La Provenza di Cézanne e Van Gogh

La Provenza di Cézanne e Van Gogh

Olimpia Gaia Martinelli | 2 lug 2023 8 minuti di lettura 0 commenti
 

Il fascino della Provenza si può descrivere con le parole, con le poesie, a volte con la musica, oltre che attraverso il mezzo silenzioso, ma sicuramente di grande impatto e di grande espressività della pittura, volto a tingere i colori di una terra baciata dal sole...

TEMPESTA DI LAVANDA (2017) Dipinto di Larissa Egner.

Provenza: passando da Dante a Cézanne e Van Gogh

Il fascino della Provenza può essere descritto con le parole, con le poesie, talvolta con la musica, nonché mediante il muto, ma sicuramente impattante ed altamente espressivo, mezzo pittorico, volto a tingersi dei colori di una terra baciata dal sole, colorata dalla lavanda e impreziosita dal sale marino. Cominciando dal verbo scritto, presento la suddetta regione del sud-est della Francia, bagnata dal Mar Mediterraneo, estesa dalla riva sinistra dal basso Rodano a ovest fino quasi al confine con l’Italia, come un centro d’importante interesse storico artistico, in quanto essa, oltre ad aver accolto colonie greche, subì un intenso processo di romanizzazione, che favorì, nella successiva epoca medievale, lo sviluppo di una civiltà raffinata, il cui culminè si palesò a cavallo fra il XII e il XIII secolo, periodo la cui fama le valse anche una citazione ad opera di Dante Alighieri, il quale rievocò il poeta provenzale Arnaut Daniel, che, molto rispettato dal toscano, ebbe il privilegio di potersi esprimere, all’interno del Purgatorio dantesco, nella sua lingua madre, ovvero l’occitano. Infine, il racconto scritto a proposito di questa regione della Francia si conclude nella rievocazione dei più tipici ricordi da cartolina che ci offre tale località, sicuramente impreziosita dal profumo e dal colore della sua più tipica lavanda, pianta, che, insieme ai paesaggi da sballo sapientemente posizionati sulla costa e i beni storico-artistici, rendono la Provenza una delle grandi mete del turismo internazionale. Rimandando ad un’altra occasione la descrizione poetica del sopra menzionato luogo, procedo con una doppia citazione: “La luce del sole qui è così intensa che mi sembra che le silhouette degli oggetti non siano solo bianche e nere, ma anche azzurre, rosse, marroni e violette” e “Mi immergo nel paesaggio quotidianamente, le bellezze che vedo rendono i miei giorni più gradevoli che in qualsiasi altro luogo”, parole pronunciate dal noto maestro Cézanne, volte a riassumere le ragioni per cui anche altri artisti, come Van Gogh, Matisse, Chagall, Picasso, Klee e altri ancora, elessero la Provenza a luogo d’elezione per la pratica pittorica.  

"LAVENDER SERA" (2021)Dipinto di Margarita Kovalenko.

JAMAIS DEUX SANS TROIS… (2020)Dipinto di Olivier Messas.

