L'arte senza tempo del disegno: 10 capolavori che hanno fatto la storia

L'arte senza tempo del disegno: 10 capolavori che hanno fatto la storia

Olimpia Gaia Martinelli | 25 mar 2025 10 minuti di lettura 2 commenti
 

Con l'arrivo del Salon du dessin 2025, che riunirà collezionisti, esperti e appassionati da tutto il mondo al Palais Brongniart, è il momento ideale per celebrare il ruolo fondamentale del disegno nella storia dell'arte...

Con l'arrivo del Salon du dessin 2025, che riunirà collezionisti, esperti e appassionati da tutto il mondo al Palais Brongniart di Parigi, è il momento ideale per celebrare il ruolo fondamentale del disegno nella storia dell'arte.

Dagli studi più delicati alle espressioni più audaci, il disegno è sempre stato alla base della creazione artistica, offrendo uno sguardo privilegiato nella mente dei più grandi maestri. In onore del suddetto evento, presentiamo 10 disegni imprescindibili, opere senza tempo che raccontano l’evoluzione della tecnica, della visione e della creatività.

Andrea Mantegna, Uomo giacente su una lastra di pietra, 1470-80. Disegno a penna e inchiostro. British museum trustee.

Andrea Mantegna – Uomo giacente su una lastra di pietra (1470-80)

L’opera Uomo giacente su una lastra di pietra, realizzata tra il 1470 e il 1480 con penna e inchiostro, è un disegno che incarna la straordinaria capacità di Andrea Mantegna nel combinare rigore anatomico, drammaticità espressiva e una prospettiva illusionistica senza precedenti. L’uomo raffigurato, con il corpo semi-riverso e un’espressione di dolore e abbandono, esprime una tensione plastica che lo rende vivo e tangibile, quasi scultoreo nella sua tridimensionalità. L'opera è oggi conservata presso il British Museum.

Quest’opera si pone in diretto dialogo con il celebre Cristo Morto di Mantegna, conservato nella Pinacoteca di Brera. Entrambi i lavori condividono la stessa ricerca prospettica e la volontà di sperimentare lo scorcio anatomico, elemento distintivo dell’arte mantegnesca. Il disegno non anticipa il Cristo Morto, ma è contemporaneo ad esso e dimostra come l’artista fosse impegnato in una profonda riflessione sulla rappresentazione della figura umana nella sua tridimensionalità. La posizione del corpo, la prospettiva forzata e l’intensità espressiva suggeriscono una stretta relazione tra i due lavori, accomunati dalla stessa tensione plastica e dall'interesse per l’illusionismo spaziale.

Leonardo da Vinci, Uomo Vitruviano, 1490. Disegno a penna e inchiostro su carta. Galleria dell'Accademia, Venezia.

Leonardo da Vinci – Uomo Vitruviano (1490)

Disegnato da Leonardo da Vinci intorno al 1490, L’Uomo Vitruviano è una delle immagini più iconiche della storia dell’arte.  L’opera rappresenta un uomo inscritto in un cerchio e in un quadrato, a dimostrazione delle proporzioni ideali del corpo umano secondo le teorie dell’architetto romano Vitruvio. 

Il cerchio, simbolo del cosmo e della perfezione divina, e il quadrato, che richiama la dimensione terrena, si incontrano nella figura umana, che diventa il punto di connessione tra microcosmo e macrocosmo. Questa concezione, derivata dalla filosofia platonica e neoplatonica, riflette l’ideale rinascimentale dell’uomo come misura di tutte le cose.

Lo stile di Leonardo si distingue per la sua straordinaria precisione anatomica, frutto di attenti studi sul corpo umano. A differenza di precedenti rappresentazioni vitruviane, il suo disegno è il risultato di osservazioni dirette, più che di una semplice ripresa del testo classico.

Leonardo da Vinci, Autoritratto, 1571-18. Disegno a sanguigna su carta. Biblioteca Reale, Torino.

