L'arte e l'evoluzione del mondo del lavoro

L'arte e l'evoluzione del mondo del lavoro

Olimpia Gaia Martinelli | 1 mag 2022 6 minuti di lettura 0 commenti
 

Il compito dell’arte è sempre stato quello di catturare in modo permanente la realtà delle epoche in cui essa si manifesta, riportandone gli usi, i costumi, gli stili di vita e gli ideali. In merito a tale finalità, la ricerca artistica si è dedicata a ritrarre anche il mondo del lavoro, attività inesorabilmente legata alla vita e alla sopravvivenza dell’uomo...

Jean-Marie Gitard (Mr STRANGE), Mr Bermans, policeman, 2018. Olio su tela,  100 x 75 cm.

Il compito dell’arte è sempre stato quello di catturare in modo permanente la realtà delle epoche in cui essa si manifesta, riportandone gli usi, i costumi, gli stili di vita e gli ideali. In merito a tale finalità, la ricerca artistica si è dedicata a ritrarre anche il mondo del lavoro, attività inesorabilmente legata alla vita e alla sopravvivenza dell’uomo. Quanto detto è già riscontrabile nelle opere dell’antico mondo egizio, greco e romano, come dimostrano la Scena agricola dalla tomba di Nakht a Tebe (Egitto) (XVI-XIV se. a.C), l’Anfora attica a figure nere raffigurante la bottega del calzolaio e la bottega del fabbro (500-490 a.C.) e il Mosaico romano con scena di pesca (II sec. d.C). A proposito della prima opera, è chiaro come la pittura murale sia stata concepita con la finalità di celebrare la maggiore attività praticata nell’antico Egitto, ovvero l’agricoltura. Infatti, è nota la devozione degli egiziani al fiume Nilo, ovvero il dio Hapi, che, con le sue preziose inondazioni, favoriva la fertilità del terreno, permettendo alla popolazione di disporre anche di tre ricchi raccolti l’anno. 

Scena agricola dalla tomba di Nakht, XVI-XIV se. a.C. Copia a tempera su carta del 1915. Tebe: Egitto.

A proposito del mondo medievale, invece, tra i più importanti capolavori dedicati all’attività lavorativa ci sono: il Manoscritto carolingio con i lavori dei dodici mesi dell’anno (818), la scena di cantiere in Storia di papa Alessandro III, realizzata da Spinello Aretino (1408 ca.), e il particolare delle filatrici del Mese di marzo, opera di Francesco del Cossa (1468 ca.). Proprio in quest’ultimo, le donne intente a filare, che rimandano al mito di Aracne, sono al contempo una poetica raffigurazione delle filatrici quattrocentesche del ducato di Ferrara, famoso per la lavorazione della seta. Il Cinquecento è allo stesso modo segnato da importanti dipinti dedicati al mondo del lavoro, come dimostrano i Mietitori di Pieter Bruegel il Vecchio (1565) e la Macelleria di Joachim Beuckelaer (1568). Il primo capolavoro, che ritrae la mietitura nei mesi di agosto e settembre, rappresenta un’opera imprescindibile per la storia dell’arte, poiché essa contribuì all’affermazione di un nuovo umanesimo, grazie al quale non si ricorse più a un pretesto religioso per poter rappresentare il paesaggio e le attività ad esso collegate. Tra Seicento e Settecento sono invece degni di nota La favola di Aracne di Diego Velázquez (1655) e Lo speziale di Pietro Longhi (1752). 

Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitori, 1565. Olio su tavola, cm 116 x 159. New York: MET.

A fare la differenza è però l’Ottocento, secolo durante il quale, con la diffusione del Realismo, si capovolse definitivamente quella gerarchia piramidale che aveva sempre relegato all’ultimo posto la pittura di genere, indagine artistica volta alla rappresentazione di scene di vita quotidiana, alla quale appartengono anche le opere dedicate al mondo del lavoro. Infatti, proprio nei decenni centrali del XIX secolo, il tema del lavoro ha dominato, in special modo in Francia, l’iconografia dell’arte, diventando soggetto privilegiato di pittori tra loro molto diversi e assumendo, di volta in volta, connotazioni originali e sfumature semantiche differenti. In questo contesto, aldilà delle rivendicazioni politiche e delle ricerche formali, il mondo del lavoro diventò un’occasione di indagine sociale di una realtà contemporanea complessa e contraddittoria, scombussolata dalle prime conseguenze della Rivoluzione Industriale e dell’affermazione della borghesia capitalista. Esempi chiave di questa poetica sono stati sicuramente Gli spaccapietre di Gustave Courbet (1849) e Le spigolatrici di Jean-François Millet (1857).

Jean-François Millet, Le spigolatrici, 1857. Olio su tela, cm 84 x 112. Parigi:  Musée d’Orsay.

