RITRATTO DI S. DALY (2013) Dipinto di Artush
é nato prima il ritratto o l’autoritratto d’artista?
Alla domanda che propongo qui sopra rispondo semplicemente consultando Wikipedia, in quanto è ormai assodato, certo e alquanto scontato come il genere del ritratto, presente sin dalle più antiche civiltà, come ad esempio quella egizia, precede di secoli la diffusione e la popolarità dell’autoritratto, affermatosi principalmente durante il Medioevo, anche se esso raggiunse l’effettiva dignità artistica e massima diffusione nel successivo Rinascimento. Di conseguenza, è forse possibile immaginare i pittori della epoche più remote immortalare i loro colleghi, anche se questo atto non può essere considerato come un riconoscimento del ruolo artistico degli effigiati in questione, in quanto soltanto all’autoritratto fu ufficialmente attribuito tale valore. Di fatto, proprio a partire dal Rinascimento, epoca di maggiore popolarità di quest’ultimo genere, la figura dello scultore, del pittore, etc., si tramutò, da quella di un semplice artigiano vincolato all’applicazione delle sole conoscenze tecniche, a quella di un individuo di alta dignità culturale, il cui spessore intellettuale era reso esplicito proprio dal suo lavoro. Ne consegue, che, in tale contesto umanista, l’artista iniziò, sia a sentire il desiderio di firmare le sue opere per celebrare sé stesso, sia a ricevere apprezzamenti per i suoi autoritratti, volti a dare importanza non solo alle sue abilità tecniche, ma anche allo stesso soggetto ritratto, ormai degno dell’onore di essere raffigurato, riconosciuto e celebrato. A questo punto voglio tornare all’artista che ritrae un’artista, considerando come, sicuramente dopo il Rinascimento, questo genere abbia assunto un valore analogo a quello dell’autoritratto, in quanto, quasi certamente, chi ritraeva un collega vedeva in lui, oltre ad un potenziale amico, uno stimato punto di riferimento dell’arte della sua epoca, nonché un’indiscussa fonte d’ispirazione da celebrare, omaggiare e diffondere. Pertanto, è possibile prendere in considerazione alcuni ritratti di artisti realizzati da noti pittori, che ci illustrano, oltre al discorso stilistico, anche i rapporti che correvano tra gli esponenti dell’arte di un medesimo periodo, nonché il ruolo nel mondo creativo assunto da artefice e da soggetto immortalato.
TEASING VAN GOGH (2019)Dipinto di Benoît Dutour
WINKS, PICASSO (2023)Dipinto di Richard Routin.
Perché tutti vogliono ritrarre Vincent van Gogh?
Tornado al discorso qui sopra, al fine di scoprire quali artisti fossero stati maggiormente raffigurati dai colleghi pittori, nonché svelare il rapporto che intercorreva tra artefice e effigiato, ho preso ad esempio la popolarità di effigiati come Pablo Picasso e Andy Warhol, sicuramente battuti dalla particolare ricorrenza con cui è stato immortalato Vincent van Gogh. Ciò nonostante, voglio iniziare l’analisi che mette a confronto ritratti di artisti e contesto d’esecuzione, partendo dal primo maestro spagnolo, raffigurato, sia da Juan Gris, che da Salvador Dalì. A proposito di Ritratto di Pablo Picasso (1912) di Gris, l’opera si presenta come un omaggio a Picasso, maestro che Juan ha immortalato con la tavolozza in mano, dimostrando tutto il suo rispetto verso l’uomo che riconosce come il leader dei circoli artistici della Parigi dell’epoca, nonché innovatore del cubismo, di cui Grisè si propone come indiscusso allievo. Di fatto, lo stile di Juan si rifà al picassiano cubismo analitico e alla sua caratterizzante decostruzione della realtà, accompagnata da un punto di vista simultaneo degli oggetti e una struttura cristallina, volta a frammentare il soggetto del dipinto datato 1912 in vari piani e forme geometriche semplici, organizzati all’interno di una struttura compositiva regolata da diagonali. Lo stesso Pablo è anche il soggetto di Ritratto di Picasso (1947) ad opera di Dalì, dipinto che, a differenza di quello sopra descritto, per i suoi stilemi surrealisti e mostruosi, parrebbe suggerire come l’artista catalano odiasse, piuttosto che amasse, l’andaluso, quando, in realtà, Salvador ammirò molto l’operato del più anziano maestro, anche se egli percepiva nei confronti del conterraneo un’indiscussa competizione, probabilmente volta alla conquista del trono dell’arte spagnola. A questo punto resta da risolvere il seguente quesito: come si può dedurre che il mostruoso Pablo di Dalì non rappresenti un tentativo di eliminazione del temuto avversario? Il rispetto dell’integrità di Picasso ci viene