Albrecht Dürer, Incoronazione della Vergine, 1500-1511. Xilografia tratta dalla serie de la Vita della Vergine.
Tutti conoscono questa storia
L'incisione, tecnica artistica in cavo o in rilievo, ha, tra i suoi primi esempi documentati, quelli più antichi del VII secolo a.C., collocabili in Egitto e in Cina e, successivamente, anche in Grecia. Il metodo xilografico giunse in Europa nel XIV secolo, diffondendosi prima nell'ambito della carte da gioco, per poi approdare anche nella produzione di immagini religiose e nei libri. Maestro del genere xilografico è, per eccellenza, Albrecht Dürer. La tradizione del bulino, invece, arriva in un secondo momento, diffondendosi a partire dall'esempio del suo più accreditato inventore: Maso Finiguerra. Tale modalità d'incisione su lastra calcografica ebbe grande successo tra Cinquecento e Seicento, anche se in quest’ultimo periodo fu similmente popolare l’acquaforte, tecnica indiretta, che raggiunse un elevato livello d'esecuzione e di raffinatezza artistica, grazie al contributo di Rembrandt. L’Ottocento è il secolo della litografia, la cui maggiore velocità di esecuzione dei soggetti, oltre che le sue potenzialità tecniche ed espressive, la resero il nuovo sistema d’incisione per eccellenza, sperimentato da grandi maestri del calibro di Toulose Lautrec, Pablo Picasso e Paul Klee. Infine, è d’obbligo aggiungere altre nozioni a riguardo di tecniche fino ad ora trascurate, ovvero: la puntasecca, la maniera nera, la vernice molle e l’acquatinta.
Puntasecca: inizialmente essa veniva impiegata per rifinire i diversi stati delle incisioni a bulino, e solo successivamente, ovvero dal XV secolo, venne usata anche autonomamente.
Maniera nera: originaria della Germania seicentesca è l’unica tecnica che consente di ottenere i passaggi chiaroscurali, poiché la superficie della lastra viene preparata in un nero, che, al ritroso, è capace di offrire tutti i valori intermedi.
Vernice molle: si tratta di un procedimento simile all'acquaforte, ma con il quale si producono segni più sfocati e irregolari, che ricordano quelli ottenuti con un disegno a carboncino o matita.
Acquatinta: risalente al VXIII secolo, causa la sua versatilità, venne usata, al pari della maniera nera, principalmente come mezzo per imitare i valori chiaroscurali.
Marcantonio Raimondi, Strage degli innocenti da Raffaello, 1511 circa. Bulino.
L’incisione di riproduzione
Quanto appena detto lo troviamo scritto in molteplici maniere su altrettante numerose fonti, che, di sovente, tralasciano un racconto parallelo, forse meno conosciuto, ma decisamente intrigante, in quanto capace di connettere le vite di alcuni dei più noti incisori con quelle di pittori estremamente popolari. In che modo? Nelle prima metà del Cinquecento esistevano artisti altamente celebri, ma, date le difficoltà di spostarsi per ammirare dal vivo i loro lavori, essi furono "sostituiti" dalle incisioni di riproduzione. Con questo termine si intendono stampe, volte a riproporre su carta le opere d’arte, la cui copia veniva acquistata per motivi di studio da altri artisti, oltre che per un più puro ed economico desiderio di possesso. Chi ebbe l’idea geniale di inizare questo business? Marcantonio Raimondi! Egli, è stato, appunto, un incisore italiano classe 1470 circa, noto per essere stato una figura chiave nell’ascesa della stampa riproduttiva, genere al quale dedicò la maggior parte della sua carriera. Durante questo arco di tempo Marcantonio ebbe a che fare direttamente, per ragioni differenti, che andremo successivamente a svelare, con Albrecht Dürer, Raffaello e Giulio Romano! Iniziamo con il maestro di Norimberga...
Albrecht Dürer, Trasporto della croce, 1497-1510. Xilografia tratta dalla serie de la Grande Passione.
