CentroAntama Immagine del profilo

CentroAntama

Ritorna alla lista Aggiunto il 19 gen 2007

parole di carta

p.zza del Municipio

venerdì 19 gennaio 2007
martedì 13 febbraio 2007



Comune di Sternatia Associazione Antàma

15 dicembre 2006 - 18 maggio 2007

Parole di carta. Sentieri di lettura.

Ex convento dei Domenicani
Piazza del Municipio
Sternatia (Lecce)

Venerdì 19 gennaio 2007 Ore 18,00- Proiezione documentario di Elio Scarciglia: “Sembra quasi che il sole tramonti”- Musica originale a cura di Andrea Senatore

ore 18,45 – Presentazione del libro: “Onde di follia” di Maria Pia Romano (Besa Ed.) a cura di Ambra Biscuso

In Mostra: Michele Marti, Maria Lucia Mastrolia, Manuela Reale, Valentina Villani


Direzione artistica e organizzazione
Ambra Biscuso

Parole di carta 19 gennaio 2007

Il tema di questa sera è la follia, follia intesa come distruzione, follia intesa “come calarsi in un pozzo profondo avere Sotto acque oscure e Sopra un buco luminoso e il passaggio alla felicità, alla luce, alla natura, alla vita”, follia intesa come annientamento per non cedere al banale. Follia come rinascita.

Nei giovani artisti che abbiamo in mostra questa sera troviamo, invece, la negazione della follia, loro combattono il disagio, il malessere dell’anima, sono la negazione della follia, la negazione del malessere che diventa il male che avvelena il corpo, la mente, lo spirito. Non scavano nella sofferenza, nel disagio la ragione del loro fare arte.



La Reale ricerca l’infinito e lo materializza nel gioco di luce e ombra, il disagio, In Inquieta presenza assenza, rappresentato dalla lumaca, è nella zona in ombra, i muri non sono negazione allo sguardo dell’altro ma difesa. Protezione, dunque, non negazione, anche perché la luce, ottenuta attraverso la velatura, accarezza la campitura dei quadri. La spinta è verso l’alto, lo notiamo nell’immagine dell’aquila, reale appunto, che esce dal pozzo in cui è precipitata, è sempre l’aquila che sorvola il paesaggio, dell’anima, dove la luce bianca si mischia sfacciata alla terra nera ma viva. E sempre l’aquila che trova riparo in una caverna e non è verso il fondo che guarda, non è all’illusione che lei volge lo sguardo, non accoglie il mito della caverna, di Platoniana memoria, come molte sue coetanee fanno dove la realtà è falsificata e proposta sotto forma di miti patinati, no, lei guarda verso la realtà, realtà è la natura che ha di fronte a portata di becco. Se osservate attentamente vedrete che le aquile della Reale non hanno artigli, non sono predatrici, hanno la maestosità dell’aquila, la sua vista, così attenta alle cose importanti della vita, loro, le aquile, planano sulla realtà, la sorvolano, sono in stretto contatto con la natura ed è nella natura che trovano il loro habitat, la natura è la loro essenza.

Anche nella Mastrolia il legame con la natura è forte, il cerchio, che indica la ciclicità della natura, il materiale non a caso è pietra e non a caso è colorata di un verde intenso e non a caso ha rotto la monocromia del Pendente con pochi tocchi di rosso quasi a voler segnare il passaggio dall’età della pietra alla scoperta del fuoco. È un grido alla vita, è manifestare le necessità della Terra, è un allarme contro le ferite che infliggiamo al nostro pianeta. Qui non è presente, per ragioni di spazio, un’altra opera di Maria Lucia, Collier, che trovo sia complementare ed esaustiva del suo percorso di ricerca ed espressione artistica, è una falce che lascia le tracce sulla terra, è l’aratura dell’essere, è la preparazione alla semina. Passa dalla forma circolare alla spirale aperta, modellando la materia con grande maestria.
È forte il legame con la terra in questi artisti, è chiara la loro identità, non sono confusi, sanno chi sono e dove affondano le loro radici non hanno catene che li inchiodano al passato le catene ci sono ma sono slegate o aperte come a voler mettere in chiaro che non c’è schiavitù in loro ma appartenenza. Le due catene, o collane, della Mastrolia hanno forme diverse: una di forma ellittica l’altra triangolare, una chiusa l’altra aperta, non rotta, non c’è frattura tra quel che si era e ciò che si è, la storia di un popolo, il griko, la loro identità è viva e vitale la loro appartenenza è radicata al luogo. Le catene conservano il ricordo della spirale conservando il senso del movimento, se in quella ellittica possiamo intuire il costante movimento degli elettroni, nella catena spezzata, la forma triangolare, mette l’attenzione sull’essere, o sul sé, e dal chiuso ci spinge nell’infinito. Appartenenza, dicevamo, e cosa appartiene di più ad un popolo se non la danza? La danza, considerata dai padri greci la più alta forma di arte Maria Lucia l’ha “narrata” con libertà e leggerezza, i nostri occhi nel guardare la sua opera danzano con lei, la movenza è espressa in modo ineccepibile.

