L'urlo di Munch: ieri e oggi

L'urlo di Munch: ieri e oggi

Olimpia Gaia Martinelli | 14 giu 2023 7 minuti di lettura 0 commenti
 

Ammettiamolo, i libri di storia dell'arte in cui, per raccontare l'evoluzione figurativa di un determinato paese, si elenca una noiosa successione di nomi, definizioni e date, si rivelano piuttosto sterili in termini di apprendimento...

LA FRAYEUR - BASATO SU LE CRI / EDVARD MUNCH(2022)Digital Arts di Daniel Le Page (Dan Ar Pach).

Breve storia dell'arte norvegese

Parliamoci chiaro, i libri di storia dell’arte in cui, per parlare dell’evoluzione figurativa di un determinato paese, si elenca una noiosa successione di nomi, definizioni e date, risultano essere alquanto sterili in termini di apprendimento, poiché il lettore, che usa questi soporiferi volumi anche per addormentarsi, si sentirà assalito da una moltitudine di nozioni, che lo porteranno a percepire la materia come inarrivabile, ovvero troppo vasta per essere compresa, ricordata e assimilata. Pertanto, dopo essermi addormentata ieri sera, abbracciando un pesante libro di storia dell’arte norvegese, voglio qui riassumervi le origini e l’evoluzione del figurativismo di questo paese, partendo dal presupposto che la sua arte si è affermata principalmente a partire dal XIX, ovvero durante la fioritura della pittura di paesaggio, in quanto, fino a prima di quel momento, la creatività norvegese era stata dominata dalle importazioni tedesche e olandesi, nonché dalle influenze danesi. Tornando alla suddetta pittura di paesaggio, degno di nota è l’operato di Johan Christian Dahl, riconosciuto come il padre del genere, ma anche quello di Johannes Flintoe e dei successivi Kitty Kielland e Frits Thaulow. Quest’ultimo, autore anche di vedute italiane, è considerato, insieme a Christian Krohg e Erik Werenskiold, una delle figure di spicco della scena artistica della sua epoca, periodo alquanto influenzato dagli stilemi dell’Impressionismo parigino. Infine, altri paesaggisti noti furono Nikolai Astrup, Lars Hertervig e Harald Sohlberg, nomi importanti, ma spesso dimenticati, perché, anche se forse non era necessario specificare, l’artista più famoso della norvegia resta senza ombra di dubbio Edvard Munch, simbolista-espressionista, che divenne famoso in tutto il mondo per L’urlo, capolavoro che indagheremo prima nella sua forma originaria e, successivamente, in alcune delle sue contemporanea rivisitazioni ad opera degli artisti di Artmajeur.  

ANOTHER SCREAM (2023)Dipinto di Paddy.

L'urlo di Munch

Edvard Munch, L’urlo (1893): qual’è la genesi di questo capolavoro? La risposta risiede nella stessa vita tormentata del maestro, che, insieme a Paul Gauguin e Vincent van Gogh, ha prodotto lavori di estrema carica soggettiva, volti a superare per sempre lo studio scientifico e oggettivo della realtà, portanto avanti dalle precedenti correnti dell’Impressionismo e del puntinismo, per anticipare il successivo ed emotivo Espressionismo. Tornando alle vicende personali di Munch, la sua creatività fu perpetuamente nutrita dai tristi avvenimenti, che segnarono la sue esistenza, turbata da perdite familiari, insuccessi, alcolismo, nevrosi e solitudine, aspetti volti a trasformare il quotidiano dell’artista in una drammatica successione di alti e bassi emozionali, capaci di fare passare inosservata la stabilità econimica, che l’artista raggiunse riscontrando un discreto successo tra i suoi contemporanei. A proposito del capolavoro in questione, invece, esso potrebbe essere a prima vista così descritto: sulla destra del cartone è stato realizzata la distesa del mare comprensiva di un’isola, soggetti dai quali si sviluppa una line dell’orizzonte mossa, volta ad evolversi in un cielo modellato da linee ondulate e orizzontali, sul quale si sovrappone, al centro del supporto,  la presenza di una figura umana serpentina, intenta a portarsi le mani al viso per urlare con vigore, mentre è accompagnata da due sagome di uomini, che procedono affincati fino alla fine al limite posteriore del sentiero. É però soltanto prendendo in considerazione il mondo interiore dell’artefice, che il significato del capolavoro si palesa davanti ai nostri occhi, ben rappresentato dalle parole dello stesso Munch, il quale dichiarò a riguardo: «I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura…E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura». Proprio questa fu la sensazione che ispirò il pittore a generare il suo capolavoro più noto, nato, sia da un’evento, che dalle emozioni ad esso vincolate, frutto di un istante in cui Munch, intento a passeggiare nei pressi di Kristiania, si sentì colpito, nel momento in cui il sole tramonta nel mare, dalla tremenda percezione che il cielo rosso si fosse caricato di nuvole sanguinanti, pronte a trasformare i suoi amici in due pallide sagome e la natura intorno a lui in un grido, che il protagonista dell’opera ripropone nel suo dramma esistenziale. Infine, quanto appena narrato si ripropone, in parte, nelle innovative, originali ed inedite interpretazioni dell’Urlo ad opera degli artisti di Artmajeur, che ci faranno approfondire anche il racconto a riguardo del capolavoro datato 1893.  

IL GRIDO DELL'UOVO FRITTO(2016)Dipinto di Sebastien Devore (Art-bracadabrac).