Leonardo da Vinci - Autoritratto (1517-18)

L'Autoritratto di Leonardo da Vinci, realizzato attorno al 1517, è un’opera che ha definito nell’immaginario collettivo il volto del genio rinascimentale. Questo disegno a sanguigna su carta, caratterizzato da un tratto sicuro e fluido, combina abilmente precisione tecnica e profonda introspezione psicologica. Il soggetto, un uomo anziano dal volto segnato dal tempo, fissa lo spettatore con uno sguardo penetrante e carico di espressività. 

Il chiaroscuro sottile, ottenuto con il controllo magistrale della sanguigna, dona al ritratto un senso di volume e tridimensionalità, conferendo all’opera un carattere quasi scultoreo. Leonardo utilizza un tratto essenziale ma profondo, con leggere sfumature che enfatizzano le ombre e danno un senso di morbidezza ai lineamenti.

Seppur realizzato come un disegno autonomo, l’Autoritratto di Leonardo ha influenzato fortemente il mondo dell’incisione, venendo riprodotto e diffuso attraverso stampe fin dal XIX secolo. Una delle prime riproduzioni avvenne nel 1810, quando Giuseppe Bossi ne fece un’incisione per il suo trattato Il Cenacolo di Leonardo da Vinci, contribuendo alla sua celebrità. L’opera è poi riemersa nel 1839, quando entrò a far parte della collezione Savoia, per poi essere definitivamente collocata nella Biblioteca Reale di Torino.

Nonostante sia universalmente riconosciuto come l’effigie autentica di Leonardo, alcuni studiosi nel tempo hanno messo in discussione questa identificazione, ipotizzando che il soggetto potesse essere Ser Piero da Vinci (suo padre), lo zio Francesco o persino un filosofo dell’antichità. Tuttavia, il confronto con il celebre profilo di Leonardo conservato a Windsor, attribuito all’allievo Francesco Melzi, ha rafforzato l’idea che si tratti effettivamente del Maestro negli ultimi anni della sua vita, in perfetta coerenza con la descrizione fornita nel 1517 dal segretario del cardinale Luigi d’Aragona, che lo descrisse come un uomo di oltre settant’anni.

Albrecht Dürer, Praying Hands, 1508 circa. Disegno. Albertina, Vienna.

Albrecht Dürer – Praying Hands (1508 circa)

Il disegno di Albrecht Dürer è un'opera che trascende il tempo, essendo riconosciuto dal mondo occidentale come un simbolo universale di fede e raccoglimento. Realizzato a penna e inchiostro su carta colorata di blu, il capolavoro raffigura due mani maschili giunte in preghiera, con le dita affusolate e i polsi parzialmente coperti da maniche arrotolate

La straordinaria attenzione ai dettagli, dal chiaroscuro raffinato alla resa tridimensionale, dimostra l’incredibile abilità grafica di Dürer, capace di conferire una forte espressività anche a un semplice studio anatomico.

Il disegno è tradizionalmente considerato uno studio preparatorio per le mani di un apostolo destinato a occupare il pannello centrale del Polittico Heller, commissionato per la chiesa domenicana di Francoforte e purtroppo distrutto in un incendio nel 1729. Tuttavia, recenti ricerche suggeriscono che l’opera non fosse una semplice preparazione, bensì una raffinata rielaborazione virtuosa delle mani dipinte nel polittico, che Dürer avrebbe riportato con sé in Germania dopo il suo celebre viaggio in Italia.

Michelangelo Buonarroti, Crocifissione per Vittoria Colonna, 1545. Carboncino su carta. British Museum, Londra.

Michelangelo Buonarroti – Crocifissione per Vittoria Colonna (1545)

Realizzata intorno al 1545, La Crocifissione per Vittoria Colonna è un disegno a carboncino su carta attribuito a Michelangelo Buonarroti, oggi conservato al British Museum di Londra. Quest’opera rappresenta una delle testimonianze più intime della sua produzione grafica, legata alla sua profonda amicizia con Vittoria Colonna, nobildonna e poetessa vicina ai circoli riformisti.