A fine Ottocento, anche i maestri dell’Impressionismo si interessarono al mondo del lavoro, come dimostrano i Piallatori di parquet di Gustave Caillebotte (1875), Le stiratrici di Edgar Degas (1884) e Gli scaricatori di carbone di Claude Monet (1875). Durante il Novecento, invece, l’interesse per il mondo del lavoro proseguì in altri capolavori iconici quali, ad esempio, Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1901), Lavoratori di ritorno verso casa di Edvard Munch (1913-1914) e gli Operai nell’Industria Ford di Diego Rivera (1932-1933). Per quanto riguarda quest’ultima opera, è importante sottolineare come, nel 1931, Diego Rivera e la moglie Frida Kahlo si trasferirono negli Usa, per la realizzazione di numerose opere in cui le tematiche socialiste di Rivera provocarono una serie di polemiche. Quando però l’artista messicano iniziò le pitture murali per il Detroit Institute of Art, basate sulla tematica dell’industrializzazione in seno alle tecniche della catena di montaggio introdotte da Henry Ford, malgrado tale assemblaggio rappresentasse forti connotazioni di sfruttamento della classe operaia e alienazione della psiche, Rivera fu significativamente incantato dalla “meravigliosa sinfonia” delle officine dell’impero industriale di Edson Ford. Infine, nel mondo contemporaneo, l’arte che ha immortalato il lavoro, criticandone con forza lo sfruttamento, è ben esemplificata dal graffito di Basky Slave Labour, che, venduto all’asta per 750mila sterline, raffigura uno sfortunato bambino scalzo e inginocchiato, intento a cucire a macchina una serie di Union Jack. 

Ralph Hackeland, Bemalung, 2022. Acrilico su tela,  100 x 80 cm.

Sócrates Rízquez, New York #8, 2020. Pittura, smalto su alluminio, 95 x 148 cm.

Il lavoro nelle opere degli artisti di Artmajeur

Anche gli artisti di Artmajeur hanno raffigurato il mondo del lavoro all’interno di opere altamente innovative, capaci di svelare nuovi punti di vista e dinamiche che coinvolgono, sia l’indagine figurativa, sia la realtà contemporanea. Quanto detto può essere esemplificato dai dipinti di Ewen Gur, System error, Mennato Tedesco, Smart working, e Martinho Dias, Office soldiers playing blindman’s buff. Infatti, se le prime due opere documentano l’impatto della tecnologia sul mondo del lavoro contemporaneo, l’ultima ci fornisce un’inedita visione dei momenti di svago che, con la complicità dei colleghi, si possono vivere all’interno delle grandi aziende. 

Ewen Gur, System error, 2015Acrilico / vernice spray / inchiostro su tela, 80 x 60 cm.

Ewen Gur: System error

Il dipinto di Gur, dominato da uno stile unico ed originale, che, legato al mondo dei fumetti, è caratterizzato dalla presenza di forti contorni neri, tratta con ironia un argomento chiave della nostra contemporaneità lavorativa, ovvero la dipendenza dai computer. Proprio il personaggio protagonista dell’opera sta vivendo degli attimi di puro panico e terrore, dettati da delle anomalie presentate dal suo sistema informatico. É inutile negarlo, l’opera dell’artista di Artmajeur, attraverso una forte e tagliente ironia, ci invita a riflettere, sia sul nostro attuale stato di dipendenza nei riguardi della tecnologia, che sull’inarrestabile digitalizzazione del mondo del lavoro.

Mennato Tedesco, Smart working, 2021. Olio / acrilico / tempera su tela,  80 x 60 cm.

Mennato Tedesco: Smart working

Nel dipinto realista di Tedesco si legano, ancora una volta, ironia, tecnologia e mondo del lavoro. Infatti, il titolo dell’opera allude alla contemporanea possibilità di poter lavorare da casa, o da qualsiasi altro luogo si voglia, proprio grazie all’uso di sistemi informatici che, di tutte le tipologie e dimensioni, sono in grado di connetterci con i nostri colleghi e superiori ovunque ci troviamo. Tale possibilità viene però estremizzata, poiché l’opera ritrae, in modo irriverente e comico, un lavoratore abilitato ad operare dal suo bagno. Infine, questo simpatico soggetto in parte svestito, ci fornisce uno spunto di riflessione prezioso, a proposito di un mondo ormai dominato, e accompagnato anche nei momenti più intimi, dalla tecnologia.

Martinho Dias, Office soldiers playing blindman's buff, 2019. Acrilico su tela, 140 x 180 cm.

Martinho Dias: Office soldiers playing blindman’s buff

L’opera di Dias raffigura un momento di divertimento che, concretizzatosi sul posto di lavoro, coinvolge i dipendenti di un’azienda, chiamati ironicamente da Dias “soldati”. Infatti, dietro alla predominante aria di festa si cela un forte intento critico, svelatoci dalle stesse parole dell’artista: “Questi soldati di gabinetto bendati governano una complessa organizzazione coercitiva senza tempo e senza sonno, attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, iper-nevrotici e dopati per le prestazioni”. Proprio grazie a questa citazione capiamo bene come la frenesia dei soggetti immortalati sia dovuta in realtà alle loro molteplici frustrazioni, ansie, noie e turbamenti, derivati da ritmi di lavoro disumani.


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