RESUME SCREAM BY MUNCH(2020)Dipinto di Messiaen Line.

Urli contemporanei

Linea Messiaen: Resume Scream di Munch

Nell’acrilico di Line, in cui la pittura distesa con maggiore cura fa apparire meno drammatico e “violento” l’ondeggiare del paesaggio, la figura impersonificante l’interiorità di Much, soggetto “stilizzato” dell’originale, viene sostituita da quella di un allucinato personaggio della Playmobil, che, in modo alquanto distinto dai suoi simili, ha perso la parte superiore della testa, mentre si presenta intento a urlare, probabilmente proprio per la mancanza del suo cuoio capelluto. In aggiunta, il protagonista di Scream cover of Munch mi farebbe quasi riscrivere il racconto dal quale è nato l’opera di riferimento, in quanto, piuttosto che un uomo stimolato dal grido della natura a rendersi conto di un dramma esistenziale, in un secondo momento esteso al livello universale, egli mi pare di per sé sopraffatto dai suoi stessi e personalissi impulsi, tanto da apparire indifferente nei confronti di ciò che lo circonda, fino a dimenticarsi di coprire anche le sue nudità. Moralismi a parte, l’opera dell’artista di Artmajeur ricorda un altro aspetto dell’originale, ovvero la capacità di diventare, per la sua figura umana poco convenzionale e estremamente drammatica, un simbolo della fragilità e della decadenza del genere umano, aspetto che può avere origine, sia da un confronto con l’esterno, sia dall’introspettivo e alientante ascolto  del nostro essere.  

MUNCH (2021)Arte digitale di Murilo Ferreira.

Murilo Ferreira: Sgranocchiare

Livello di disagio che traspare dall’arte digitale di Ferreira? Alto, anzi altissimo! Tanto che il protagonista dell’opera, totalmente sopraffatto dal sopra menzionato grido della natura, nonostante lo sfondo marino sia in quest’opera assente, viene catturato mentre gli ha fatto visita uno pseudo attacco di panico, volto a manifestarsi nella forma di una busta di plastica, che, giunta a coprirgli totalmente il volto, non gli consente di respirare propriamente, intrappolandolo nelle più tipica moltitudine di drammi esistenziali, che alle volte si inseguono nella nostra testa, affliggendola e intasandola. Ad ogni modo, se in questo affine contesto esulano dal riferimento al capolavoro del 1893, sia lo sfondo astratto, che la presenza di un unico soggetto, l’opera dell’artista di Artmajeur presenta, pseudo urlo a parte, ulteriori punti d’incontro con il dipinto originario, che, in maniera analoga, ha utilizzato colori complementari, volti a conferire, oltre una dirompente evocatività, anche un’accentuazione della forza cromatica dell’opera. In aggiunta, come dichiarato dalla stessa Ferreira, Munch rappresenta una sorta di autoritratto, che, a differenza di quello presente nella nota tempera e pastello su cartone, è stato realizzato mediante una tecnica mista di fotografia e collage digitale, in cui il processo di creazione inizia ben prima che la foto venga scattata, poiché è l’artista a sviluppare gli abiti che utilizzerà nelle foto, oltre ai collage.

THE JAMES BROWN SCREAM (2023) Dipinto di Sergio Lanna (Sir Joe).

Sergio Lanna: L'urlo di James Brown

“Wow! Mi sento bene, sapevo che l'avrei fatto, ora
Mi sento bene, sapevo che l'avrei fatto, adesso
Così bene, così bene, ti ho preso” – I got you

Ecco! Proprio quanto sopra, ovvero una delle più note canzoni di James Brown, pare ascoltare e allo stesso tempo cantare, il protagonista di The James Brown scream, dipinto in cui la presenza dell’immateriale melodia viene rivelata dalle parole e dalle note raffigurate, nonché dalla presenza della grandi cuffie rosse dell’effigiato. Proprio tali scritte, immortalate sullo sfondo naturalistico, sopra e a destra della testa del protagonista, presentano alcune affinità con un aneddoto riguardante il capolavoro norvegese, che, come solo pochi intenditori sanno, riporta sulla sua superficie la seguente dicitura, realizzata a penna nell’angolo in alto a sinistra del cartone: “può essere stato dipinto solo da un pazzo”. Secondo alcuni storici questa sorta di psuedo “rivelazione” sulla salute mentale del maestro, potrebbe essere stata realizzata da un visitatore del Munch Museet, fatto che la trasformerebbe in una triste e sterile opera vandalica. Ad ogni modo però, la suddetta grafia è stata anche confrontata con quella del maestro norvegese, seguendo un’indagine il cui esito ha permesso di ipotizzare, che l’artista ne sia l’artefice. Di fatto, dagli studi di Mai Britt Guleng, curatrice del museo di Oslo, potrebbe essere confermato che il pittore avrebbe aggiunto la frase nel 1895, reagendo ad alcune critiche a cui il suo lavoro era stato sottoposto, tra le quali, quelle aspre dello studente di medicina Johan Scharffenberg, sostenitore del fatto che: l’autore de L’urlo poteva essere tutto, tranne che sano di mente. Condizione mentale a parte, tornando per un attimo al dettaglio musicale iniziale, esso ci suggerisce un evidente differenza interpretativa tra l’originale del 1893 e il rifacimento dell’artista di Artmajeur, in quanto nel secondo caso si riconosce nella musica un valido strumento per combattere i mali della vita terrena, aspetti che nel primo sopraffanno e devastano l’uomo.  


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