La Provenza di Cézanne e Van Gogh

Il rapporto tra la regione francese e l’arte si concretizzò maggiormente nell’indagine figurativa di  Cézanne e Van Gogh, artisti all’interno del cui operato appaiono di sovente le immagini di Aix-en-Provence, Arles e di Saint-Rémy-de-Provence. Partendo dal più anziano dei due pittori, Cézanne è sicuramente noto per le sue molteplici rappresentazioni della Montagna di Sainte Victoire ( Aix-en-Provence), massiccio montuoso la cui raffigurazione non racconta solo le fattezze della Provenza, ma anche l’evoluzione stilistica del suo artefice, che giuse, progressivamente, a quella sorta di scomposizione delle figure in solide forme geometriche, nonché alla compenetrazione di piani taglienti, che caratterizzò la successiva corrente cubista. Quanto appena affermato può essere evidenziato dal paragone di quattro differenti opere, raffiguranti il sopra menzionato soggetto naturalistico, ovvero: Mont Sainte-Victoire and the Viaduct of the Arc River Valley (1882-85), Mont Sainte-Victoire with Large Pine (1887), Sainte-Victoire Mountain (1904-1906), Sainte-Victoire Mountain (1905-1906). In questi capolavori il massicio montuoso viene sempre immortalato dal basso e da lontano, ovvero da un punto di vista che consente al maestro di isolare la luminosità della montagna, “sagoma” che viene progressivamente smaterializzata insieme al paesaggio che la circonda, culminando nell’ultimo capolavoro sopra menzionato, in cui l’artista procede nella semplificazione della resa del dato naturale, realizzato mediante volumi scomposti, che paiono tasselli cromatici disposti l’uno accanto all’altro, i quali, soltanto quando vengono accostati, sono capaci di costituire un’immagine riconoscibile. Se a  Cézanne ho dato il compito di descriverci  Aix-en-Provence, Van Gogh può assumersi la responsabilità di sintetizzare l’atmosfera di Saint-Rémy-de-Provence mediante capolavori del calibro della Notte Stellata, mentre il suo racconto di Arles sarà affidato all’analisi di tre opere meno popolari, che ho scelto proprio con la finalità di farvele conoscere. Prima tra queste è La mietitura, olio su tela del 1888, volto a narrarci della vita campestre della suddetta località, descritta mediante la raffigurazione di un campo di grano, che, già parzialmente mietuto, presenta una fascia di steli dorati addossati allo steccato che delimita una zona di vegetazione, mentre in vari punti sono disposti i contadini al lavoro sotto l’intenso sole della Provenza, collocato in un cielo limpido che lascia ben scorgere le montagne all’orizzonte. A proposito della vita urbana di Arles è invece Il Ponte di Trinquetaille (1888), capolavoro che immortlala l’omonima infrastruttura metallica e angolare, che attraversava il fiume Rodano per unire i due lati della città francese, scelta dal maestro olandese per la sua quiete, dovuta ad una netta riduzione del traffico commerciale sul sopra citato fiume, a causa del successivo sviluppo della rete ferroviaria. In conclusione, Il cortile interno dell’ospedale di Arles (1889) ci narra, almeno in parte, della “vita sociale” di Vincent ad Arles, immortalando una parte dell’Hotel-Dieu, ovvero del luogo in cui Van Gogh venne ricoverato a forza tra il dicembre del 1888 e il maggio 1889, in seguito al più celebre taglio dell’orecchio della storia dell’arte. Infine, descrivendo brevemente il capolavoro, esso raffigura il suddetto cortile presentando una grande ricchezza di particolari, inclusivi della presenza di una fontana tonda intorno alla quale sono state dipinte delle aiuole, oltre ad alcuni alberi dai rami contorti e una strada sterrata, che separa il giardino dai portici dell’ospedale. All’interno di questo spazio “la vita sociale di Arles” si realizza mediante la raffigurazione della presenza di alcuni pazienti, intenti a camminare sotto il portico o sulle balconate. L’iconico racconto che unisce Cézanne e Van Gogh alla provenza continua nelle opere degli artisti di Artmajeur, quali quelle di Jacques Peyrelevade, Sergio Lanna e Mirek Kuzniar.


VISTA DEL MARE DAI TETTI DI CAP D'ANTIBES (2022) Dipinto di Jiel.

SAINTE VICTOIRE (2023)Dipinto di Jacques Peyrelevade.

Jacques Peyrelevade: Santa Vittoria

Il pittore provenzale Peyrelevade, raffigurando il soggetto della Montagna di Sainte Victoire, si pone in dialogo diretto con la più alta tradizione dell’arte, in quanto cita Cézanne, presentandosi come una sorta di contemporaneo allievo del noto maestro francese. Di fatto, il pittore espressionista di Artmajeur, il cui operato è principalmente volto a raffigurare la Provenza, ma anche Marsiglia, il Mediterraneo e l’oriente, è fervidamente convinto del fatto che non possa esistere un’artista, che non abbia assimilato, anche a livello inconscio, l’infuenza dei più celebri esponenti del mondo dell’arte, terminando anche per riproporne, in alcune occasioni, alcuni specifici espedienti stilistici, tecnici o di soggetto. Ad ogni modo, nonostante il massiccio di Sainte Victorie sia stato “rubato” dal pennello di Cézanne, la tecnica artistica proposta da Peyrelevade risulta essere maggiormente affine a quella di alcuni maestri provenzali, riconosciuti dallo stesso  pittore nelle figure di Monticelli, Jean-Baptiste Olive, Marquet, Camoin, Verdilhan, Seyssaud, Ambrogiani, Toncini, etc. Eppure, è possibile, grazie proprio al soggetto trattato, paragonare il dipinto dell’artista di Artmajeur ad una delle versioni più “realistiche” del massiccio di Cézanne, quale quella titolata Mont Sainte-Victoire visto da Bellevue (1885), in cui, in maniera analoga, i colori generarno un pesante e poco lavorato chiaro scuro, che si dispone sulle rocce e sui versanti delle colline. Sicuramente, soggetto, ombre e inquadratura a parte, si distinguono nettamente dalla lezione di Cézanne i colori “fauves” usati da Peyrelevade, volti ad animare un soggetto, che, seppur largamente sfruttato dalla storia dell’arte, ha ricevuto in dono una nuova vita e nuovo interesse pittorico. 


