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Gabriele Magrì

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Gabriele e Vittorio Magrì, i "gemelli" di Dario Argento

Quella di Gabriele e Vittorio Magrì è una passione iniziata tra i banchi di scuola. Sin da piccoli si divertivano a costruire mostri con il pongo o con altri materiali scovati in casa. Poi il gioco si trasformò in vera e propria scelta di vita, quando alla fine della terza media decisero di frequentare una scuola di effetti speciali. “Ma in Italia non esisteva nulla del genere – ricorda Gabriele – e così cercammo sull’elenco telefonico il numero di Sergio Stivaletti, che conoscevamo di fama attraverso le riviste”. Riusciti a contattarlo, gli chiesero di poter lavorare con lui, ma il primo suggerimento fu quello di frequentare almeno un liceo artistico o un istituto d’arte per ricevere un’infarinatura nel campo del disegno e della scultura. Seguirono il consiglio e, una volta conseguito il diploma, tornarono a interpellare Stivaletti, con cui nel frattempo avevano mantenuto un rapporto epistolare con le registrazioni video dei loro lavori. Dal 1998 al 2001 collaborano con lui per una lunga serie di film e di trasmissioni televisive: da “Il fantasma dell’Opera” di Dario Argento a “Il grande Bluff” condotto da Luca Barbareschi, da “Scarlet Diva” di Asia Argento a “Pinocchio” di Roberto Benigni, da “Non ho sonno” di Dario Argento all’edizione 2002 di “Scherzi a parte”. Per non parlare delle molteplici collaborazioni con gli spot pubblicitari di Wind, Telecom, Opel Astra, Pickwick, Conto Arancio e Bulgari.

Poi che cosa è successo?
Abbiamo sentito il desiderio, oltre alla necessità, di metterci in proprio. In Italia si investe pochissimo in effetti speciali, malgrado il pubblico dimostri un forte interesse per i film che ne sono conditi. Su queste basi sono nati “Stranieri” e “Bianco Scarlatto”, il primo una storia di fanta-attualità che unisce argomenti fantascientifici a temi sociali, il secondo – con Franco Nero – la leggenda di un fantasma che si intreccia con l’esistenza di due ragazzi.

Come riuscite a esprimere gli stati d’animo e le emozioni di un personaggio di fantasia?
Studiamo la sceneggiatura, per comprendere il carattere che dovrà assumere nelle varie fasi della storia. In questo modo prevediamo i movimenti delle sopracciglia e della bocca, essenziali per conferire un’espressione, sin dal momento in cui modelliamo la creta e successivamente quando posizioniamo gli ingranaggi. La bravura sta poi nelle persone che animano i personaggi: a volte per uno solo sono necessari più marionettisti, uno che si occupa solo degli occhi, uno della bocca, uno del naso. E’ la loro capacità di coordinarsi che permette di ottenere un movimento quanto più naturale possibile.

E nel caso del make up?
Si parte dal volto e dalla testa dell’attore, di cui si prende un calco con l’alginato dentale. Si crea poi un modello in gesso e su questo si vanno a plasmare i vari lineamenti da deformare (naso più lungo, orecchie più grosse). Le modifiche vengono trasformate in protesi di gomma, che successivamente vengono applicate direttamente sul volto dell’attore, mimetizzandole con il trucco.

Il lavoro che avete amato di più?
Diciamo che truccare Robert Englund per “Il ritorno di Cagliostro” (2003) di Ciprì e Maresco è stata una grandissima emozione per noi, che lo ammiravano sin dai tempi della sua interpretazione di Freddy Krueger in “Nightmare”. In generale, il nostro sogno si realizza ogni volta che vediamo le persone in sala applaudire o spaventarsi tutte insieme.

Nel vostro futuro?
C’è tranquillamente un film fantasy per il quale stiamo cercando una produzione cinematografica. Parla della ricerca della felicità, della legge di attrazione fra i pensieri e la materia e della differenza tra vivere e sopravvivere. Più che gli effetti speciali, attualmente, stiamo portando avanti la nostra passione per la regia e speriamo di realizzare presto il nostro sogno.
Paola Rinaldi

ArtMajeur

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