svelato dal alcuni dettagli: il corno di montone carnoso a spirale al posto dell’orecchio è simbolo di vitalità, leadership e riconosciuta autorità, mentre il lungo anello di capelli grigi che si estende come un dito dalla bocca, terminando in un cucchiaio che contiene uno strumento musicale, celebra uno dei più cari motivi dell’arte di Picasso: il mandolino. A proposito di Warhol, invece, artefici dei suoi ritratti sono l’amico Basquiat, che, nonostante le forme irrealistiche e stilizzate con cui raffigura il re della Pop art, ad esempio in Dos Cabesas, si cimenta nel genere per rendere omaggio al suo mentore e idolo, e Alice Neel, pittrice che ha voluto riproporre le fattezze di alcuni stimati personaggi dell’arte, rievocando, nel caso di Andy, un’evento della vita del pittore, che, ritratto con enormi, mortuarie e drammatiche cicatrici, ci riporta all’epidosio del 68’, in cui Valerie Solanas gli sparò. Infine, giugiamo al maestro che, secondo quando ho potuto indagare da Internet, pare essere tra i più popolari del genere del ritatto d’artista: Vincent, che è stato raffigurato da Paul Gauguin, amico e estimatore, con quale aveva anche un effettivo progetto artistico, ma anche da Peter Russel, pittore che lo ritrae in modo realistico, e Toulouse-Lautrec, artista che lo rende mediante l’uso dei gessetti. Cosa emerge dai ritratti di quest’ultimi pittori? Se Russel sceglie Vincent come modello per rendere esplicita la loro amicizia parigina, nonché la loro sorta di collaborazione artistica, volta a sperimentare le tecniche impressioniste, dando voce alla storia dell’arte degli anni Ottanta del XIX secolo e dei suoi più prestigiosi esponenti, Toulouse-Lautrec ci parla di un legame basato sulla comune passione per le stampe giapponesi, nonché sulla realizzazione di opere attente a catturare l’essenza della Parigi dell’epoca. Ad ogni modo, tanto per rispondere alla domanda iniziale, ovvero perché tutti voglioni ritrarre Van Gogh, ho voluto immaginare con il tormentato maestro risultasse, oltre che estremamente talentuoso, infinitamente interessante proprio per il suo disagio interiore, condizione mentale che, se sapientemente usata nelle arti, crea artisti dal punto di vista estremamente personale e quindi decisamente innovativo, intenso, indimenticabile e magnetico. Infine, anche i pittori contemporanei di Artmajeur continuano a rendere omaggio ai loro idoli, immortalando alcuni dei più noti artisti di tutti i tempi, proprio come hanno fatto Crea Martin, Francioni Mastromarino e Gabriele Donelli.
CLAUDE MONET (2023)Arti digitali di Nicolas Chammat
CONVERSAZIONE CON MICHELANGELO BUONARROTI (2019)Dipinto di Frédéric Martin
Frédéric Martin: Conversazione con Michelangelo Buonarroti
Nell’indagine figurativa del pittore francese Frédéric Martin troviamo una serie dedicata ai ritratti di maestri noti, soggetti che, molto probabilmente, hanno indelebilmente segnato l’operato dell’artista di Artmajeur. In questo insieme di opere, dove si distinguono le fattezze di pittori come Rubens e Rembrandt, non poteva di certo mancare il grande Michelangelo, genio raffigurato facendo riferimento al capolavoro, di medesimo soggetto, ad opera di Daniele da Volterra. Quest’ultimo dipinto incompleto, datato 1545 circa, in cui l’artefice, scultore e stuccatore italiano, autore anche di un busto raffigurante Buonarroti, ha immortalato il maestro all’eta di settant’anni, descrivendone i lineamenti e la mano sinistra con una grande accuratezza, manca però di dettaglio nel busto e nello sfondo. In modo analogo si presenta l’interpretazione di Martin, in cui si aggiunge la presenza della pittura rossa colante dell’abito, nonché della vistoso benda, che misteriosamente cinge il capo del Buonarroti. Proprio questo dettaglio mi ha fatto pensare a cosa sarebbe potuto succedere se Michelangelo avesse incontrato Van Gogh, che, esperto di bende portate rigorosamente a coprire orecchie mancanti, si è raffigurato in una simile condizione in Autoritratto con orecchio bendato, olio del 1889 nato per immortalare l’estreme conseguenze a cui portò la fine dell’amicizia, nonché del sodalizio artistico, tra l’olandese e Paul Gauguin. A questo punto, tornando a Michelangelo e a Daniele da Volterra, oserei supporre che l’artista di Artmajeur avrebbe potuto forse immaginare una sorta di collutazioni avvenuta tra i due, episodio, che, probabilmente dovuto al fatto che il Braghettone coprì i nudi del Buonarroti, avrebbe portato Michelangelo a tagliarsi l’orecchio in estremo gesto di protesta.