Marcantonio Raimondi e Albrecht Dürer
Prima di raccontarvi la storia che fa incontrare le due personalità in questione necessito di fare alcune premesse fondamentali: le stampe di Dürer sono opere originali, in quando concepite e realizzate dalla stessa persona, mentre l’attività di Marcantonio è quella di riprodurre un modello grafico o pittorico realizzato da un altro artista. Il tedesco sottolineava questa differenza apponendo alle sue xilografie il suo monogramma, inteso, appunto, per rendere chiara ed esplicita la sua autorialità. Proprio su quest’ultimo punto va a soffermarsi il racconto del Vasari, volto a narrare di come Marcantonio, una volta giunto a Venezia e aver scoperto la fine mano del Tedesco, con l’intenzione di diffondere i suoi eccellenti stilemi anche in Italia, copiò alcune delle tavole del maestro di Norimberga, sulle quali apportò anche il sopra menzionato monogramma “AD”. L’italiano iniziò così a vendere le stampe spacciandole per degli originali, fatto che giunse all’orecchio di Dürer, che parti dalle Fiandre per giungere a Venezia, dove, presso la Signoria, querelò Marcantonio, chiedendo anche il sequestro delle matrici e la estromissione dal commercio delle stampe in questione. Ciò nonostante, il tedesco non ottenne altro se non che Marcantonio non facesse più il nome e né la firma del sopradetto Alberto. Passiamo adesso a Raffaello e a Giulio Romano!
Marcantonio Raimondi, Giudizio di Paride da Raffaello, 1514-18 circa. Bulino.
Marcantonio Raimondi, Raffaello e Giulio Romano
Anche Raffaello volle entrare in contatto con Raimondi, ma con altre intenzioni, guidate da una più matura consapevolezza. L’Urbinate, pur non essendosi mai dedicato all’arte incisoria, la teneva in alta considerazione, coltivando la prolifica intuizione ch’essa potesse divenire umo strumento di promozione della sua arte, che avrebbe potuta più facilmente diffondersi in Europa. Allora, egli decise di rendere tali intenzioni concrete, cosicché contattò Marcantonio, il cui lavoro aveva conosciuto proprio a partire dalla sopra menzionate copie dal Dürer. In questa occasione il pittore chiese all'incisore di riprodurre in serie e con alte tirature, una grande quantità di suoi dipinti e disegni, compresi quelli preparatori per i suoi magnifici arazzi. Ne consegue che Raimondi fu il primo incisore delle opere di Raffaello, il cui lavoro rappresenta la testimonianza tangibile che mediante la circolazione delle stampe è possibile moltiplicare la diffusione di un’idea, oltre che la sua fruizione presso un pubblico molto più ampio, rispetto a quello dei meri eruditi. Come Marcantonio organizzò tale lavoro? Egli avviò una bottega organizzata per la produzione incisa e il mercato editoriale, volta a dar vita a incisioni tratte da disegni di Raffaello anche specificatamente intesi per questa destinazione. Dopo la morte dell’Urbinate, Raimondi continuò a lavorare nella bottega collaborando con Giulio Romano, autore delle sedici incisione del libro erotico de I Modi. Quest’opera rinascimentale, che rappresenta il primo caso italiano di scene di sesso esplicito, pensate per essere messe in commercio, venne creata nella sua versione originale da Marcantonio, che prese a modello i sensuali dipinti che Giulio aveva realizzato per Federico II Gonzaga. Ad ogni modo, le stampe, pubblicate a Roma nel 1524, vennero bruciato da Papa Clemente VII, mentre Raimondi venne incarcerato. La seconda edizione del 1527 diede luogo a fatti e censure analoghe. É giunta l’ora di mostrare un’esempio dell’operato di Raimondi, sintetizzato dal bulino de Il Giudizio di Paride da Raffaello.
Un dettaglio di un dio fluviale dall'incisione di Raimondi.