Diversamente dalle tradizionali rappresentazioni della Crocifissione, il Cristo di Michelangelo non appare statico sulla croce, ma sembra levitare, sollevandosi con un movimento rotatorio. Il suo corpo, modellato con una straordinaria plasticità anatomica, assume una torsione che esprime al contempo dolore e ascesi spirituale, come se fosse già proiettato verso la resurrezione. Ai lati, due angeli dolenti, resi con tratti essenziali, partecipano alla scena con un’intensa carica emotiva.

L’interpretazione dinamica del corpo di Cristo potrebbe riflettere le influenze del pensiero riformista cattolico, che vedeva nella sua morte l’unica via di salvezza individuale, sottolineando il sacrificio come atto supremo di redenzione.

Raffaello Sanzio, Study of the heads and hands of two Apostles, 1519-20. Disegno. Ashmolean Museum, Oxford.

Raffaello Sanzio – Study of the heads and hands of two Apostles (1519-20)

Questo studio preparatorio per la Trasfigurazione, il grande altare dipinto tra il 1518 e il 1520, oggi conservato nella Pinacoteca Vaticana, è un'opera straordinaria che testimonia il processo creativo di uno dei più grandi maestri della storia dell’arte.

Il disegno presenta due figure a contrasto: un giovane dal volto idealizzato e un anziano con una barba fluente, entrambi immersi in un'intensa partecipazione emotiva alla scena della Guarigione del fanciullo posseduto, episodio raffigurato nella parte inferiore del dipinto. L’abilità di Raffaello risiede nella capacità di caratterizzare i volti con estrema sensibilità, rendendo palpabile il pathos della scena.

Il tratto del carboncino nero, gestito con straordinaria variazione tonale, permette di modulare luci e ombre con delicatezza, anticipando il chiaroscuro pittorico del dipinto finale. Questo studio non è solo un esercizio anatomico, ma un’indagine profonda sulla natura umana e sulle sue emozioni contrastanti.

Il foglio rivela inoltre tracce di spolvero, una tecnica con cui i contorni delle teste e delle mani venivano trasferiti da un disegno più grande, il cartone preparatorio a grandezza naturale. Ciò dimostra come l’artista affinasse progressivamente la composizione, concentrandosi sui dettagli più espressivi per raggiungere la perfezione nella resa pittorica.

Rembrandt van Rijn, Self Portrait, 1637. Gesso rosso. National Gallery of Art, Washington.

Rembrandt van Rijn – Self Portrait (1637 circa)

Nel vasto corpus degli autoritratti di Rembrandt, che comprende oltre 40 dipinti, 31 incisioni e alcuni disegni, il ritratto a gessetto rosso realizzato intorno al 1637 e oggi conservato presso la National Gallery of Art di Washington si distingue per la sua immediatezza e vitalità espressiva.

In quest'opera, Rembrandt si raffigura con un cappello ampio e una veste riccamente pieghettata, ma il fulcro della composizione è il volto, tracciato con linee morbide e fluide, quasi abbozzate, che donano alla figura un’aria spontanea e pensierosa. Lo sguardo diretto e leggermente ironico, il tratto rapido e vibrante, rivelano non solo la sua abilità tecnica, ma anche il suo desiderio di esplorare la propria immagine in modo sempre nuovo.

Questo disegno fa parte di un lungo percorso di indagine del sé che accompagna l’intera carriera dell’artista: dagli autoritratti giovanili, in cui appare come un ambizioso pittore emergente, ai potenti e malinconici ritratti della vecchiaia, segnati da ombre profonde e dall’introspezione.

Edgar Degas, Danseuse debout, 1877 circa. Museo Nacional de Bellas Artes, Buenos Aires.

Edgar Degas – Danseuse debout (1877 circa)

Tra gli artisti che hanno saputo interpretare con straordinaria sensibilità il mondo della danza, Edgar Degas occupa un posto d'onore. La sua opera Danseuse Debout (ca. 1877), realizzata a pastello su carta, è un esempio perfetto della sua capacità di cogliere il movimento, la grazia e la fatica delle ballerine dell'Opéra di Parigi.