LEONARDO DA VINCI 2021)Scultura di Francioni Mastromarino
Francioni Mastromarino: Leonardo da Vinci
L’opera di Francioni Mastromarino pare un’interpretazione scultorea del noto autoritratto di Leonardo da Vinci datato 1512, iconico capolavoro conservato presso la Galleria Nazionale d’Italia a Torino, che, realizzato in gesso rosso, raffigura l’artista a circa sessant’anni d’età, nonostante l’effigiato paia di un’età ulteriormente avanzata. In aggiunta, Leonardo, che appare immortalato con i capelli lunghi e bianchi, è colto mentre è intento a guardare avanti, in un’espressione enigmatica a cavallo tra contemplazione e estrema tristezza. Tale ambiguità oculare è conferita dalla realizzazione sfumata dello sguardo, espediente che all’epoca veniva utilizzato per dar vita alle fattezze dei filosofi, tanto che in molti hanno voluto vedere nel ritratto la raffigurazione dell’Onnipotente o di qualcosa di affine. A costituire tali fattezze sono linee sottili ed intricate, realizzate mediante l’uso del gesso rosso su carta marrone, supporto sul quale ha preso vita la raffigurazione più nota di Leonardo da Vinci, maestro colto nel individualismo dell’umanesimo della sua epoca. Parlando invece di un ritratto di un’artista che ha voltuto raffigurare il suddetto maestro, ben noto è quello Lucano, dipinto di autore sconoscito databile 1474, volto a descrivere Leonardo all’età di circa quarantacinque anni, raffigurato di tre quarti con una barba fluente e un cappello nero, all’interno di uno sfondo indefinito. Infine, l’opera, scoperta nel 2008 in un armadio di una casa privata italiana, è nota anche per somigliare ad un altro ritratto di Leonardo, ovvero quello di Cristofano dell’Altissimo, datato Sedicesimo secolo e conservato presso la Galleria degli Uffizi.
RITRATTO DI HENRI MATISSE (2017)Dipinto di Gabriele Donelli
Gabriele Donelli: ritratto di Henri Matisse
L’operato dell’artista di Artmajeur Donelli ha voluto rendere omaggio a molteplici maestri noti, i quali hanno avuto, molto probabilmente, anche un certo peso all’interno dello sviluppo stilistico del pittore italiano. Il ritratto in questione raffigura Henri Matisse, artista dal quale Donelle ha forse ereditato la vitalità cromatica realizzata in ampie campiture di colore. Il soggetto del suddetto cartone è stato colto mentre è intento a lavorare nel suo studio, munito di pennello e di tavolozza, all’interno di in un ambiene spoglio dominato dal blue e da pochi altri colori, che animano una figura in parte realizzata in bianco e nero. Dopo questa descrizione è d’obbligo parlare del ritratto più noto di Matisse, ovvero quello che, ancora una volta caratterizzato da colori vivaci, è stato realizzato da André Derain nel 1905. Il capolavoro in questione immortala il maestro francese frontalmente, cogliendo la presenza di una pipa, che pende dal lato destro della bocca del soggetto, mentre gli occhi di Henri vengono incorniciati da un quasi invisibile paio di occhiali. L’artista, raffigurato con capelli corti e barba lunga, prende vita su di uno sfondo giallo e verde, privo di altre figure o di arredi. Questo ritratto, oltre al mostrarci le fattezze del suddetto maestro, ci racconta una storia, in quanto esso venne concepito durante una vacanza di Derain presso Collioure, località nel sud della Francia, dove André e Henri si ritrassero a vicenda, dando vita concreta a quel “sodalizio” artistico, che portò Derain ad avvicinarsi all’uso di colori forti e non naturalistici, applicati con piccole pennellate separate.