VINCENT A CASA (VINCENT MODEL N. 02) (2023)Dipinto di Sergio Lanna (Sir Joe).

Sergio Lanna: Vincent a casa

Vincent van Gogh, La camera di Vincent ad Arles (1888): il capolavoro della storia dell’arte in questione raffigura una stanza semplicemente arredata, che presenta, sul suo lato destro, un letto in legno ad una piazza affiancato da una sedia, mentre sulla sinistra si scorge un piccolo tavolino con oggetti d’uso quotidiano, sormontato da una finestra. Il muro dell’ambiente, invece, è arricchito, oltre dalla presenza di alcuni abiti appesi, dai colori di quadri di vario genere e da uno specchio. Il primo piano della tela è occupato, sia dall’estremità del letto, che da una sedia, il tutto racchiuso all’interno di pareti azzurre, dove si distinguono nettamente due porte. É d’obbligo rendere esplicito come, quanto appena descritto, fosse l’apparenza della stanza da letto di Vincent, situata presso la Casa gialla, ad Arles, luogo in cui il maestro olandese si rifugiò nel 1888, malato di alcol e affetto da tosse. Ad ogni modo, parte della storia della vita di Vincent nella città della Provenza viene resa conoscibilie dalla visione del dipinto dell’artista di Artmajeur, che ritrae il maestro nella sua cameretta, agghindato come se fosse pronto ad uscire, probabilmente per recarsi presso Place du Forum, luogo raffigurato in Terrazza del caffè la sera, capolavoro del pittore olandese datato 1888. In quest’ultima tela il centro cittadino è illuminato dalle stelle e dalle lampade a gas, fonti di luce che rischiarano le fattezze di un locale, che risplende in giallo e arancio, pronto ad ospitare tavolini tondi e sedie, dove possiamo immaginare Vincent intento a fare qualche schizzo, mentre allievia i dolori della sua anima con un buon bicchiere. 


ARLES, SCENA CITTADINA (2020)Dipinto di Mirek Kuzniar.

Mirek Kuzniar: Arles, scena cittadina

Abbiamo parlato del paesaggio, dell’ospedale, della camera da letto, del ponte e dei paesaggi campestri di Arles, ma non ci siamo ancora soffermati sui cittadini di quest’ultima, che, nel coloratissimo dipinto Post-impressionista dell’artista di Artmajeur, Mirek Kuzniar, si palesano cammindando timidamente in lontananza, mentre si impone la presenza di una strada ricca di insegne e di bandiere. Per vedere un maggiore dinamismo della figura umana è d’obbligo fare riferimento ad un altro capolavoro della storia dell’arte, sto parlando di Spettatori nell’arena (1888) di Van Gogh, opera in cui il maestro ha raffigurato un antico teatro di corride, talmente affollato che il pubblico diventa il vero protagonista della tela. In questo contesto i ricercatori hanno addirittura ipotizzato che ad animare l’ambiente appaiano molte delle conoscenze dell’artista, tanto che sarebbe possibile riconoscerne le fattezze in altri dipinti dello stesso periodo. Di conseguenza, i punti focali del dipinto risultano essere le posture e i gesti di questi ultimi personaggi, mentre il palco, di secondaria importanza, è raffigurato nell’angolo in alto a destra, posizione dove si scorgono anche accennate figure di toreri. Ad ogni modo è a quel punto giallo che appare in alto a destra, ovvero l’arena, che si deve il raduno di tutte queste persone, riunite da una festa che assume le sembianze di colori contrastanti, volti ad accentuare il senso di vivacità insito nell’evento mondano.


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