La follia, o il malessere, si combatte con il ferro e ci si libera dalle catene reali o fittizie cui la contemporaneità ci lega trovando nella ciclicità della natura e nel tempo la pienezza dell’essere trovando così in noi l’infinito.
In un mondo dove si globalizza anche il pensare l’arte per questi giovani artisti l’arte è una ragione sociale e spirituale, permette di trovarsi, e trovare una ragione per sfuggire ai parassiti che cercano i saltarci addosso e nutrirsi di noi.

La ricerca di trascendenza di Michele Marti trova il suo Amuleto, il suo segno, nella natura rivelata e si rigenera nel salmo al Perfettissimo.
L’uso dei materiali poveri, in modo quasi ossessivo del legno, riproducono la passione di Cristo: è una Via Crucis verso la salvezza del genere umano. La storia è scritta su carta ed è scandita dal tempo, i rami, la parola di Dio è l’onda su cui cullarci.
Le opere di Michele hanno ancora l’impronta del suo maestro, Salvatore Sava, ma mi riportano anche al grande Leandro che diceva: Arte amore e fantasia pazienza nel tracciare linee e punti senza pensare o riflettere la mano ferma non tremante guidata dal respiro naturale…….La mano quando traccia non deve essere guidata ma libera come il pianto di un fanciullo…arte pazienza volontà purezza fantasia giustizia e amore questa è la felicità.
“Codificazione dell’uomo” è la ricostruzione della storia, ferma il momento in cui l’uomo sta per scagliare quella freccia che lo porterà nel futuro, fissa l’istante, come a fermarne la gravità, è il momento in cui tutto sta per cambiare, una volta che l’atto si sarà compiuto e prima freccia sarà scagliata non c’è possibilità di ritorno, mi riporta alla mente il monolite di “Odissea nello spazio” del grande Kubrick. Michele racconta l’inizio e il libero arbitrio.

Valentina Villani è, forse, la più spigolosa: la linea verticale dà la spinta verso l’alto ma tende a tagliare in due la figura come a voler determinare l’orizzonte possibile o il passaggio da uno stato ad un altro, tra il passato ed il presente. Predilige la figura femminile, simbolo di sensualità fa in modo che sia la linea a creare e determina la forma, una linea morbida che si interrompe di colpo, ma nel riprendere rimane sinuosa, la luce non defluisce, non avvantaggia l’equilibrio lascia la figura sospesa., l’equilibrio sembra dettato dall’interiorità. Passa dalla formalità della forma al concetto di forma (Figura femminile, Figura astratta), è qui che maschile e femminile si fondono. La riconoscibilità di Valentina è nella linea esterna, nella ripetitività del movimento. In Ricordo il fuoco fatuo della memoria brucia, lo sguardo è profondo, intimo, interno e inconfessato, il ricordo si ascolta con un solo orecchio, il sinistro, come a voler sottolineare che è il cuore che vuole ascoltare.
In passioni svelate si alterna il vuoto e il pieno, tutto è diviso a metà l’equilibrio tra essere e essenza è assoluto, l’essere umano ha ali per volare, è libero di consumare il suo tempo, il tempo è il diagramma vuoto nella parte inferiore dell’opera e segna il ciclo che man mano si compie. È un escalection di compiuto e incompiuto. La ricerca dell’Io si svela in un susseguirsi di pieno e vuoto, di luce e ombra, di finito e infinito.





DanzandoMastroliaMariaLucia.jpg

Artmajeur

Ricevi la nostra newsletter per appassionati d'arte e collezionisti