Analisi dell’opera: Il Giudizio di Paride di Raimondi da Raffaello
L'opera conosciuta come "Il Giudizio di Paride", originariamente creata dal pittore italiano Raffaello, esiste ora solo attraverso incisioni di Marcantonio Raimondi, poiché il disegno originale è andato perduto. Questo tema si colloca tra i più frequentemente rappresentati nella storia dell'arte, spaziando attraverso vari periodi tra cui il Rinascimento, il Barocco e persino il ventesimo secolo. La composizione, che trasse in parte ispirazione da un sarcofago romano di stesso soggetto, ritrae numerosi gruppi di figure immerse in un paesaggio pittoresco e ricco di vegetazione, in cui si distingue il gruppo centrale con Paride e le tre dee. L'uomo viene colto mentre mostra la mela della discordia a Venere, che viene incoronata da una Vittoria alata, mentre Giunone, identificabile dal pavone ai suoi piedi, sembra minacciare il principe troiano. Minerva, invece, è raffigurata intenta a stringere il vestito che ha tolto, dopo aver abbandonato a terra anche il suo elmo e lo scudo, recante la testa di Medusa. Alla destra del supporto, è rappresentato un gruppo di divinità fluviali, una delle quali si rivolge direttamente allo spettatore, quando un'altra guarda in alto, intravedendo Giove tra le nuvole, seduto sul suo trono. Le incisioni di Raimondi hanno permesso la conoscenza, oltre che la diffusione e la reinterpretazione, della composizione in questione, opera il cui impatto sulla storia dell'arte rimane profondo, tanto che nelle divinità fluviali possiamo riconoscere alcuni dei personaggi che hanno ispirato il pittore francese Édouard Manet per la sua Colazione sull’erba. Infine, è possibile rendere note altre celebri collaborazioni che, all’interno del racconto storico artistico, furono allacciate tra incisori e artisti.
Mantegna, Baccanale con un tino, 1475-80. Incisione a bulino e puntasecca su carta.
Altre celebri collaborazioni
Andrea Mantegna, non solo pittore, ma anche miniaturista e incisore italiano, è noto per le sue stampe ricche di impeto scenografico, reso da una prospettiva e da un plasticismo estremamente accurati, che contraddistinguono Baccanale con un tino. Il bulino e puntasecca in questione raffigura una serie di personaggi, come satiri, cherubini e uomini, che, all'ombra di una vite, prendono parte, appunto, a un baccanale. Nella frenetica scena, Mantegna descrisse momenti di abbandono felice ai vizi, presentando efficacemente un mondo dominato dagli istinti più bassi. In tutto ciò l’artista riformulò il modello classico, aggiornandolo secondo la sua sensibilità, oltre che il suo stile, pronto a stagliarsi su di uno sfondo scuro, inteso per evidenziare le figure chiare come rilievi scultorei. L'opera, pur essendo una delle più note tra le circa dieci incisioni attribuite a Mantegna, è di difficile datazione, in quanto potrebbe essere stata tratta da un dipinto o un affresco andati perduti. Inoltre, non sappiamo perchè Mantegna creò queste stampe, ma siamo certi che un abile riproduttore di quest’ultime fu Zoan Andrea, incisore italiano vissuto tra il XV secolo e il XVI secolo. Per quanto riguarda invece il pittore Giorgione, dal suo lavoro trasse particolare ispirazione il suo seguace e incisore Giulio Campagnola, la cui vicinanza di intenti si intuisce anche dall’affine trattazione di temi astrologici, che accomunano, sia il Fregio delle arti liberali e meccaniche (Giorgione), che l’Astrologo (Campagnola). Concludiamo la sezione non esaustiva dei “sodalizi” artistici parlando, invece, di Agostino Carracci, Veronese e Tintoretto. Di fatto il primo, pittore e incisore italiano, giunse a Venezia tra il 1587 e il 1589, luogo in cui divenne in un certo senso l’incisore ufficiale di Veronese, oltre che il celebre interprete grafico di una delle opere più note di Tintoretto: La Crocifissione (1565). La narrazione si conclude quindi dov’è iniziata: A Venezia!