conservato presso il Castello di Ambras (Innsbruck). Quest'ultimo sarebbe la copia di un leggendario originale, realizzato ai tempi in cui il nobile, militare e politico rumeno, classe 1431, era in vita, arco di tempo in cui si distinse come un sovrano sanguinario, uomo spietato a tal punto da essere soprannominato l'impalatore, in quanto soleva uccidere i suoi nemici più acerrimi mediante questa crudele pratica. Va bene, ma da qui a succhiare il sangue c'è una bella differenza! Bene, il Dracula maggiormente conosciuto è frutto della penna di Bram Stoker, scrittore che si ispirò alla sopra descritta figura, per dar vita al popolare conte dracula, vampiro della transilvania. Giunti a questo punto vi porgo una domanda retorica: appendereste il quadro in questione a casa vostra, o avreste paura di essere derubati del vostro stesso sangue?
Ritratto di Van Beck di un pittore sconosciuto.
7.Ritratto di Van Beck di un pittore sconosciuto
Tornando per la seconda volta all'introduzione, avevo anticipato anche il fatto che vi avrei mostrato dei casi umani, ovvero delle "esagerazioni", in questo caso del sopra citato detto: donna baffuta sempre piaciuta! Infatti, se le donne con i baffi piacciono molto, allora forse le vere rubacuori sono quelle pelose come scimmie, proprio come ha dimostrato l'immortale notorietà del soggetto del dipinto in questione: Barbara van Beck (1629-1668). Quest'ultima "ragazza speciale" fu di fatto molto apprezzata alla sua epoca, tanto da divenire un'imprenditrice e una celebrità, sicuramente per il fascino resogli dalla sua condizione d'ipertricosi, anche chiamata sindrome di Ambras. Per essere ulteriormente chiari, con quest'ultima ci si riferisce a quelle persone caratterizzate da un eccesso di peluria fin dalla nascita, malattia molto rara e senza predilezione geografica, etnica o sessuale, della quale sono stati riportati circa 40 casi nel mondo. Tornando a parlare di Barbara, ella nacque ad Augusta, dove i genitori, sin da piccola, oltre ad educare la ragazza, la esibirono in spettacoli. Adesso però arrivano tutte le conferme alle mie tesi: secondo voi la Barbara, così pelosa, poteva restare zitella? Assolutamente no! Ad accaparrarsi la prelibata giovane fu Johan Michael van Beck, uomo che la sposò anche con l'intento di viaggiare per esibirla in alcuni spettacoli. Siete sicuri che vostra moglie non si rade?
Ana Mendieta in Senza titolo (Glass on Body Imprints—face) del 1972.
8.Ana Mendieta: Senza titolo (Trapianti di peli facciali) (1972/1997)
Ulteriori conferme sul fascino e sulla popolarità delle donne baffute, talvolta barbute o tutte pelose, arrivano anche dall'arte contemporanea, personificate nella figura di Ana Mendieta, artista performativa nata all'Avana, che, in Facial Hair Transplants, ha documentato la raccolta, l'assemblaggio e l'auto applicazione di peli di barba veri, che sono stati fissati nell'eterno racconto della storia dell'arte, mediante il supporto fotografico. Praticamente, l'artista, realizzando scatti in cui aveva i suddetti peli appiccicati sul suo volto, oltre ha mutare il suo stesso corpo, ha attivato una concezione culturale di quest'ultimo, pronta a rivelare come le classificazioni sessuali siano a tutti gli effetti convenzioni sociali, volte a inquadrare e sovradeterminate le sessualità. Ne risulta che mediante l'esplicitazione di un'identificazione sessuale mutante, Mendieta ha problematizzato tali classificazioni, sconvolgendo anche i canoni di bellezza con cui la società opera, differenziando tra femminile e maschile. Ulteriore fine di questa performance era quello di alterare il genere, cambiando il corpo senza paura e pregiudizio, per dimostrare anche il potere insito nella peluria: quello di poter cambiare la percezione della realtà delle cose.
Frans Hals, Banchetto degli ufficiali della guardia civica Calivermen, Haarlem (1627).
9.Cornelis van Haarlem: Banchetto degli ufficiali e subalterni della guardia civica Calivermen di Haarlem (1599)
E se immaginassimo una bella ammucchiata di baffi? Tante figure con baffi e pizzetto insieme, riunite intorno a una tavola imbandita, distratti però a guardare l'esibizione della donna più pelosa del mondo, loro dea dell'amore indiscussa? Ok, togliete la parte della dea dell'amore indiscussa, perché l'ammucchiata in questione, all'interno del lungo racconto della storia dell'arte, esiste davvero, ma è tutta presenziata da uomini, per la precisione dagli ufficiali e i subalterni del dipinto di Cornelis van Haarlem, titolato Banquet of the officers and sub-alterns of the Haarlem Calivermen Civic Guard! Quest'ultimo realizzò due esemplari del genere, il primo nel 1583 e il secondo, oggetto di nostra attenzione, nel 1599. Entrambi i dipinti ottennero riconoscimento per la loro vivace rappresentazione dei soggetti, che Cornelis, in quanto membro della stessa compagnia, ovvero quella di Haarlem, conosceva bene nella loro più caratteristica gioia di vivere. Infine giungiamo alle curiosità: nell'esemplare del 1583 l'artista si raffigura a sua volta, dipingendosi nell'individuo con cappello in alto a sinistra, mentre, accanto a lui, presenza il suo maestro: Pieter Pietersz!
Albrecht Dürer, Autoritratto con pelliccia, 1500. Olio su tavola, 67,1 cm × 48,9 cm. Alte Pinakothek, Monaco di Baviera.
10.Albrecht Dürer: Autoritratto con pelliccia (1500)
I baffi in questione sono stati scelti perché, pur poggiando sul volto di un laico, alludo a quello di una divinità, dato che il maestro di Norimberga, per la composizione del capolavoro, trasse ispirazione dal modello iconografico del Salvator mundi di Antonello da Messina, dal quale riprese la sacra posizione frontale dell'effigiato, oltre alla sua inquadratura. È importante sottolineare che questa decisione venne presa con cognizione di causa dall'artista, il quale voleva assolutamente attribuire alla sua immagine la condizione di artista-intellettuale, valorizzando il suo operato e quello degli altri pittori a lui contemporanei. Di fatti, è proprio a partire all'incirca dall'anno di realizzazione dell'Autoritratto con pelliccia, che i pittori divennero protagonisti culturali della vita del loro tempo, mentre, nel Medioevo, la distinzione tra pittore ed artigiano non era ancora stata così ben definita. Fu ancor prima, ovvero nel Quattrocento, che, grazie a Leon Battista Alberti, vennero riconosciute come arti maggiori l'Architettura, la Scultura e la Pittura, anche se solo a partire da Michelangelo venne ufficializzata la figura dell'artista svincolata dal committente. A Leonardo da Vinci si attribuisce invece il merito di aver incarnato uno dei primi maestri consapevole del suo status di intellettuale. Di conseguenza, la nostra top ten si conclude, dopo i casi umani e gli horror, con alquanto inaspettate allusioni al divino, volte ad allevare all'onnipotenza lo strumento pittorico in questione.