Art De Noé, Tribute Basquiat, 2019. Acrilico su tela, 70 x 70 cm.
“Hollywood Africans”
“Non penso all'arte mentre lavoro. Cerco di pensare alla vita.”
Le parole di Basquiat riassumo alla perfezione il punto di vista assunto dalla sua indagine artistica, che, ricca di molteplici simboli e significati, spesso a prima vista nascosti da stilemi “crudi” e poco “focalizzati”, ha perseguito la finalità di offrire allo spettatore un “oggettivo”, e talvolta “drammatico”, spaccato della società in cui il writer e pittore americano ha vissuto ed esercitato, sintetizzabile, in parte, dalla ricchezza dei contenuti raccolti nel dipinto del 1983, intitolato Hollywood Africans. Infatti, quest’ultimo capolavoro, facente parte della collezione permanente del Whitney Museum of American Art di New York, rappresenta una coraggiosa e sincera denuncia delle modalità di rappresentazione degli afroamericani nell’industria dello spettacolo del tempo, messa in evidenza, in primis, dallo stesso titolo del dipinto, che, in modo sintetico e diretto, accosta i due principali termini di “paragone” e di “scontro”. All’interno della tela, invece, la suddetta storia è narrata facendo riferimento ad un episodio dello stesso anno, che vide l’artista, già famoso a New York e non solo, protagonista di un viaggio verso Los Angeles, durante il quale, accompagnato del musicista rap Rammmellzee e il graffitista Toxic, face tappa ad Hollywood, dove i tre amici, oltre che ammirare le impronte delle star del cinema, si fecero fotografare in una cabina fotografica. Proprio quest’ultima immagine è stata riprodotta, come una sorta di “sintetica trinità”, in Hollywood Africans, dove i suddetti volti trovano collocazione all’interno di uno sfondo giallo, che, ricco di scritte e disegni ad alto tasso simbolico ed allusivo, ricorda un po' i muri delle nostre strade di periferia. A differenza però della realtà urbana, in cui i molteplici graffiti rimandano a diversi messaggi, il capolavoro di Basquiat fa riferimento ad una sola tematica sociale, avente la finalità di denunciare come l’élite bianca del mondo del cinema dell’epoca avesse clamorosamente stereotipato gli attori neri. Infatti, le annotazioni "TOBACCO", "SUGAR CANE", "GANGSTERISMO" indicano l’imperante “ghettizazione” del popolo afroamericano in specifici ruoli all’interno del mondo dell’intrattenimento degli anni ottanta, ai quali l’artista vuole idealmente ribellarsi riportando anche la data del 1940, che, scritta nella parte superiore del dipinto, si riferisce, probabilmente, all'anno in cui l'attrice Hattie McDaniel divenne la prima afroamericana a vincere un Oscar, per aver interpretato la caricatura razziale di "Mammy" in Via col vento (1939). Infine, la storia dell’amaro pregiudizio narrato dal capolavoro, continua attraverso la presenza di allusive scritte cancellate, che sono state volutamente “rimosse” dall’artista, al fine di renderle ancora più visibili, in quanto è noto come la nostra attenzione si soffermi maggiormente su ciò che è meno facile da leggere, da raggiungere o da interpretare.
Serge Berezjak, The bird, 2022. Acrilico su tela, 110 x 85 cm.
Pol Attard, Colère noire, 2018. Acrilico / pennarello / pastello su tela, 100 x 100 cm.
Il simbolismo di Basquiat
Il simbolismo di Basquiat non si esaurisce però nel suddetto racconto, in quanto ci sono ulteriori, significative e ricorrenti immagini nel suo operato, che, divenute segno distintivo della sua personale ricerca sulla realtà, sono ben esemplificabili nella frequente raffigurazione di corpi umani, di corone, di pugili e di teste (o teschi). Per quanto riguarda la prima tipologia di rappresentazione simbolica, è bene mettere in luce come l’interesse per l’anatomia di Basquiat sia di derivazione leonardesca, nonostante i suoi corpi vogliano paradossalmente criticare l’eccessiva presenza della figura umana all’interno della storia dell’arte. A proposito della corona a tre punte, invece, questo motivo iconico ed estremamente ricorrente nell’operato dell’artista americano, allude, molto probabilmente, alla fama, alla ricchezza, al potere e alla regalità. Quando quest’ultimo ornamento poggia sul capo di alcuni personaggi, invece, esso vuole indicare la propensione dell’artista a riconoscere tali figure in qualità di autorità, ovvero di modelli alternativi, in netto contrasto con quelli più canonici imposti dalla società. Infine, quando la corona trova collocazione sul capo del pittore stesso, egli vuole riferirsi alla sua ambizione, determinazione e perseverazione, qualità aventi il fine di condurlo al raggiungimento della notorietà e del rispetto da parte della società artistica. Con riguardo ai pugili, queste figure raccontano il fascino esercitato dagli atleti afroamericani su Basquiat, amore che viene esplicitato attraverso la creazione di figure prominenti e muscolose, realizzate mediante celebrative linee marcate e colori espressivi. Infine, le teste dipinte dal pittore risultano essere altamente rappresentative dell’identità, e in particolare delle origini, dell’artista stesso, in quanto evocative di quelle maschere africane, che, precedentemente feticizzate da maestri come Picasso, tornano a rappresentare un più genuino recupero culturale.
Patrick Santus, Pense bête, 2007. Acrilico / matite colorate / gesso / matita / inchiostro / carbone / gouache / pennarello / pastello / biro / penna gel su tela di lino, 150 x 150 cm.
Pol Attard, Captif, 2020. Acrilco, spray, pennarello, collages su tela, 100 x 100 cm.
