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Domenico Asmone

Ritorna alla lista Aggiunto il 24 ago 2007

Istinto e vocazione, di Siliano Simoncini

Istinto e vocazione
Domenico Asmone appartiene a quella schiera di artisti che sono riusciti a coltivare
l'istinto creativo per l'arte senza alcun sostegno didattico e, tantomeno, senza una
guida, un “Maestro”, che potesse avviarli all'apprendimento degli strumenti della
grammatica visiva, dell'uso del colore o, comunque indirizzarli sul versante di un
consolidato orientamento di poetica. Tutti elementi che, in pittura, stanno alla base
della composizione e, in particolare, delle scelte di campo utili per indirizzare il
proprio interesse verso correnti o stili più consoni alla vocazione personale. Ma come
la storia insegna, l'autodidattismo però non è stato un condizionamento per chi si
accingesse a intraprendere la strada dell'arte, anzi, in molti casi, la “genuinità”
espressiva di questi indipendenti ha fatto sì che il risultato del loro lavoro fosse una
vera sorpresa per gli addetti ai lavori.
Ebbene, anche Asmone ha percorso questo tragitto impegnandosi a fondo e
riuscendo a migliorarsi nel tempo perché la sua natura umile gli ha consentito di
risalire il versante della qualità ogni qualvolta una defaillance espressiva lo metteva
in crisi. E' vero che questo può capitare anche agli artisti di “mestiere” e pure a quelli
riconosciuti ufficialmente dalla critica del settore, però, quando ciò capita a un
pittore che non vive tout-court il “sistema dell'arte” le pause, lo scontento, il giudizio
autocritico impietoso, possono essere fatali se proseguire o no su quel cammino.
Domenico Asmone, come dicevo, ha un temperamento umile, mite, e riflessivo; sa
“stare dalla sua parte” senza arroccarsi in scelte capziose e quando i risultati sono
insoddisfacenti, si rimette all'opera con intensità risolvendo le “smagliature”
presenti nel lavoro, e passa alla fase successiva portandosi dietro il meglio di quella
precedente e trovando le soluzioni necessarie per dare sviluppo alle idee e
all'espressività del linguaggio che in quel momento lo appassionano.
Grazie a questo l'opera di Domenico Asmone, dopo un tirocinio spontaneo che
l'ha visto impegnato nel figurativismo della pittura di paesaggio, tipica della
tradizione artistica pistoiese (vedi Alfiero Cappellini, Pietro Bugiani, Renzo
Agostini, Corrado Zanzotto, Umberto Mariotti, Lando Landini) a partire dal 2000
l'opzione per una pittura basata essenzialmente sulla sintesi formale, sugli effetti
materici, sull'uso del colore saturo, sulla tecnica del pigmento steso con la spatola,
ha consentito all'artista di “trovare la sua strada”, e anche quando, cambiando
tecnica - i quadri realizzati a collage, in prevalenza nel 2008/2009 - il risultato è
sempre stato coerente. Ugualmente è accaduto nel momento in cui Asmone, lasciando
l'esperienza dei collages - dal 2009 a oggi - ha ripreso a dipingere “figurativamente”
ritratti, recuperando con sapienza e maestria i contenuti di una pittura “concreta”,
quasi fisica (lo spessore del colore sulla tela) e così facendo si è mantenuto in linea
con le premesse della sua poetica definitasi, appunto, con gli anni 2000.
Come sappiamo gli anni '80, grazie all'avvento della cultura postmoderna (nel
bene e nel male ovviamente), hanno consentito agli artisti di “vivere” con meno
sudditanza il dogmatismo delle correnti e dei movimenti. Così, se abbiamo assistito a
un proliferare di tendenze a volte esasperante, d'altro canto la decisa evoluzione dei
linguaggi pittorici è stata la molla che ha consentito agli artisti di “rigenerare”
l'immaginario visivo e pittorico dell'arte. Come? Proponendo, innervandoli di nuova
linfa, i contenuti di quella tradizione che era stata del tutto accantonata nel periodo
del concettualismo.
Domenico Asmone si può dire che sia “figlio” del periodo successivo a quello
della transavanguardia e le sue scelte di campo si sono orientate verso la pittura
informale/materica della tradizione italiana (si pensi a Morlotti) e di quella locale (le
prime esperienze informali - fine anni '50 primi anni '60 - di Gianni Ruffi e Roberto
Barni, insieme a Umberto Buscioni componenti del gruppo denominato dal noto
critico Cesare Vivaldi: “Scuola di Pistoia”). Stile, quello informale/materico,
interpretato da parte di Domenico in funzione di un cromatismo “esplosivo” e sulle
risultanze degli effetti luministici. Dunque, energia di massa ed energia fotonica, in
sintonia per la resa di uno spazio “pulsante” concepito dall'artista come
“frammento/frequenza” della totalità.
Evitando il pedissequo esercizio di stile, Asmone il suo apporto personale lo
propone realizzando quadri come segnali, come impressioni immediate della cultura
storico-artistica presente nella memoria collettiva di chiunque sia interessato al
fenomeno arte. Il coinvolgimento sensoriale, in chi osservi una sua opera, è totale:
visibilità rapita “aggressivamente”; tatto empateticamente sedotto, udito sollecitato
dalla sonorità cromatica e dalla gestualità segnica; olfatto induttivamente coinvolto
per il “profumo” di colori estivi e squillanti; gusto indotto a registrare, per accordo,
la “fragranza” della materia corposa presente nei dipinti.
Per questo l'opera di Domenico Asmone, almeno nei confronti della cultura
artistica pistoiese, segna un punto importante e interagendo con i frutti dell'eredità
locale, ne prosegue la peculiarità e, al contempo, ne rigenera linguaggio e contenuti.
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Siliano Simoncini
luglio 2012

Artmajeur

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