Il disegno mostra una giovane danzatrice colta in un momento di preparazione: il busto leggermente inclinato, il braccio disteso e la gamba sollevata suggeriscono un esercizio o una posizione di equilibrio. Degas non cerca la posa perfetta della scena teatrale, ma l'attimo fugace, la spontaneità del gesto. La ballerina appare completamente immersa nel suo mondo, senza esibizionismo, come se fosse inconsapevole dello sguardo dell’artista.

La scelta del pastello, con il suo tratto morbido e le delicate sfumature cromatiche, permette a Degas di enfatizzare la luminosità del tutù, i riflessi sulla seta delle calze e delle scarpette da ballo. La linea veloce e vibrante sembra quasi modellare il corpo con energia, mentre lo sfondo indefinito sottolinea l’attenzione sull’azione della figura.

Vincent van Gogh, Sorrow, 1882. Disegno, The New Art Gallery Walsall, England.

Vincent van Gogh – Sorrow (1882)

Realizzato nel 1882, Sorrow è uno dei primi capolavori grafici di Vincent van Gogh, un’opera intensa e drammatica che rivela il profondo senso di empatia dell’artista verso i più emarginati. Questo disegno a matita e inchiostro raffigura Clasina Maria Hoornik, detta Sien, una donna incinta, sola e abbandonata, con il corpo segnato dalla vita difficile. 

La figura femminile appare seduta, con il busto inclinato in avanti e le braccia incrociate sulle gambe, in una posa che esprime stanchezza, disperazione e rassegnazione. Il corpo è nudo, ma non ha nulla di idealizzato: è una rappresentazione cruda e realistica della condizione umana. 

L’opera è accompagnata dall’iscrizione “Comment se fait-il qu'il y ait sur la terre une femme seule, délaissée?” (Come può esistere sulla terra una donna sola, abbandonata?), una citazione dallo storico Jules Michelet che fornisce la chiave interpretativa del disegno: non è solo un ritratto, ma una denuncia sociale sulla condizione delle donne emarginate nell’Ottocento.

Sien Hoornik non era solo una modella per Van Gogh, ma una donna con cui l’artista condivise un tratto della sua vita. Incontrata per le strade dell’Aia nel gennaio del 1882, Sien era incinta, indigente e costretta a prostituirsi per sopravvivere. Van Gogh la accolse e la sostenne per circa un anno, sviluppando un legame che per lui rappresentava una missione di carità e solidarietà.

Pablo Picasso, Faun Revealing a Sleeping Woman (Jupiter and Antiope, after Rembrandt), 1936. Tate, London.

Pablo Picasso - Faun Revealing a Sleeping Woman (Jupiter and Antiope, after Rembrandt) (1936)

L’opera si ispira a un episodio della mitologia classica, già rappresentato da Rembrandt nel 1659: la storia di Giove e Antiope, in cui il dio, travestito da satiro, si avvicina furtivamente alla principessa addormentata. Tuttavia, la reinterpretazione di Picasso va ben oltre il riferimento storico, trasformando il tema in un’immagine di forte tensione erotica e ambiguità narrativa.

Il fauno, figura mitologica carica di significati legati all’istinto primordiale e alla sessualità, si china su una donna dormiente, sollevando il velo che la ricopre. Il corpo femminile, morbido e opulento, contrasta con la fisicità più aggressiva e animalesca della creatura maschile, evidenziando il dualismo tra passività e dominio, sogno e realtà.

Picasso utilizza una combinazione di acquaforte e puntasecca, tecniche incisorie che gli permettono di ottenere una ricchezza di tratti e texture paragonabili a quelle del disegno. Le linee fluide e veloci sembrano quasi abbozzate, mentre le ombre intense e le superfici graffiate creano un contrasto drammatico che enfatizza la tensione della scena.

La somiglianza tra questa incisione e il suo stile grafico è evidente: il tratto nervoso e spezzato richiama i suoi studi a matita e carboncino, mentre le zone di chiaroscuro accentuano il volume e la tridimensionalità delle figure, come se fossero modellate su carta prima di essere incise su lastra.


Visualizza più articoli

ArtMajeur

Ricevi la nostra newsletter per appassionati d'arte e collezionisti