L’impatto di Basquiat nel mondo dell’arte
A proposito del rapporto tra Basquiat e l’arte dei suoi tempi, è noto come il maestro americano, tra i più importanti esponenti del graffitismo, associato anche al neoespressionismo, arrivò rapidamente al successo, diventando protagonista della vivace scena artistica di New York, dove, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta, riuscì a “trasferire” i graffiti dai contesti urbani più disparati alle sale dei musei. La rilevanza dell’estro creativo del suddetto pittore continua a farsi sentire all’interno dell’arte contemporanea, esprimendosi attraverso l’operato di artisti, che, animati da un medesimo impulso di denuncia, desiderano fortemente dar voce ai drammi irrisolti del razzismo e dell’emarginazione. Infatti, possiamo portare ad esempio l’operato del noto Bansky, che, nel 2017, sui muri adiacenti il Barbican centre di Londra, ha realizzato Boy and Dog, un graffito contro il razzismo ispirato a Boy and Dog in a Johnnypump (1982) di Basquiat. Infine, è bene evidenziare come riferimenti all’indagine artistica di quest’ultimo maestro continuano nella produzione di altri artisti contemporanei, quali, ad esempio, Aboudia e Huma Bhabha, nonché nell’operato dei pittori di Artmajeur, come dimostrano i lavori di T. Angot, Spaco e Stan.
T. Angot, Human evolution, 2022. Acrilico / spray su tela, 81 x 65 cm.
T. Angot: Human evolution
Proprio come dichiarato dall’artista stesso, la produzione di Angot risulta essere indelebilmente segnata dall’influenza esercitata da tre artisti iconici, ovvero Picasso, Basquiat e Miro. A proposito di Human evolution, questo acrilico su tela rivela le modalità interpretative dell’esempio tratto dalla lezione di Basquiat, palesatosi con evidenza nelle scritte, nella corona e nell’uomo “stilizzato”, che trovano collocazione, in modo prevalente, nella parte destra dell’opera. Con riguardo a quest’ultima figura, essa pare rappresentare un’originale ed attuale remake del personaggio incoronato di Grillo, ovvero uno dei due protagonisti del dipinto del 1984 di Basquiat. Tali figure, disposte nel primo e terzo pannello dell'opera, si impongono con forza nella visione dello spettatore, decretandosi idealmente come protagoniste emotivi della narrazione. In realtà però Grillo rifiuta un’interpretazione coesa, poiché lo spettatore, al fine di comprendere il significato del dipinto, deve necessariamente muoversi intorno all’opera, venendo a conoscenza di tutte le sue parti, anche quelle più astratte. Allo stesso modo, l’occhio dell’osservatore di Human evolution deve prendere visione, sia della parte più realista, che di quella più “stilizzata” dell’opera, accorpandole in un unico intento: diffondere la varietà della sperimentazione artistica, frutto della stessa evoluzione umana.
Spaco, Spaco 110M Basquiat, 2022. Collages / acrilico su tela, 30 x 30 cm.
Spaco: Spaco 110M Basquiat
L’opera di Spaco rappresenta un originale rifacimento di Untitled, dipinto di Basquiat del 1982, che, in questa versione del 2022, si arricchisce di un’inedita “cornice” di scritte e di corone, volte a celebrare, e a riassumere, gli stilemi più popolari del maestro americano. Tornando ad Untitled, il capolavoro, venduto nel maggio 2017 da Sotheby's per 110,5 milioni di dollari all’uomo d'affari e collezionista d'arte giapponese Yusaku Maezawa, rappresenta una delle numerose e potenti immagini di teschi giganti realizzate del maestro americano, che, aventi le peculiarità di icone ripetibili come loghi, sono divenute uno dei simboli artistici di Basquiat per eccellenza. In aggiunta, l’impatto e la replicabilità di tale sorta di memento mori, pare quasi voler rendere nota la forza con cui, all’epoca dell'artista, i graffiti, prima destinati solo ai muri deturpati della metropolitana o alle cabine dei bagni, si imposero nel mondo dell’arte.
Stan, Basquiat by Stan, 2021. Acrilico / pennarello su tela, 100 x 100 cm.
Stan: Basquiat by Stan
Il dipinto di Stan è comprensivo, proprio come le opere di Basquiat, di molteplici messaggi, immagini e, di conseguenza, simboli e allusioni. Infatti, si dispongono sulla tela: il ritratto di Basquiat, probabilmente l’anno di nascita di Basquiat (1960), alcune corone, la tag SAMO, delle scritte, delle scritte cancellate, le mani di topolino e il Radiant Baby di Keith Haring. A proposito della scritta SAMO, questa sigla delle parole “Same Old Shit” (La Stessa Vecchia Merda) fu lo pseudonimo con cui Basquiat e il writer Al Diaz taggarono a New York dal 1978 al 1980. Infatti, proprio alle fine degli anni Settanta tale tag cominciò a diffondersi per Soho e Tribeca, dove, arricchendosi del simbolo del copyright, divenne famosa anche per essere accompagnata da frasi ad effetto, che, apparentemente senza senso, rappresentavano un modo per prendere in giro le false credenze alimentate dalla società. Nonostante la popolarità, questa coppia di writer, che vantava tra gli estimatori anche Keith Haring, si separò nel 1980, ovvero quando Diaz esplicitò di voler concedere interviste con la stampa solo in forma anonima, mentre Basquiat avrebbe preferito rivelare l’identità del duo. Di conseguenza, a partire da qual momento, la tag venne utilizzata ancora per poco soltanto da Basquiat, che, anziché le solite frasi filosofiche, scriveva solamente: "SAMO is dead".